< Max Reinhardt di  Sara Bellavia (Carocci)

Qui di seguito le recensioni di MaxReinhardt raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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La biografia è scritta in mondo informale impostata con una grande intimità con il lettore. L’autrice si confessa nelle sue debolezze, nelle scelte che ha affrontato per realizzare il suo obiettivo. Il suo modo di scrivere rispecchia la sua giovane età. La sua crescita personale è ben chiara e mi hanno colpito molto gli incontri che l’hanno segnata in modo positivo, come il suo modo di tenere ai suoi principi morali e alla sua sincerità. Anche la continua ricerca di una maturazione che tende verso l’espressione di sé svincolata dalle costrizioni esterne.

Lisa Carrera

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Il libro da una introduzione lenta a questo regista, spiegando tutti i concetti. E’ di piacevole lettura, e anche il personaggio descritto, che si divide fra Vienna e Berlino, viene descritto in maniera che si vuole sempre sapere di più. Bello.

Georg Umgiesser

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rigoroso e interessante, ma l’argomento non è il mio genere

Antonio Conti

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La vicenda artistica di Max Reinhardt, personalità innovativa e di grande rilievo nella storia del teatro europeo, soprattutto austriaco e tedesco, ma anche americano è interamente ripercorsa attraverso il suo sviluppo cronologico compreso tra gli ultimi decenni dell’ Ottocento e gli anni 40 del Novecento.
Dagli inizi come attore a regista e impresario teatrale di successo, tanto da meritare la definizione di “teatrarca”, si delinea una personalità originale, incline alla sperimentazione di nuove forme di teatro attraverso tentativi più o meno riusciti.
Sicuramente affascinante è lo sforzo di mettere al centro delle sue rappresentazioni, il cui vasto repertorio va dal classico fino alle opere più moderne, un teatro che restituisca “agli uomini la gioia” e “l’aria pura della bellezza” in una concezione quasi mistica e spirituale dell’arte capace magicamente di connettere l’alto e il basso, di riconciliarci col mondo e avvicinarci a Dio.
Il saggio descrive in maniera analitica le tante opere messe in scena dal regista il cui moderno approccio da " arte totale" emerge in modo emblematico nella rappresentazione del Sogno di una notte di mezza estate, che nel 1905 segnò la sua consacrazione; qui lo spettatore è immerso nel mondo incantato di Shakespeare con una complessa regia che non trascura nulla: recitazione, scene, costumi, musica e persino il ricorso a profumi che si diffondevano nella sala per suggerire la fragranza del bosco.
Anche se non si ha già una buona conoscenza della storia del teatro e del contesto culturale in cui si colloca Reinhardt, il saggio riesce a tratteggiare con efficacia la figura di un innovatore e di un sognatore innamorato della magia del teatro, che ha trasmesso anche attraverso le scuole fondate sia in Europa sia in America, e al quale molti registi, tra gli altri Giorgio Strehler, devono molto.

BENIAMINA VIOLA

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Biografia decisamente indirizzata a chi, conoscendo già Reinhardt, è interessato ad approfondirne minuziosamente la vita professionale e le opere. Si tratta quasi di una cronaca meticolosa, con lunghe parti caratterizzate da elenchi di nomi di persone, date e titoli di opere; noiose sono le frequenti precisazioni (ad es. della data di autorizzazione all’apertura di un teatro e di quella di inizio operatività). Difficile concluderne la lettura.

Serenella Malle

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Onestamente troppo di nicchia. Poichè conosco poco il mondo del teatro, anche quello contemporaneo figuriamoci quello più lontano nel tempo, questo argomento per me è risultato estremamente difficoltoso da digerire.

Martina D’Aniello

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“Max Reinhardt”
il Max Reinhardt di Sonia Bellavia ci porta dentro l’avventura della vita di un “homo faber” del teatro mondiale che ha attraversato, surfandoci sra, i perodi più funesti della storia del ventesimo secolo: le due guerre mondiali che, come se non bastasse sono per lui ancora più impattanti, a causa della sua origine ebraica. Tant’è che per affrontare le vicende della vita e calcare più serenamente i palcoscenici di quelli che saranno i maggiori teatri dell’Europa centrale danubiana e prussiana dovrà cambiare il cognome Goldman in Reinhardt.
La caratteristica principale del suo modo di fare teatro, pur nell’eclettismo magistralmente istrionico dimostrato – nel senso più nobile del termine – per la versatilità con cui passa da un ruolo ad un altro, durante la sua vita artistica, è quello di mettere al centro della scena l’attore fornendogli le armi della fantasia e della dialettica per deformare, con l’ispirazione, la realtà da cui egli attinge.
Secondo l’autrice, “Reinhardt non fa teatro, è il teatro!” La sua bravura lo porta a diventare uno delle personalità fondamentali della regia moderna.
Egli risulta, capace come pochi, di realizzare ciò che alcuni critici definiscono la coniunctio oppositorum operata nel teatro e teorizzata dal C.G. Jung.
Reinhardt realizza quindi ciò che è destinato a diventare un unicum, in quanto riprende l’idea austriaca del teatro come luogo della conciliazione degli opposti, della ricomposizione della frammentarietà e del ritorno all’uno, che mi piace pensare essere l’attore, il quale, al centro della scena, padrone degli eventi, prende per mano lo spettatore e lo conduce fino al termine dell’opera, svelandogli il significato che la metafora teatrale vuole rivelare mediante l’interpretazione e la vivida finzione scenica, fantastica e magistralmente creata.
Questo bel saggio sul teatro, in omaggio a uno dei suoi padri, si legge come un romanzo d’avventure e lo si immagina ad occhi aperti, come un film, ci aiuta in qualche modo a comprendere la modernità del regista ebreo austriaco, visto che ancora oggi ne troviamo tracce delle piece e negli allestimenti teatrali attuali.

Beniamino Nargi