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Il libro di Giulio Perrone costringe il lettore a confrontarsi con sentimenti che in un modo o in un altro ognuno ha sperimentato almeno una volta nella vita, nei confronti di un genitore, di un familiare, di un amico. Mescolando passato e presente attraverso i ricordi di due giovani uomini cresciuti in epoche diverse, l’autore affronta il complesso e tormentato rapporto vissuto con il padre dopo diversi anni dalla scomparsa di quest’ultimo. È l’urgenza di concedersi il tempo per riflettere su quello che è stato, su quello che è andato via, su quanto si sarebbe potuto ancora fare e dire, su quanto - a volte, purtroppo - si è irrimediabilmente fatto e detto, in definitiva su ciò che non torna. Quello tra Giulio e suo padre Giampiero non è un rapporto facile, al contrario è una sfida continua, un complesso gioco delle parti: il pragmatismo e l’esperienza di un padre, l’orgoglio e la voglia di emancipazione di un figlio. E l’amore, dappertutto. C’è amore in Giampiero, che, in maniera sbagliata, cerca di invogliare Giulio a costruirsi le basi di un futuro certo, solido, a costo di costringere suo figlio a rinunciare ai sogni e all’ambizioni personali. È la mentalità di chi è cresciuto in un’altra epoca, in cui contava la praticità (il posto fisso e ben retribuito, lo sport come valvola di sfogo, il matrimonio con la donna della propria vita, la famiglia da accudire e controllare). C’è amore in Giulio, in quella rabbia che prova di fronte al padre divorato dalla malattia, senza più forze, neppure per discutere. Per Giulio la morte del padre non è solo la fine di ogni scusa, di ogni alibi dietro cui nascondere la propria mancanza di coraggio, che negli anni gli ha impedito di “ribellarsi” a quella vita immaginata per lui da Giampiero; è la presa di coscienza di una triste verità: che non c’è più tempo, che si muore, che anche i genitori muoiono. Sì, perché per un figlio i genitori dovrebbero essere creature immortali, onnipresenti, che, per quanto opprimenti ed esigenti, esistano imperituri. Radici da cui svilupparsi e, come rami, crescere, anche allontanandosi; fonti a cui poter tornare in ogni momento per ritrovare se stessi e la propria essenza. Tra i ricordi di un’Italia passata, tra Beatles e Aerosmith, tra bravate da ragazzi, passa la vita di Giulio, passa come una canzone alla radio.
Jessica Rancati
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Romanzo autobiografico intrinso di quella insicurezza e di quel dubbio tipici della nostra epoca. Nulla di lineare chiaro e netto sia per quel che riguarda i sentimenti, in questo caso il rapporto conflittuale complesso ed in molti casi irrisolto tra padre e figlio, sia nelle descrizioni dei fatti narrati più come flash istantanei e vere e proprie descrizioni. Molto moderno nella descrizione degli egoismi propri dell’essere umano.
Veruska Serafini
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Il libro, spiccatamente autobiografico, ha il potere di fare immediatamente sentire coinvolto il lettore. Giulio Perrone ci catapulta in un universo cha ha ilsapore di qualcosa di tremendamente familiare. L’intemperanza dell’adolescenza, la consapevolezza dell’ineluttabilità degli eventi mista al desiderio di non voler crescere, di rimandare quanto più possibile l’ingresso nella vita adulta, la voglia di fuggire dalle proprie responsabilità sono sentimenti che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato anche senza aver passato quel che ci racconta l’autore.
Lo stile è semplice ma non per questo poco incisivo, anzi, al contrario, riesce a colpire il lettore con una precisione certosina nei punti più dolorosi del racconto.
Giorgia Recchia
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Gabriella Buizza
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L’autore si cimenta in un testo autobiografico che ha il pregio e la caratteristica, se non di trattare universali assoluti, di esprimere vicende che al di là dei dettagli, descrivono bene le relazione padre figlio dal punto di vista del figlio in modo tale che molto probabilmente ciascun lettore (di genere maschile) riesce a immedesimarsi nel protagonista almeno per una serie di fattori, al di là delle pur varie e diverse esperienze di ciascuno, dei tempi che sono cambiati, dell’ambiente “de Roma” con i suoi aspetti tipici e le espressioni dialettali. Il padre in questione, che ha un passato di allegre a trasgressive “avventure” con amici dai buffi soprannomi, come Godzilla, il Verme e per l’appunto America, manifesta nei confronti del figlio, come spesso accade, una rigidità e un’intransigenza che frustrano la volontà del giovane di dialogare serenamente, di poterlo imitare, di essere compreso nelle sue esigenze adolescenziali e giovanili, di lasciarsi andare, di vivere una vita libera, di divertirsi. Da qui i silenzi le incomprensioni, le difficoltà di comprendersi pur nell’amore filiale. Amore che sconfina nel dolore dovuto alla malattia precoce e mortale del padre. La vicinanza e l’assistenza al padre malato, i ricordi della sua vita, gli stessi dolori del genitore, affranto perché America, l’amico, “non torna più, accompagnano il lettore attraverso i passaggi e le fasi della crescita del figlio, il pallone, la musica, gli studi, la scoperta dell’altro sesso... “Fatto sta che a quei tempi se volevi scopare, o almeno scopare facilmente, ti toccava Nella. E tu lo sapevi. Un “fracosce” con Nella. Pensi che l’hai sempre vista di sfuggita e non sai se ti piacerà il contatto. Non è la stessa cosa dei giornalini, non è la stessa cosa che ti sei immaginato più e più volte nel silenzio del bagno. Non è la signora del terzo piano, non è quella ragazza più grande vista di sfuggita mentre giocavi a pallone. Niente di quello che ti si è formato in testa in questi anni. Solo Nella.” In conclusione, attraverso una scrittura snella e a tratti vivace, tra silenzi, incomprensioni e dolori, Perrone riesce a delineare un autentico rapporto d’amore filiale.
Giorgio Figini
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Anna Ferranti
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È il racconto autobiografico dei mesi trascorsi dal protagonista accanto al padre morente. L’autore rivive la sua incapacità di accettare la malattia e la perdita. Le insicurezze, le incomprensioni, il bisogno di approvazione, di sentirsi amato, i sensi di colpa, l’incapacità ad accettare la realtà sono descritti in modo emotivo e partecipato. Tutti i personaggi – oltre al padre la madre, gli zii, i parenti che vivono lontani – sono molto ben descritti nelle loro caratteristiche psicologiche. È il percorso di formazione che tutti dobbiamo vivere e superare dopo l’adolescenza per accedere alla maturità: il ventenne Perrone si rende conto che dovrà affrontarlo da solo, che dovrà trovare in sé stesso, e nel ricordo del padre, la strada per crescere. Quasi a sottolineare che anche suo padre è stato giovane, il testo è intervallato da episodi della giovinezza del padre e dei suoi amici, in particolare di America, un giovane scapestrato che morirà in un incidente. Un bel libro, interessante e coinvolgente nella descrizione dei meccanismi e delle dinamiche psicologiche della giovinezza.
Anna Signori
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Esperienze vissute dallo scrittore in un momento particolare della sua esistenza: il distacco definitivo dal padre , gravemente ammalato Impietoso ma sincero l’esame effettuato, dal quale emergono solo conflitti, contrasti, incomprensioni e apparenti arrendevolezze…Il momento della morte non cambia l’atteggiamento del figlio, che pur amando il genitore, vive il distacco come una liberazione e la piena affermazione di sé. All’autobiografia manca la grinta, la vitalità, la commozione.
Teresa Ruggiano
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Racconto di un periodo turbolento della vita dello scrittore che nella forma dell’autobiografia ripercorre gli anni della sua formazione fino all’emancipazione dalla famiglia ed in particolare dall’autorità del padre. La malattia e poi la morte del genitore valgono a dare al giovane la consapevolezza e la conferma delle proprie scelte di vita, a fronte però di una continua lotta, estenuante, logorante con la famiglia. E’ uno scontro generazionale nel quale ci si può ritrovare. Il libro è però poco coinvolgente, perché manca di calore e di pathos.
Tommaso Santapaola
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E’ la storia del rapporto tra un figlio e un padre condannato dalla
malattia nel tentativo di superare incomprensioni, chiusure , tensioni
che spesso impediscono un avvicinamento autentico e profondo tra le due
generazioni. La narrazione, autenticamente vissuta, scorre tuttavia
piuttosto piatta e banale rimanendo in una zona d’ombra che l’autore non
riesce a illuminare né a far scattare in una trama coinvolgente. Una
storia personale che non riesce a diventare storia del lettore che
rimane lontano e indifferente a parole spesso forzate e prive di
tensione e carica emotiva.Anche la serie di episodi che costellano la
vicenda centrale e le caratteristiche degli amici tra cui, appunto,
America, rimangono sullo sfondo , come i due piani di lettura, uno in
corsivo, l’altro no, che falliscono il tentativo di proporre due
prospettive diverse rimanendo a sé stante.
E’ pur vero che come
dice l’autore “di giornate passate ad incontrarci spesso ma
tangenzialmente non è previsto indugiare su sentimenti, gli orizzonti,
le paure” ma è qui che il narratore sa come e quando veicolare questi
stati d’animo al lettore.
Gabriella Vezzosi
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Molto si è detto attraverso strumenti poetici, narrativi, filmici del rapporto genitore-figlio soprattutto nei casi, come in questo libro, in cui l’età o la malattia delle generazioni presagisce un distacco definitivo ,motivo di ripensamenti, di sensi di colpa, di inadeguatezza, di frettolosi tentativi di riguadagnare il tempo perduto, di riflessioni sul senso del vivere. Per superare l’ovvietà, i luoghi comuni, il già detto occorre una penna capace di percorrere nuovi sentieri in cui catturare anche il lettore, ma l’autore pur mettendocela tutta con rimandi nel tempo a varie vicende, con l’intervento di personaggi anche qui a cavallo di tempi diversi come appunto “America”, non riesce ad andare nel profondo del pensiero e dei sentimenti e alla fine della storia poco rimane nella mente e nel cuore del lettore.
Sonia Taddei
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Confronto di tre generazioni il libro, con riferimenti e memorie personali,( vedi commento a parte dell’autore) tra prime e terze persone in sequenze, talora in corsivo, che impegnano il lettore nell’avanzare della storia rivelandogli man mano il personaggio del titolo ( America, il favoloso nonno del protagonista, capostipite di bizzarre colorite famiglie),che diventano anche problematici confronti di figli maschi con i rispettivi padri, dalle quali essi(la cosa riguarda soprattutto loro, i maschi) ,come spesso accade, riescono a prendere “le giuste distanze” solo dopo diverso tempo dalla scomparsa/morte(soprattutto se avviene in età prematura),quando a loro volta diventano genitori o nonni . Ed è per questa ragione che penso sia da leggere.
Bert
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La morte di un genitore arriva sempre troppo presto, perché ci sarebbero ancora tante cose da dire, da chiedere, storie familiari da ricostruire, rapporti personali da ricucire, scuse da porgere, spiegazioni da dare. Eppure quando apprendi l’amara verità sul suo destino di morte imminente non ti senti in grado di reggere la situazione, capisci che il rapporto rimarrà irrisolto anche se il tempo forse ci sarebbe per gestire meglio l’addio, per esprime l’amore filiale. Ma ti viene voglia di scappare lontano invece di stargli accanto ad accarezzargli una mano e parlare con lui, ti senti inadeguato a gestire la morte. Tutto sommato però questo figlio sa già molto della vita del padre: vuol dire che nonostante l’apparente opposizione è stato ad ascoltare i suoi racconti
Giuliana Gabet
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L’autore racconta efficacemente la tristezza abissale di dover assistere impotenti alle ultime settimane di vita del padre malato terminale di tumore. È un argomento che tocca il cuore del lettore, perché è una situazione purtroppo comune. Il padre sta morendo e il figlio, dopo aver provato inizialmente un profondo dolore per la notizia ricevuta dai medici, diventa poi quasi insofferente della condizione di attesa dell’evento inevitabile: forse tanto vale che avvenga al più presto, per porre fine alla messinscena familiare di negare la realtà. Intanto però riesce ad approfondire la conoscenza del padre e della famiglia attraverso la ricostruzione di alcuni episodi della sua giovinezza.
Alberto Foresta
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Perrone, scrittore ed editore, racconta nel romanzo le sue attitudini, la passione per la scrittura, pezzi della sua vita e delle sue esperienze in maniera esplicita senza sconti per nessuno. Al centro del romanzo c’è il rapporto conflittuale con il padre ormai giunto al termine della vita. La sua, comunque, è una storia che rischia la banalità perché la si può moltiplicare per il numero di storie della stragrande maggioranza dell’umanità. Il “non c’è niente di nuovo” in qualche modo condiziona il mio giudizio poco favorevole per un lavoro che anche se scritto bene, è poco emozionante e coinvolgente.
Filomena Martoscia
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La storia di un padre e di un figlio e delle loro vicende passate... Quando si dice " Mi è passata tutta la vita davanti" aspettando la fine.
Piccole perle di vita vera piene di significato e morale racchiuse in mini racconti.
Molto triste ma reale e con una buona narrativa. A mio parere l’autore oltre a voler ricordare il padre, vuole trasmettere ai lettori valori a volte dati per scontati.
Il libro in sé contiene a parer mio una forte morale... quando la vita ci mette di fronte a sfide insormontabili, dobbiamo imparare a fare tesoro degli ultimi momenti che abbiamo a disposizione cercando di tirar fuori tutta la nostra forza perché chi sta affrontando in prima persona questa sfida, lo intuisce dai comportamenti delle persone che gli stanno vicine e si rendono conto della sabbia nella clessidra che si sta esaurendo...
Da questo...America non torna più
Andre Rovere
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Buildungs Roman perfetto .
Romanzo scritto da Perrone sulla morte del padre, avvenuta dopo anni di difficili rapporti, nei quali le aspettative per la vita tanto agognata per il proprio figlio non vengono propriamente a ricalcare i risultati attesi.
Tale dinamica avvolge come in una cornice narrativa, il racconto delle disavventure paterne, nelle quali “ America rules “, amico numero 1 ma anche sfuggente . Candidato al Premio strega 2022 meritatamente e per la meravigliosa penna e, a mio avviso, per il modo nel quale affronta il dolore per la malattia terminale del papà .
Silenzi, finzione e amore sono protagonisti di questa ultima fase: l’immedesimazione del lettore è massima .
Viola Villa
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L"eterno rapporto conflittuale padre - figlio
Padre del dopoguerra che vive da ragazzo i mitici anni ’60, epoca in cui tutto si pensava possibile. I suoi amici sono protagonisti di avventure e disavventure. Aneddoti raccontati mille volte al figlio.
Questo padre, come tanti di quella generazione, dedica con devozione e amore, la sua non lunga vita alla famiglia. Per il figlio vorrebbe il meglio, ma no n sempre le aspettative coincidono. Molte scelte sono forzate, ma alla fine i figli fanno quello che vogliono. La lunga e prematura malattia del padre, non sblocca fino in fondo l’apertura del rapporto
Solo in età molto matura, cioè quando anche lui ha un figlio di 14 anni e deve pensare al suo futuro, decide di scrivere questo libro.Rimpianti?, Si, forse, tanti. Ma chi non ne ha?
Pasqua Covelli
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Ripercorre il rapporto con il padre che ha sempre puntato all’eccellenza proiettando le sue idee e le sue ambizioni sul figlio, come spesso succede. La sua vita si alterna ai racconti del padre : le storie ci introducono man mano gli altri personaggi e familiari con i loro sentimenti in un dialogo immaginario con il desiderio di compiacere
Manu Prato
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È un romanzo autobiografico vero, genuino, che racconta con intensità e incredibile sincerità il rapporto tra un padre e un figlio, con tutto il bagaglio di incomprensioni e delusioni, di cose dette o taciute, di diversità e affinità, che l’ha caratterizzato, arrivando agli ultimi giorni della vita del genitore, colpito da una malattia crudele che ha contribuito, in modo definitivo e irreversibile, a lasciare in sospeso tutto ciò che li ha sempre divisi.
Mariabianca Barberis