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 < Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali? di  Franco Brevini (RaffaelloCortina)

Qui di seguito le recensioni di AbbiamoAncoraBisognoDegliIntellettuali raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Non sono abituata a leggere saggi, quindi inizialmente ho avuto un po’ di difficoltà. Tuttavia mi ha aperto tantissime finestre su argomenti e nozioni di cui non avevo alcuna conoscenza: dal punto di vista contenutistico l’ho trovato molto stimolante. Inoltre, i riferimenti sono ben chiariti e i ragionamenti presentati sono lineari.

Camilla Ostuni

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La domanda posta dal titolo è sicuramente interessante: l’autore esamina le cause che hanno determinato il ridimensionamento del ruolo storico dei "migliori" a vantaggio dei "più numerosi" , la loro progressiva perdita di influenza sul formarsi di una coscienza e di un sapere collettivo e prende in esame i cambiamenti storico-sociali che ne sono all’origine: l’affermazione dell’individualismo come risposta alla crisi del ’900, la delegittimazione del sapere quale parametro distintivo, l’obbiettivo dell’egualitarismo, che ha travalicato i corretti termini concettuali e ha coinvolto surrettiziamente il mondo della conoscenza, finendo per produrre un impoverimento e un appiattimento della formazione scolastica, il trionfo del neoliberismo e del consumismo, il passaggio dalla politica alla tecnocrazia, l’imporsi delle nuove tecnologie che promettono e illudono che il sapere sia a portata di clic, immediato e accessibile a tutti.
Queste e altre le tematiche in campo che hanno funzionato da contro-spinte sul prestigio dell’intellettuale nella società, tutte certamente significative e determinanti, troppe però per una trattazione unica di media lunghezza. Ne risulta una struttura forzatamente composita, in cui l’autore, spaziando su un’ ampia moltitudine di argomenti, finisce per offrircene una lettura talora sommaria e sbrigativa e, in sostanza, per non dirci nulla che già non sapessimo. Meglio allora, forse, ricorrere alla vasta bibliografia specifica a cui il
libro fa costantemente riferimento e a cui sembra attingere in modo un po’ riassuntivo.

Elisabetta Bellan

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In questo saggio si parla in maniera chiara ed esaustiva della crisi dell’autorità culturale, del predominio della quantità rispetto alla qualità e della "supremazia" dell’individualismo, argomentando l’analisi con riferimenti storici e concreti esempi tratti dalle cronache quotidiane. L’argomento, di grande attualità, viene sviscerato in otto capitoli, fino a suggerire alcuni accorgimenti per rilanciare il ruolo della cultura

Maria Cristina Benassi

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È un libro indubbiamente interessante, ma è un libro per intellettuali. Ci sono molti riferimenti a tante situazioni e a tanti autori, che chi non ha una preparazione sociologica e di conoscenza della rete, non riesce a seguire il discorso. Diciamo che è un intellettuale che parla in modo intellettuale, ma così, se vuoi fare divulgazione non si arriva a niente.

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Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali? Tema sempre molto attuale... proprio per questo era difficile affrontarlo in maniera originale. Nonostante questo, l’autore ci è riuscito! Prospettiva interessante che stimola molte riflessioni.

Chiara Sardo

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Motivato dall’esigenza di focalizzare la nostra attenzione sull’imperante diffusione della superficialità e dell’ignoranza nel presente sociale e politico, Brevini compone un saggio ricco di spunti di riflessione sull’origine storica del fenomeno. Nella prima parte viene ripercorso il passaggio dal primato delle élite, alla società di massa, fino all’individualismo consumistico e la conseguente crisi di ogni autorità sociale degli intellettuali come “dispensatori e mediatori del sapere”(p.127). Fenomeno che trova un mezzo di rapida diffusione con l’avvento dell’era digitale e, soprattutto del mondo social in internet, con il dirompente dilagare delle fake news.
I capitoli dedicati alla scuola ripropongono la polemica, già avviata da Galli Della Loggia, sull’egualitarismo e l’inclusione imperanti a scapito dei principi di autorità e selezione. Tesi discutibile, se si limita alla nostalgica riproposizione del modello pre ‘68, che tuttavia ha il merito di centrare l’attenzione sulla scuola, sulla perdita di prestigio sociale dei docenti e sulle problematiche della scuola di massa unica vera diga all’onda lunga della superficialità dell’individualismo.
Intrecciando i più diversi registri, dalla filosofia, alla poesia e all’arte pittorica fino alla narrativa e al cinema, Brevini offre una interpretazione esauriente del fenomeno del populismo sempre più diffuso nei paesi dell’occidente democratico. Individuandone le cause, i rischi e i pericoli il saggio è anche un appello alle forze politiche responsabili affinché si introducano regole chiare nella gestione dello sterminato mondo della comunicazione e del controllo dei dati nel Web ora monopolio di poche industrie private dotate di enorme potere economico, sociale e politico.
Nelle conclusioni l’appello di allarga alle problematiche ambientali e soprattutto si connota di valenze etiche sia per la politica che per la scienza.
Brevini sollecita un riscatto della politica. Ma quali saranno i politici a cui assegnare questo compito se l’onda lunga del populismo ha incoronato in questo ruolo una maggioranza di scadenti e incompetenti individualisti?
Il saggio si conclude con un forte richiamo alla responsabilità etica di ciascuno di noi. Non ci resta che sperare che non rimanga inascoltato.

Giulio Pavanini

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Nel libro ho trovato analisi interessanti sui cambiamenti sociali del secolo scorso e dei primi anni dell’attuale. Pur perdendosi a volte in qualche deviazione di troppo su argomenti eccessivamente specifici, è una lettura interessante e scorrevole capace di illuminare le trasformazioni dei nostri anni.

Simona Baronchelli

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Approfondita (e inquietante) analisi del progressivo assoggettamento delle nostre vite ai nuovi poteri “fortissimi” delle Big Five di Internet. Facendoci credere di liberarci progressivamente, i padroni del Web ci hanno avvolti in una ragnatela inestricabile. Quindi, in realtà, ci sarebbe (eccome!) bisogno di intellettuali preparati, forse più che in passato, ma il destino dei “maestri” sembra tragicamente segnato. Imponente la mole di citazioni, in un libro che illumina.

Nadia Santi

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Molto ben argomentato , lucido nell’ analisi .
Organizzato per capitoli chiari ci accompagna in un excursus critico sulla decadenza degli intellettuali . Preferivo , pur arrivando a conclusioni diverse , la lettura di Benda . Già visto.

Alberto De Giorgi