< Radiografie del cinema di  Gino Frezza (Meltemi)

Qui di seguito le recensioni di RadiografieDelCinema raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Pur essendo un opera di saggistica e quindi alquanto specialistico, tratta un argomento di sicuro interesse per chi è attento agli aspetti socio culturali dei media.
Anche per me che leggo saggi solo quando riguardano argomenti di mio interesse, è stata una lettura piacevole. Tratta il tema sotto diversi punti di vista ed in particolare gli ultimi capitali che affrontano il tema cinema verso altri aspetti della società della comunicazione sono interessanti.

Daniele Parizzi

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Radiografie del Cinema
Introduzione: Cinema e XXI secolo: cinema sempre più indifferente alle categorie con cui gli autori si addebitano il segno della direzione creativa. Cinema e necessità sociali. Interazione profonda tra immagini e tempo (documentario di Herzog), interessante: la generazione del 2020 non ha l’esigenza di quella del 1968 di recuperare la memoria. Multiculturalità e plurilinguismo, incertezza di vita nell’era digitale, singolarità dell’individuo. Concetto di co-creazione permette di declinare il rapporto tra usi tecnologici e interazioni socio-culturali, ribalta i saperi, la società digitale di oggi riduce concetti, ipotesi, interpretazioni e narrazioni, meglio adeguati. Non esiste più un pubblico omogeneo, ci sono contaminazioni del cinema con altre forme audio-visive e ibridizzazione.
Cap. I (messaggi): nodi ancora irrisolti tra cinema e società. In Italia, più che il cinema, autori e titoli di film sono stati scelti per esemplificare questioni sociali o culturali. Il concetto di cinema deve essere ampio e stratificato. Cinema come modello che ha permeato l’intero sistema culturale dei media a partire dalla televisione. L’immagine in movimento del cinema rende visibile la relazione del presente con il tempo, aprendo lo spazio alla riflessione anche storica, e sulle identità e soggettività che si esprimono nel presente. La nozione di pubblico cinematografico si è destrutturata.
Cap. II (messaggi): l’immagine filmica registra o testimonia dati e eventi, per gli storici può essere paradossale (selezione delle immagini), contro-argomentazione: tutto il cinema è una fonte storica, quando non si pone questo obiettivo in modo volontario, meglio: il cinema è la risposta tecno-culturale al dramma individuale e collettivo, del tempo e del cambiamento. La sceneggiatura e la regia sono le chiavi attraverso cui l’immagine filmica fa i conti con il tempo. Il rapporto tra storia e scenografia è importante, come l’intreccio tra scenografia e antropologia. Rapporto tra storia e digitale: ciò che è storico si fonde dissolvendosi nel digitale e si rigenera. Cosa è Il reale? Una conquista gli archivi digitali.
Cap. III (messaggi): emigrazione come espressione di un fenomeno socioeconomico di forte valenza storica e culturale. Viaggio dell’emigrante: significato generale di vivere nel mondo, ecco perché emigrare è un processo intimamente cinematografico.
Cap. IV (messaggi): l’immaginario è un oggetto “non materiale”, non si identifica né si esaurisce nei r

Cristina Mapp

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Tema interessante. Di più, per me che son preiozionista lo potrei definire IL tema: cinema, l’oggetto che informa per gran parte la mia vita, lavorativa, culturale e sociale. Ma la radiografia del titolo non funziona. Agli antipodi del taglio divulgativo la trattazione si snoda intellettualistica, dal linguaggio accademico retrivo e ostinato: trattazioni che si avviluppano recando ben poca sostanza, estenuanti domande retoriche, ricercata (nel senso proprio del ricercatore univ.) esposizione della materia che scade in citazioni o richiami ad altri libri . Qua e là qualche buon spunto c’è a risvegliare l’interesse del lettore, a riflee

Paolo Antoniazzi

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Per quel poco che ne so, mi pare che questo sia un libro di un accademico rivolto ad altri accademici dello stesso settore; per me che fruisco del cinema come semplice spettatore il libro si è rivelato poco interessante, anzi per niente, tant’è che non l’ho terminato avvalendomi del terzo diritto del lettore dichiarato da Pennac (è vero che mi ero preso un impegno, ma mi sono chiesto fino a che punto dovevo patire!)
Di cosa parla questo libro? Qui sta il punto: giunto a pagina 84 non sono ancora sicuro di averlo capito! Forse di come siano cambiati i rapporti tra il cinema e il pubblico? Come il cinema abbia modellato lo spettatore? Io mi occupo d’altro per lavoro e elezione, e affronto libri di non sempre scorrevole lettura, ma qui mi sono trovato di fronte a un muro costituito da associazioni di termini che per me non significano nulla; forse impegnandomi… ma si dice anche di no (anche perché il tema non mi interessa proprio).
Rimane però la sensazione, giunto a pagina 84, che ancora non sia stata espressa una qualche tesi, una qualche idea, confermando il sospetto che questo sia un libro di accademia, centrato più sulle metodologie di studio, sugli apparati bibliografici; le poche dichiarazioni/tesi le ho trovate parecchio scontate, persino per me che, come ho detto, vado al cinema “spensieratamente”: vedi il terzo capitolo “Italiani sullo schermo. Emigrazione italiana e cinema.”: ma qual è il pensiero, la necessità di questo articolo, oltre a elencare/ declinare il titolo del capitolo stesso? Infatti è qui che ho deciso di interrompere la lettura.

Non posso non segnalare un intercalare ricorrente, che ripropongo in tre diverse versioni [le sottolineature sono mie]:
“Occorre ridurre il gap fra le conoscenze consolidate e note sull’universo dei media e quelle che occorre acquisire e ulteriormente diffondere nella comunità degli studiosi e nel pubblico più vasto. Bisogna operare a 360° sull’intero arco delle questioni che l’epoca dei media digitali pone a chi vuole capire, in profondità, in che modo la società di oggi sta definendo, se non generando, una sua complessa identità, diversa dal passato.” [Posizione 400-406]
…segnala dunque che, finita la [seconda] guerra [mondiale], è il rapporto fra schermi e vita vissuta a strutturarsi su assi inediti e per questi la soggettività spettatoriale non ritrova più il fascino meraviglioso degli schermi di prima, calandosi pertanto in strategie emozionali affatto differenti. Quali? È il compito finora quasi del

Renzo Sanavia

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Un affresco nostalgico quasi un epitaffio con la consapevolezza che il cinema ha esaurito il suo scopo la parabola ha terminato la corsa se stiamo qui a registrare date frasi manifesti con neanche più nostalgia ma una lucida presa di coscienza che serve una rivoluzione affinche possa nascere un’altra lanterna magica.il libro è troppo pieno di non CINEMA.

Primo.Romano.

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Nel complesso molto interessante, mi è piaciuto molto il focus sulla migrazione e il rapporto con televisione e cinema.
Alcuni capitoli sono molto teorici quindi, non essendo particolarmente ferrata in fatto di cinema, ho avuto un po’ di difficoltà a seguire il discorso.

G.B.

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Radiografie Del Cinema di Gino Frezza mi ha fatto scoprire un modo diverso di intendere il cinema, che finora avevo assunto come arte di evasione; pur lodando infatti capolavori di alto livello di cui poi si discuteva nei cineforum (divenuti obsoleti), non avevo mai pensato ai vari collegamenti esposti nel saggio: ogni capitolo rimanda alla sociologia, alla storia, alla filosofia, alla tecnologia e alla fine scopri anche che, già nel 1954, c’era chi scriveva e insegnava (Williams) di cambiamenti epocali che suggerivano l’avvento di Internet, di tutto ciò che oggi definiamo digitale. L’autore sottolinea altresì la scarsa attenzione del mondo accademico agli elementi che hanno caratterizzato la transizione tra le varie generazioni.

Ornella Milanesi

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Analisi ben fatta del cinema inserito nel contesto dei media. Per capire a fondo questo saggio occorrono basi di cinematografia che io non ho, quindi non ho potuto apprezzare appieno quest’opera.

Melania Vecchi

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Saggio molto tecnico e lettura non appassionante.
Non essendo un libro divulgativo il lettore di riferimento e’ probabilmente lo studente universitario o il super appassionato. Non rientrando in nessuna delle due categorie la lettura per me e’ stata alquanto noiosa ed impervia.
Aggiungere altro e’ difficile non avendo alcuna competenza in materia per poter esprimere anche un semplice giudizio di merito.

Fabio Pasotto

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Questo libro è il perfetto esempio del saggio che dopo 10 pagine, potendo, smetterei di leggere.
Argomento di per sé molto interessante, ma descritto con scrittura involuta; frasi lunghe e concetti che si disperdono fra le pagine.
Lo definirei il tipico saggio "accademico", nel senso meno nobile della definizione, dove l’autore si parla "addosso".
Esempio pratico, che mi ha infastidito come posizione accademica, alle pagine 39 e 40, dove riporto:
"si è lasciato che le questioni essenziali fossero semmai mediate e filtrate dai meccanismi di governo dell’Istituzione Universitaria. Il che ha significato , al termine, risultati di basso profilo e una vanificazione delle possibilità di alto profilo della ricerca e dei RICONOSCIMENTI ACCADEMICI ..etc.
Forse il fatto di non ottenere riconoscimenti Accademici di alto profilo è la preoccupazione dell’autore?

Livia Conte