< Il potere o la vita di  Nadia Fusini (IlMulino)

Qui di seguito le recensioni di IlPotereOLaVita raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Partendo dal fatto che non sono mai stata appassionata dalla lettura di saggi, ammetto di essere stata sorpresa dalla piacevole scoperta di questo in particolare. Riconosco nell’autrice la capacità metaforica di avermi presa per mano e condotta nella narrazione. ciò che più di tutto ho apprezzato è il passaggio dall’immagine alla narrazione; dalla visione al linguaggio e come le parole, siano talmente forti da poter creare una visione, un’immaginazione. Il passaggio dall’opera visiva alla lettura e la riflessione che l’autrice raccoglie nel suo racconto, mi ha fatto apprezzare del tutto il libro e lo consiglio a chiunque per una riflessione ed un approfondimento più ampio. Chiudo con una frase che mi è rimasta impressa: "non è forse il cuore al centro stesso della parola ricordo?"

Elisabetta Santarsiero

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Si può scrivere un libro utilizzando sfumature? "Il potere o la vita" di Nadia Fusini è la conferma che questo sia possibile. L’autrice prende per mano il lettore guidandolo attraverso un percorso fatto di piccoli dettagli che come briciole lo conducono alla scoperta de "Gli Ambasciatori" di Holbein.
Se a uno sguardo miope il quadro può risultare "normale" si rivelerà ad uno più attento privo di quella casualità apparenti che possono confondere rivelando, a chi è meritevole di scoprirlo, quanto possa essere effettivamente lunga la tana del bianconiglio.

Nadia Caruso

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La narrazione è avvincente e solo partendo da un quadro molto evocativa. Dal dettaglio la riflessione porta altrove e sorprende. Mi è molto piaciuto

daniela iori

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Una stesura razionale, un dipinto descritto con la prosa preziosa, letteraria, e al tempo stesso coinvolgente grazie all’adozione di una prima persona. Il potere o la vita è uno di quei saggi in cui il lettore non viene abbandonato alla lettura passiva di una minuziosa analisi.
Il Potere o la vita è una disamina sulla conflittualità tra i due concetti. Il potere messo sotto scacco dalla certezza della morte. Tutti gli esseri umani, nessuno escluso: nemmeno quelli che per alto lignaggio, importanti incarichi, vasta cultura o sincera fede – quali possono essere un letterario erede al trono di Danimarca, un sovrano come Enrico VIII o personaggi come Jean de Dinteville e Georges de Selve, ambasciatori alla sua corte – hanno l’illusione di dominare (anche solo con l’intelletto e la contemplazione, insomma ancora una volta con lo sguardo) l’inevitabilità della propria dipartita mortale.
“Esiste il tempo giusto per morire? Esiste l’ora giusta della morte? Il che equivale a domandarsi: si può morire? Posso morire? Ho potere sulla morte? O piuttosto, come Amleto dimostra, e i due ambasciatori testimoniano, fin nel più vivo di ogni riflessione umanistica, la nostra propria morte resta sempre nascosta. Invisibile. Inconcepibile. Intrattabile. Ne possiamo solo afferrare di sguincio l’ombra distorta. La nostra propria morte fa macchia. Acceca”
Nel bel mezzo del dipinto Gli ambasciatori (1533) di Hans Holbein il Giovane, il capolavoro esposto alla National Gallery di Londra c’è un teschio e l’autrice, in poco più di 150 pagine, conduce il lettore all’analisi del dipinto come fosse la guida di un museo, un approccio originale che sprona a porsi continue domande.
“la mia è un’interpretazione niente affatto storica, che potrei definire strutturale: si basa sulla percezione di una qual certa simmetria tra Holbein e Shakespeare, o più precisamente tra l’Amleto di Shakespeare e Gli ambasciatori di Holbein. Immagino Holbein dietro Shakespeare, leggo Shakespeare con Holbein. Si può fare? Serve? Sì, mi rispondo: se così facendo penetreremo più a fondo nella struttura nervosa delle due opere.”
Ne consiglio la lettura!

Anna Agata Mazzeo

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Interessante la lettura della pittura di HOLBEIN ed i paralleli con il pensiero di shakespeare nell’Otello.
un bel sistema per invitare ad andare a rivedere il quadro e più in generale un atteggiamento piu approfondito nel guardare la pittura.
La presenza della morte rammentata da Holbein a tutti e nelle più diverse situazioni è un promemoria che andrebbe rivolto a tanti contemporanei che si credono potenti,Putin in primis.
Libro letto più velocemente di quanto io stesso pensavo.

Gianluigi Ferrari

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Amo l’arte, la letteratura e la filosofia e questo prezioso libro sa trovare un collegamento inatteso tra un quadro non a tutti noto -Gli ambasciatori di Holbein-, l’Elogio della Follia di Erasmo e il famoso Amleto, intrecciando la lettura delle opere con profondità e scorrevolezza. L’autrice ci insegna a guardare oltre l’immagine perchè è nei dettagli che si nasconde il messaggio, l’immaginario procede per frammenti ed è con questi che gioca l’artista riconoscendo e dando voce al caos che lo abita. Un saggio non per tutti ma che apre lo sguardo

Cristina Borin

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Pragmatico, coinvolgente. In ogni pagina si ritrovano propri atteggiamenti, si riconoscono le modalità di relazione di colleghi , amici , familiari. Un vero manuale pratico, attento però non solo agli ingranaggi meccanici della comunicazione, ma al senso stesso di comunicare, cioè mettere in comune , nel suo senso profondo. Comunicare , in fondo , è l’essenza del nostro vivere sociale. E comunicare bene, o meglio, consapevolmente, è uno strumento impareggiabile.

Carlo ricci garotti

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E’ un’opera godibilissima, pur non conoscendo le opere di Holbein ed il contesto cronologico di appartenenza. La scrittrice stabilisce taluni interessanti contatti tra il dipinto Gli ambasciatori e Amleto, coinvolgendo il lettore nell’interpretazione di un enigma che si dipana davanti agli occhi di chi osserva il celebre quadro. Un’analisi appassionata, che non cede all’intellettualismo accademico perché tutti possano scrutare tra le misteriose e affascinanti pieghe dell’arte e della letteratura.

Elisa Rizzo

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Un saggio bellissimo da una esperta di letteratura inglese, una radiografia intelligente del quadro di Holbein che ci mostra segreti che non conoscevamo. Peccato mancassero le immagini

Maurizio Bertolini

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Al centro del libro c’è un quadro, “Gli ambasciatori” di Hans Holbein il giovane. È questo il punto di partenza dal quale l’autrice si interroga sulle dinamiche dello sguardo, il suo nutrirsi di immagini e di memoria, in un turbinio di domande che con intensità e originalità attraversano l’arte, la filosofia e la psicoanalisi.

Francesca Gambino

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Una disamina da parte dell’anglista Fusini su uno dei quadri più ambigui ed enigmatici della storia dell’arte. Cosa sta a significare quel "difetto, un errore, uno sgorbio" all’interno dell’opera di Holbein?
Non ho trovato una scrittura scorrevole o comunque accattivante, nonostante la storia e la storia dell’arte siano quasi magnetiche nei miei confronti

Aurelia Marra Campanale

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non è un libro che mi sia veramente piaciuto, ma almeno scorre, racconta. Linguaggio un pò antico

Maria Ornella mele

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Premetto che il confronto tra le 2 opere è quasi impossibile,ma, così vuole il caso, e ho scelto!
Per noi vacanzieri innamorati della Sardegna questo romanzo storico può essere un’occasione anche solo per comprendere la simbologia dei 4 Mori bendati sulla bandiera sarda. L’autrice, con una semplicità quasi naive, rielabora in chiave romanzesca la storia del giudicato di Arborea e della grande Eleonora, la Giudicessa, componendo così un romanzo storico semplice, godibile, anche se a volte edulcorato al limite del romanzo rosa.
Ogni capitolo è introdotto dalle coordinate spazio temporali: si va dal 1349 al 1403, dalla morte di Mariano d’Arborea alla riforma della giudicessa, donna di Legge, sotto il Giudicato del figlio Mariano V.
Ai fatti storici si uniscono amori, tradimenti, rimorsi e delusioni che dovrebbero umanizzare i personaggi ma a volte stravolgono la realtà storica.
Non un capolavoro dal punto di vista letterario, ma romanzo raccomandabile come lettura a una classe di Scuola secondaria di I grado che volesse conoscere la storia del Giudicato, della Carta de Logu che resterà in vigore dal 1392 al 1827, con leggi riguardanti una riforma agraria all’avanguardia, nonchè di tutela delle donne contro le violenze maschili.
L’autrice, sempre all’insegna della semplicità, dedica il suo romanzo ad una scrittice sarda, B.Pitzorno, che a sua volta ha scritto opere per ragazzi.

Luigina Falabretti

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piacevole

Maria Franchi

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Avvioncente sguardo su come guardare un quadro. La frase che mi ha colpito di più è la riflessione sul fatto che il quadro rivela il nostro vissuto ed è una proiezione del nostro conosciuto. Spaventa un poco segire tutte le implicazioni che vengono evidenziate nello scrutare a fondo l’opera in esame

Giorgio Podda

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Il libro di Nadia Fusini: Il potere o la vita, è quello che preferisco anche se – onestamente - la sua lettura non è proprio alla portata di chiunque, essa risulta difficile per chi non abbia almeno un po’ di padronanza multidisciplinare (letteratura, psicanalisi, arte, filosofia) di cui l’autrice è straordinariamente ben fornita, ma tuttavia essa ha il merito di usare un linguaggio on molto tecnico ed è facile addentrarsi nelle profondità delle sue riflessioni almeno a livello intuitivo. Dunque, una lettura difficile, ma tuttavia, una lettura interessante, intrigante, stimolante, profonda e talmente ampia da far venir voglia di leggere e rileggere il libro, di guardare il dipinto di Holbein e rileggere l’Amleto di Shakespeare, nonché le numerose opere citate nel libro. Nel frattempo mi affido a chi è più forgiato di me per una breve introduzione al tema di fondo del libro.
I due ambasciatori il quadro dipinto dal pittore di epoca Tudor, Hans Holbein il Giovane, nel 1533, ora esposto alla National Gallery a Londra, ritrae due personaggi, Jean de Dinteville e Georges de Selve, diplomatici alla corte di Enrico VIII. La scena dipinta è dominata dai due dignitari ben agghindati per esprimere il loro alto lignaggio, armati di uno sguardo “pensoso, diretto, estroflesso eppure così interiore”, sembrano voler significare la mera esibizione di sé stessi, ma nel quadro si annida un mistero che l’autore ha celato con la tecnica dell’anafora. Nei dettagli dell’arredamento si nasconde un teschio umano. Questo, insieme ad altri segnali dissonanti con l’armonia simbolicamente rappresentata dai tanti oggetti presenti nell’arredamento, “simboli laici delle arti e delle scienze” offrono l’occasione all’autrice per inoltrarsi nella profonda riflessione sul significato del dipinto che, nel suo “silenzioso colloquio tra immanente e trascendente”, nonostante la solenne rappresentazione del potere, ha invece un significato allegorico quando con il teschio, quale simbolo della vanità delle cose terrene, viene evidenziata una verità assoluta: tutti devono morire, ‘passa la scena del mondo’, per il nobile e per il mendicante, per il ricco e per il povero, ecc. ecc..
Grazie alle sue ampie conoscenze l’autrice si inoltra in un percorso interpretativo originale, e con metodo poco accademico e poco ortodosso, che lei stessa definisce strutturale, accosta l’Amleto con il dipinto, dato che entrambe queste opere trattano del rapporto degli esseri umani con la propria morte.
"Uguale è

Guglielmo Corna (pseudonimo di Geremia Capano.

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Un saggio che paragona un pittore a Shakespeare, forse in modo un po’ azzardato. Sarebbe stato utile avere la riproduzione dei dipinti menzionati all’inizio dell’opera, così da poter capire meglio tutti i parallelismi.

Chiara

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Secondo posto per me è Il potere o la vita, nonostante fosse più corto non mi è piaciuto abbastanza quanto il primo e non è stata una lettura scorrevole per me. 

Cira Cavallo