< Avanti, parla di  Lidia Ravera (Bompiani)

Qui di seguito le recensioni di AvantiParla raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Ho apprezzato questo libro e l’ho letto anche molto velocemente. E’ un libro molto introspettivo, che lascia molto spazio ai sentimenti, all’interiorità della protagonista.
E’ stato semplice per me immedesimarmi in lei ed empatizzare con il suo vissuto, seppur anagraficamente molto lontana da me.

Annalucia Modugno

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Un libro molto ben scritto, con uno stile che aiuta a cogliere tutte le sfumature di una personalità, quella della protagonista, votata alla solitudine e al sospetto nei confronti degli altri come cicatrici lasciate da un senso di sconfitta sociale. Sentimenti che però chiedono (e ottengono) di essere medicati.

Silvano Mocellin

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Una storia ricca di silenzi, rimpianti e paure, ma anche piena di amore da dare all’altro.
Una storia di inquietante e totale solitudine della protagonista che vive da sola e per tanti anni non si rapporta né parla con nessuno. Improvvisamente arrivano dei nuovi vicini di casa e anche senza volerlo comincia a rapportarsi con loro.

Emanuele Riccio

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Un racconto che parla di militanza e di impegno con gli occhi di Angelita, una giovane giornalista che all’inizio della storia ripercorre il primo incontro con quello che sarà il compagno di una vita.
Per una casualità, alla morte di lui, il quadretto felice della sua esistenza viene scosso violentemente da un ritrovamento casuale che porta Angelita a confrontarsi con i silenzi e la costante profonda tristezza che ha accompagnato il compagno fino alle morte ma soprattutto, a confrontarsi con se stessa alla scoperta del segreto così a lungo custodito e riprendere in mano la propria vita non più da donna sola ma da donna libera.

Anna Fengite

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Tormentata, afflitta da ricordi irrisolti, nostalgica come tanti della gioventù e di esperienze non fatte per scelta o per ideologia. Il fulcro è la curiosità, della vita, dei pensieri,.dei giudizi degli altri e l’incapacità di alzare la testa e rivendicare la propria libertà. Forse un po’ lungo e a tratti melenso coinvolge nella trama seppur a lieto fine. Sempre per ex sessantottini.

Anna De Chirico

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Parma “Voglia di leggere - Ines Martorano”
coordinato da Pietro Curzio
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Il libro racconta la vita di una donna che, negli anni di piombo, ha partecipato ad azioni di terrorismo come protagonista La sua vita ne sarà sconvolta per sempre La solitudine a cui è confinata per lungo tempo si attenua con  l’amicizia di una bambina e del giovane fratello. L‘intreccio, per i continui ricorsi tra passato e presente, non risulta sempre facile da seguire, il linguaggio , invece è scorrevole e accattivante.

Lucilla del Poggetto

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Giovanna è una sessantaseienne. Ha, dunque, l‘età per fare un bilancio della sua vita; rendiconto, però, che non vuole effettuare. Nel suo passato ha commesso un errore grave: è stata una attivista dei gruppi armati per il comunismo. Questa militanza pesa ancora sulla sua coscienza, tanto che la protagonista, per tenere a bada la memoria che “è un cane feroce” da “tenere alla catena”, si isola dal mondo, si vota al silenzio e tiene sotto controllo i sentimenti. Solo la lettura di romanzi (le permettono di vivere i sentimenti degli altri) e la musica (a piccole dosi, perché la musica è un “moltiplicatore di emozioni”) le tengono compagnia. Ma il caso, nelle persone di Michele e Maria, bussa alla sua porta e le porta una nuova vita. Con stile scarno, denso e coinvolgente, l’autrice delinea il ritratto dolente di una donna che in nome di un’idea rinuncia alla maternità, all’amicizia e, più in generale, ai sentimenti. Quando finalmente riuscirà a fare i conti con se stessa, capirà che è il caso di farsi uno “sconto di pena”.  

Francesca DallaTurca

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Un libro coinvolgente, che parte dagli anni di piombo, col carico di emozioni ad essi legato, per affrontare anche altri temi, come il rapporto tra il presente ed il passato nella storia di una donna, Giovanna; questa vive una delicata situazione di equilibrio tra il  presente, dato dal benessere, in cui vive, nella sua bella casa, sul Tevere, circondata dai libri, amante del buon cibo, ed il passato, risalente a quarant’anni prima, quando, ritenendo di essere sul punto di cambiare il mondo, fece scelte gravi, il cui peso continua ad farsi sentire.
Un equilibrio che si rompe con l’arrivo, nell’appartamento attiguo al suo, di una famiglia che la costringe a confrontarsi con la mutevolezza della quotidianità.
L’aspetto più interessante del libro è, a mio parere, un altro, quello del rapporto tra generazioni  così facilmente liquidato dalla fretta dei giorni nostri o da infantili e misere campagne, in cui la soluzione parve quella della rottamazione. Ravera, con delicatezza e rispetto, affronta con ampio respiro, il rapporto tra tre generazioni, fermandosi a cogliere l’eredità che l’una lascia sull’altra e d il modo in cui tale eredità viene vissuta e trasformata; ed infatti, i vicini di casa, paiono muoversi ancora nelle contraddizioni di quell’eredità, incerti tra il desiderio di stabilità e quello del cambiamento; sono i figli della coppia, Malvina e Malcolm, ad apparire meno condizionati dal passato e pronti a intraprendere nuove strade.

Pietro Curzio

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Nel suo libro Merletti parla con toni intensissimi di una storia che il lettore sembra quasi toccare con mano nella narrazione capace che l’autrice porge con molta grazia e capacità. Si ha la sensazione che di questa autrice ne sentiremo molto, molto parlare. Riesce a far emergere la drammaticità della grazia in maniera impressionante.
Ciò che la fa vincere su Lidia Ravera è  la scrittura immediata, che invece la seconda autrice,la Ravera appunto, non ha in tutti gli angoli della sua scrittura che rimane molto piacevole e a tratti commovente. Ma la sua opera non ha i crismi dell’indimenticabilità, detto in tutto franchezza. Scrittura sì graziosa ma appesantita nei ritmi, che non catturano.

Giovanni Francesco Piccinno

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Gruppo di Lettura  
“Biblioteca di Buccinasco”
coordinato da Silvia Mincuzzi
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Non ho dato la mia preferenza a questo libro, ma devo dire che la storia mi ha coinvolta e ho trovato accattivante il modo in cui viene narrata. Ne ho apprezzato la scrittura in apparenza distaccata, come a voler sottolineare il rifiuto di Giovanna di fare i conti con un passato pesante, che non rinnega ma che ha segnato la sua vita, un passato che riaffiora ad ogni occasione influenzando, più o meno consapevolmente, i suoi gesti, le reazioni, le scelte, i sentimenti, nei quali si legge chiaramente una compensazione del ruolo materno a suo tempo rifiutato. E anche disapprovando, ma senza giudicare, quello che è stata in gioventù, ho provato simpatia per lei e mi sono ritrovata fin dall’inizio a stare dalla sua parte.

Bellagamba Agnese

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Romanzo che racconta come Giovanna Chiomabianca abbia passato molti anni della sua vita nascondendo se stessa agli altri e autocastigandosi a scontare la sua pena fino all’arrivo dei nuovi vicini che prima danno un senso alla sua vita e poi involontariamente la mettono  di fronte al fatto di prendere delle decisioni. Descrive bene le sue sofferenze. Bel romanzo, scrittura scorrevole e lettura piacevole. Forse il finale lascia un po’ a desiderare.

Cerri Franca

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Alcuni elementi simili si rincorrono nei due romanzi, un figlio abbandonato, un segreto, donne che combattono, ma il risultato è ben diverso nei due libri. Nella lettura del romanzo della Ravera, non ho provato alcuna empatia per i suoi personaggi, nessuno ha risvegliato le mie simpatie; dalla protagonista, che si ritira come una lumachina a Pietro così stupido e arrogante, dai bambini troppi intelligenti, ai loro genitori modernamente vuoti. A volte noioso si chiude in un banale lieto fine.

Ferrari Donata

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Sono entrambi letture molto valide. Dovendo però obbligatoriamente sceglierne uno, ho preferito dare spazio alle "voci nuove". Il romanzo mi è piaciuto molto, anche se il personaggio di Giovanna non sempre è credibile. La parte finale mi è sembrata un po’ tirata per le lunghe, come se per esigenze editoriali l’autrice fosse stata costretta a infilarci di forza l’happy end. Comunque ne consiglierei la lettura.


Manzo Agnese

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Ho preferito il libro di Lidia Ravera perché - malgrado una struttura simile nei due romanzi - la scrittura è più agile e testimonia una maggiore consapevolezza dell’autrice nel trattare i temi della memoria storica e personale.

Marchiori Monia

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Giudizio che mi impone di sacrificare il libro della  Ravera che tanto ho apprezzato, ma penso che sia giusto premiare una autrice meno nota che si cimenta con grazia e leggerezza in una storia, forse tra le tante, di coraggio e di solidarietà che hanno visto protagoniste tante donne, dentro le violenze della seconda guerra mondiale . È comunque un ricordo che caratterizza le due storie, per la Ravera le storie di terrorismo che hanno sconvolto la vita di tanti italiani e che la protagonista porta impresse nel cuore, per la Merletti  la ricerca di una memoria da ricostruire che comunque ha segnato la vita. Comunque due buoni libri.

Morano Guido

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Mi piace tantissimo lo stile asciutto della Ravera che riesce sempre e comunque, anche in questo libro, a comunicare alla perfezione stati d’animo, sentimenti, pensieri. La storia è interessante, anche se amara è la conclusione: le proprie colpe non si è mai finito di espiarle, nemmeno dopo anni di prigione. Mentre il lettore ammira la protagonista nel suo entusiastico tentativo di recuperare dopo tanto isolamento una vita sociale “normale”, distribuendo amore, niente altro che amore a destra e a manca, si inserisce nel racconto un gruppo di persone che rompe l’incantesimo e rispedisce Giovanna alla ricerca dell’oblio, questa volta eterno, unico mezzo in grado forse di cancellare la colpa. La storia non finisce qui, ma continua con una ulteriore dimostrazione di coraggio. La protagonista si mette di nuovo in gioco cercando di ricombinare in qualche modo la propria vita con quella del figlio, abbandonato ancora in fasce, ormai adulto.

Panico Donatella