< Non possiamo non dirci nonviolenti di  Filippo La Porta, Luca Cirese (Castelvecchi)

Qui di seguito le recensioni di NonPossiamoNonDirciNonviolenti raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Non possiamo non dirci non violenti è un dialogo sulla nonviolenza, è molto interessante anche se la forma di dialogo rende la lettura poco fluida. Cosa vuol dire nonviolenza, cosa significa agire politicamente in modo non violento. La Porta e Cirese attraverso un excursus storico ce lo raccontano in modo non banale e critico.

Antonella Viggiani

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Non possiamo dirci non violenti, è un dialogo tra Filippo La Porta e Luca Cirese.
Questo botta e risposta rende un pochino più dinamico questo saggio.
L’ho preferito per il linguaggio più semplice e il tema sempre attuale.
Sono dello stesso parere che la non violenza debba essere uno stile di vita, una scelta.

Jessica Florio

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Filippo La Porta e Luca Cirese nel loro dialoghetto intergenerazionale “Non possiamo non dirci non violenti”, dedicato ad Anna Bravo (bellissima figura di donna militante e promotrice della nonviolenza allo stesso tempo) confrontano i loro approcci e punti di vista sulla nonviolenza. Innanzitutto si parla fin da subito di nonviolenza (senza spazi o trattini) proprio perché se ne vuole affermare il valore positivo. La struttura dialogica favorisce la lettura e permette di seguire con chiarezza le visioni contrapposte dei due autori. Le differenti generazioni di appartenenza vengono messe in risalto proprio perché “i romanzi di formazione” sono stati evidentemente diversi. Anche se alcune attitudini sembrano attraversare inesorabilmente le generazioni come nella spiritosa affermazione/provocazione di George Orwell: nessun bambino si divertirà mai con i “pacifisti di stagno” al posto dei soldatini. E questo ci riporta un po’ alla hybris di voler espungere la violenza dalla natura come nell’utopia dell’apostolo della non violenza Aldo Capitini che voleva rifare la creazione per evitare che il pesce più piccolo venisse mangiato da quello più grande. Questo approccio mi fa pensare al recente romanzo distopico “Contrappasso” di Andrea Delogu dove invece la natura si riprende i suoi spazi imponendo una nonviolenza “violenta”. Per dirla alla Camus, invece, la nonviolenza serve ad impedire che il mondo vada in pezzi senza pensare ogni volta di poterlo cambiare.
Il libro è di stringente attualità anche per la disamina sulla guerra e sul difficile bilanciamento tra questa e la nonviolenza; con le “guerre giuste” nel mezzo che per Filippo possono soddisfare il bisogno umano di epicità visto che sinteticamente la sua posizione è quella di nonviolenza a metà del guado, mai interamente “persuasa”. Luca si professa invece nonviolento e non pacifista; vede appunto la nonviolenza come “il misurarsi con la situazione concreta per adoperarsi contro l’orrore” (come mostrato dall’esempio del generale serbo Jovan Divjak che scelse di divenire uomo di pace).
Il dialogo si chiude con un’immagine iconica fornita da Luca: quella del colibrì che, di fronte all’orrore del mondo, dice «Da dove posso iniziare per fare la mia parte?». Un passaggio importante, un messaggio di consapevolezza e speranza nelle generazioni future.

Antonella Guarneri

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L’argomento della nonviolenza è molto interessante, tuttavia non ho apprezzato la modalità "dialogo" tra i due autori, a volte si perdeva il fino del discorso.

Barbara Bria

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Il libro a due voci di Filippo La Porta e di Luca Cirese si propone con una densa e impegnativa discussione ricchissima di riferimenti culturali e teorici di riportare alla luce le teorie e i propositi dei padri fondatori dei vari movimenti pacifisti e non violenti: Simone Weil, George Orwell, Martin Luther King, Aldo Capitani, Pietro Pinna etc. etc. le cui ragioni sono oggi più attuali che mai.
Il dialogo - molto interessante e coinvolgente - fra i due autori mostra due diverse sensibilità generazionali e punti di vista non sempre coincidenti. La Porta più portato a “menare le mani” fantastica, infatti di “punizione esemplari di prepotenti e bulli”. Cirese appare proiettato a costruire “comunità di legami” evitando così confronti/scontri amico/nemico.
Non si può non concordare con le riflessioni, le aspirazioni dei due autori e con la necessità di inculcare fin dalla prima formazione scolastica un’idea meno violentemente conflittuale dei rapporti umani.
In ogni caso l’analisi più lucida resta quella di Simone Weil: “la guerra distrugge ogni umanità in chi la combatte (ci permette di uccidere qualcuno senza rimprovero! quasi il sogno inconfessato di tutti i maschietti…), la spada trasforma per sempre chi la impugna e chi la subisce, e ogni guerra – come
la Guerra di Troia – smarrisce i suoi obiettivi originari e serve solo all’affermazione del proprio prestigio.”

Roberto Corticelli

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Argomento molto interessante e utile in questo momento per approfondire dentro di noi il tema guerra e non violenza . Scritto in modo comprensibile e vivace .

Imelda Taschin

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libro 2
Il testo offre un’analisi interessante, sia pure non sempre condivisibile, su un arco temporale che ha fortemente influenzato e condizionato le nostre vite.
Peccato che essendo stato scritto nel 2021 non ha ovviamene potuto registrare la guerra in Ucraina, evento che in stretta continuità con il periodo in esame, avrebbe forse fornito agli autori ulteriori elementi di riflessione.

Giovanni Amati

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Lettura scorrevole e riflessiva la violenza c è, ma esiste un’alternativa?

Francy b.