< Il dio che non c’è di  Giancarlo Dotto (Gog)

Qui di seguito le recensioni di IlDioCheNonCE raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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libro scritto molto bene, abbastanza lungo, mi è molto piaciuto l’utilizzo da parte dell’autore della spiegazione delle tesi a volte usando similitudini più filosofiche che tecniche. una lettura molto impegnativa però scorrevole visto che usa spesso un linguaggio quasi più vicino ai romanzi che ai saggi

Valentina viola

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Freddo, diretto, cinico, forte, graffiante ed attraente. Sono tanti schiaffi in faccia che arrivano mentre leggi e ti chiedi se valga o meno la pena essere un mito. Perchè per esserlo significa tante cose. Significa per esempio morire o uscire di scena al momento giusto affinché valga la pena essere ricordato come si era nel momento dell’ascesa, prima di annientarsi nel ridicolo, avvolti e morti nella mitomania e fare così la fine della vecchia di Pirandello.
Mi ha fatto male ricordare il video di Maradona che balla gonfio grasso e ubriaco Bombon Asesino.
Giancarlo Dotto scrive "Non sarà per questo che io sarò meno Maradona e voi meno
miserabili” solo che vedere la distruzione, vedere che "essere Maradona è una gigantesca menzogna" annichilisce, perchè tutti noi abbiamo bisogno di miti.
"È solo questa la mia stancheza... Perchè ho bisogno di miti, io" diceva Carmelo Bene che definire mito sarebbe riduttivo.
Bisogna allora uscire di scena al momento giusto per rispettare la pantomima esistenziale del mito stesso
"Resta il fatto
che Marilyn è Marilyn perché la morte l’ha sottratta, giusto in tempo, alla decadenza."

Tanti miti, tante storie, Carmelo bene, Maradona, Virgina Wolf e Wallace passando per un racconto televisivo, parte che meno ho apprezzato perché di Chiambretti Sky e xfactor poco me me cale.
"Per una notte di vino Pagherò cento giorni d’aceto" canta Mannarino.
Cosa vale la pena?" Non si seppe mai, e ancora non si sa, se asino o assassino"
ma in fin dei conti
" Una volta che sei venuto al mondo, tranquillo, molla due bestemmie, fatti un pianto disperato e rilassati, il peggio è avvenuto"

Anna Di felice

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Un libro su miti e mitomania scritto da un mitomane (come lui stesso afferma). Ritmo sincopato, a tratti trascinante, a tratti complicato a seguire, anche perché pieno di riferimenti a tutti i campi dello scibile che alle volte suonano artificiosi. Difficile capire dove voglia arrivare, tanto da far sorgere il dubbio che non ci sia un punto a cui giungere. In fondo i mitomani si seguono senza se e senza ma.

Grazia Piccininno

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Eccessivamente farraginoso, direi quasi lezioso nelle sue divagazioni che, per riferimenti assai precisi a personaggi minori del passato ( vedi Buscaglione, che pure io AMO) risulta a mio avviso incomprensibile ad una persona con meno di 30 anni. Nemmeno la lettura è fluida per un lessico un pochino bitorzoluto.

ROBERTA MESSINA

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Non si capisce il senso di questo libro, se non nella necessità bulimica dell’autore di vomitare le sue esperienze in un testo confuso, caotico (ma senza toccare i vertici di un vero caos esistenziale profondo) e purtroppo superficiale. Se l’intento era quello dichiarato di trattare il tema della mitomania il risultato è men che modesto. Come le esperienze finali elencate.

Flavia Ponzi