< Bugiardo Occidente di  Leba Arbër (Castelvecchi)

Qui di seguito le recensioni di BuggiardoOccidente raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Il filo rosso, che collega le quattro parti del “romanzo di formazione” del medico siculo-albanese protagonista, è la ricerca continua dell’autodistruzione o della degradazione, del nichilismo di fondo. Prima, all’alba della sua formazione universitaria, nella “tentacolare” Bologna la ricerca sfrenata di sesso e droga, da l’idea di un mondo giovanile alla caccia smodata dello sballo con tutte le sostanze possibili. Dopo in Portogallo non con l’Erasmus, troppo pulito e borghese, ma infognato in situazioni estreme di degrado sessuale e tossico. Il rientro in Italia per concludere gli studi, dove la discesa negli abissi continua, e con essa progredisce il deperimento psicofisico del protagonista. Infine con la conclusione del ciclo di studi in medicina, durante una seduta autoptica, dove il protagonista “esegue” su se stesso l’autopsia di un cadavere deceduto nel fatidico 27esimo anno, per un tumore, guarda caso, all’apparato genitale.
Il nucleo essenziale del romanzo, l’errore dell’occidente, la presunzione della superiorità conquistata con soprusi, stupri e guerre, da cui il titolo del romanzo, può essere condivisibile. Il linguaggio con cui l’autore cerca di trasmetterne il succo è troppo criptico. L’utilizzo di turpiloquio, bestemmia e volgarità, alternate a linguaggio tecnico-medico oppure a citazioni e parlata forbita, non suscita ne disturbo ne interesse, ma anzi l’insistenza su questo registro linguistico, chiaramente artificioso, risulta stucchevole e alla lunga noioso

Massimo Casolaro

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Ho iniziato questo libro senza sapere chi fosse l’autore ne quanti anni avesse o altre informazioni.
Mi sono tuffata alla cieca e mi sono addentrata in questo testo che porta a pensare a un’autobiografia ma anche a un’analisi quasi socio-psicologica e, infine, a vari racconti concatenati che potrebbero anche esser sfrutto di fantasia come di esperienze vissute da altri e condensate come se fossero di un unico soggetto.
Ci troviamo a scoprire un ragazzo che intraprende gli studi di medicina trovandosi davanti a dubbi e difficoltà che lo porteranno a praticare un Erasmus all’estero dove si confronterà con mondi, persone, pensieri e avvenimenti differenti da quelli che si aspettava; ma cosa ne uscirà?
Fin dalle prime righe appare una scrittura molto aulica in moltissimi punti; lessico colto, linguaggio forbito, quasi altezzoso da un punto di vista.
D’opposto c’è la sincerità quasi viscerale caratterizzata da narrazione sincera, vera, diretta e spudorataQuesti opposti si fondono delineando molto la personalità dell’autore, a mio modesto avviso, e creano le descrizioni necessarie per capire quello che secondo me è il nocciolo del libro, il messaggio che deve arrivare al lettore.I giovani di oggi così apparentemente spavaldi, goliardici, saccenti e anche egoisti in verità celano fragilità e paure che faticano a vedere e accettare.

Elenia Stefani

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Circolo dei lettori
di Pontedera "LaAV"
coordinato da Maia Rolli
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Bugiardo Occidente, libro di esordio di Arber Leba, consta di cinque racconti che vedono protagonista uno stesso personaggio, perché di questo si tratta, di un personaggio, a voler dar retta all’autore che nel prologo ci avverte che quell’IO narrante altro non è che un espediente letterario usato a mo’ di catarsi. La prima persona è una scelta stilistica che dovrebbe avvicinarci al narratore ma in questo caso ci troviamo di fronte a un protagonista respingente, e del resto lo stesso Leba afferma “identificandomi infine con tutto ciò che ripudio”. Uno studente, aspirante psichiatra, che con un uso della lingua ricercato, persino lezioso, ci racconta della vita universitaria a Bologna fatta di convivenze forzate, incontri disparati, amori consumati velocemente, droghe e notti insonni. Un protagonista che vede deteriorarsi la sua convinzione di essere un uomo superiore (di spirito, certo) dinanzi a un rifiuto, a un tradimento, e allora fugge a Lisbona, “la massima terra occidentale”, insieme a tutta la generazione Erasmus. Quello che Leba, attraverso dramatis personae, racconta è un uomo moderno materialista ed emotivamente inetto, un sistema sociale votato alla rovina e una vita come questione meramente organica. Emblematico l’ultimo racconto “Hic mors gaude”, a mio parere il più interessante, in cui assistiamo nel dettaglio a un’autopsia, che non è solo del corpo. “Non si può ricomporre un corpo distrutto e lacerato; nemmeno con le proprie paure, quando si vive, si riesce a fare di meglio.”

Maria Rolli

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Circolo dei lettori
di Matelica “Viola legge della libreria Kindustria”
coordinato da Francesca Chiappa
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Bugiardo occidente ha come protagonista un ragazzo estremamente fragile con problematiche di autostima e di inserimento che finisce per proiettare delle proprie difficoltà intrinseche sulla società che abita.
La difficoltà che abbiamo nel discernere le risonanze emotive suscitate dalle relazioni e dagli eventi in cui siamo immersi ci rimandano immagini di come è fatto il nostro mondo interiore e non può essere considerata una visione realistica di quel che è la realtà.
Confondere ciò che è soggettivo con quel che è oggettivo ci rimanda l’idea di una realtà distorta e questo a mia opinione è un problema in cui il nostro protagonista incappa continuamente.
Non credo che il titolo Bugiardo occidente possa essere considerato il filo conduttore della narrazione e non credo che sia l’occidente a dire bugie ma, che il bugiardo è dentro di noi e l’idea che la menzogna sia fuori di noi si traduce in un alibi e ci porta ad una ricerca continua ed affannosa di un capo espiatorio.

Consuelo De Amico

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Scritto in prima persona, rimane incastrato nelle gabbie delle convinzioni personali dell’autore, unite a aneddoti irritanti per maschilismo e egocentrismo che il lettore è costretto a seguire, spettatore passivo di un racconto che non ha alcuna vocazione universale. Bocciatissimo.



Francesca Chiappa

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Grandi lettori
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Faticoso, esagerato, delirante, doloroso. Sprazzi di una bella scrittura quando usa le parole di noi essere umani semplici, alcune volte quando si intravede una sua immagine più integrata ma anche più vera (quella di medico?).
Per il resto piuttosto vanaglorioso e fondamentalmente restituisce un senso di grande vuoto. E solitudine. E voglia di non essere capito. L’autore sembra odiare sé stesso e il genere umano.
Se descrive un suo complicato percorso, mi dispiace per lui. Ma credo che prima che tutto ciò possa diventare scrittura vera lo scrittore debba perdonarsi e impietosirsi della propria fragilità.
Senza tutta questa prosopopea e boriosa superiorità.
La struttura in capitoli che potrebbero essere racconti brevi di istantanee di brani di vita non aiuta la lettura ma se non altro ha il vantaggio di far tirare un sospiro di sollievo al lettore (io, in questo caso) che spera che la parte successiva sia più comprensibile e meno squallida.
E ogni volta viene puntualmente deluso.
Certamente ognuno ha i propri motivi per leggere e forse per qualcuno è un pregio vedere riprodotto qualcosa di simile al proprio senso di degrado emotivo o al proprio delirio. Ma non credo che siano molti coloro che possano apprezzare questo sprofondare, crogiolandosi e compiacendosi, nella propria psicosi.

Livia Tabanelli