< Spacca l’infinito. Il romanzo di una vita di  Piero Pelù (Giunti)

Qui di seguito le recensioni di SpaccaLInfinito raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Anche se molto documentato, nonostante il tentativo di apparire neutrale e razionale l’occhio dell’Autore resta troppo indulgente e quasi partigiano nell’esercizio ossessivo di decodificare il Reverendo, alias Brian Warner, via la ricostruzione dei contatti col mondo del cinema ed eventi di cronaca grondanti sangue.
Probabilmente troppo denso anche per gli amanti del genere, un incubo per i profani. Talora agiografico. Spregiudicato nei rimandi ai testi sacri, quasi imbarazzante nelle interpretazioni psicoanalitiche.

Paola Bonizzato

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"Spacca l’infinito" di Piero Pelù è stato tra i due il romanzo che più ho preferito, per lo stile di scrittura, la trama e il contenuto. Attraverso tale romanzo ho compreso l’importanza dell’evasione, di riuscire ad andare oltre i propri confini, che spesso ci impediscono di sbocciare e fare ciò che realmente vogliamo fare ed essere ciò che realmente vogliamo essere.

Serena Bruno

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La passione per la sua musica - in particolare per il primo periodo Litfiba - influisce notevolmente sul giudizio, non si riesce ad essere rigorosi come si dovrebbe e cioè per dare il giusto valore all’aspetto letterario, che è sicuramente di basso profilo, ma l’intensità espressa nel racconto e la passione di cui sopra, sopperiscono al deficit letterario nonostante l’esagerata enfasi sui grandi valori della vita: peace & love.

Salvatore Zirano

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Libro che sa più di memoir che di saggio musicale, con una voce molto caratterizzata e unica. Si "sente" il cantante dietro alla parola scritta, si percepisce la musica che accompagna il viaggio.

Monica Sacchetti

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Una bellissima sorpresa per me che non seguo molto la musica contemporanea.

Adriana Fidenti

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Autobiografia minuziosa e pedante di un cantante, scritta per sopravvivere al lockdown. Forse doveva rimanere in un cassetto.

Fedele Ferrari

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Personalmente questi esperimenti di autoterapia nn piacciono (è già il secondo libro del tipo che mi capita), mi rendono triste. Nn e facile scrivere un libro così è forse l’idea è abbastanza chiara: raccontare la storia di un bambino che con fermezza nn si arrende e cerca di raggiungere con tutte l’esperienza forze il suo sogno che poi diventa ricerca del senso della vita. Bello si ma nn si racconta una bella storia.

Gianni Vacchiano

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L’autobiografia della voce dei Litfiba scritta con la schiettezza che ti aspetti dal toscanaccio, ma purtroppo intrisa fin al midollo dal punto di vista del 60enne Pelù: ne esce quindi un melò di ricordi familiari sbilanciato e in alcuni punti pure sfilacciato. Discutibilissima - a me non è affatto piaciuta - la scelta editoriale di intervallare il racconto in terza persona della propria vita con capitoletti in cui, in prima persona, il pirata maturo narra di una vicenda che sta vivendo con un bimbetto "scappato ai genitori" dalle parti dei Boboli a Firenze. Se l’intento era quello di tener lì il lettore, magari più giovane o meno avvezzo alla lettura, nel mio caso ha sortito l’effetto opposto, forse appunto perché son lettore assiduo e ormai vecchio. Colpa mia.

Libro adatto ai fans dei Litfiba, molto meno a chi, come me, conosce soltanto i pezzi famosi: si da per scontato che solo all’accenno ai titoli o ai nomi di musicisti o dei tour si accendano le emozioni, o meglio ancora le "corrispondenze" dei ricordi.

I moltissimi riferimenti extratestuali - in primis musicali - in mancanza di un adeguato background rendono la lettura poco piacevole. E questo è forse il limite più grande di queste biografie di rockers, il non sapere tradurre in parole il portato sociale e culturale, oltre che musicale, della musica di un’epoca. Il tutto si riduce a facili e agili frasi roboanti, a emozioni iperboliche e, nel caso specifico di Pelù, a slang giovanilesco quale marchio di cambiamento. Troppo poco.

Paolo Antoniazzi