< Chiunque di  Giusy Puglisi (Morellini)

Qui di seguito le recensioni di Chiunque raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

* * *

 

"Copriva di nulla la scala e veniva
la vita a vivere ancora" ... questo romanzo parla di chiunque e di ognuno di noi...
Giovani, adulti, vecchi, madri, padri sembrano pazzi o già morti ma non lo sono.
Sono pagine intrise di dolore, non luoghi, tristezza e ovunque, vuoti dell’esistenza
che i più non riescono a colmare, sono le nostre sofferenze ineludibili, i nostri lutti,
la nostra tristezza incolmabile, la nostra atavica solitudine.

Non si trova scopo, ci sono solo barlumi di sentimento e nessuna speranza.
Tuttavia è scritto con maestria, linguaggio crudo e chiarezza d’intenti.
Colpisce dritto al cuore...
e con il cuore pesante si legge d’un fiato fino all’ultima parola.

Claudia Rossi

* * *

 

Non è un romanzo ma una raccolta di frammenti di vita.
In un quartiere siciliano qualunque ,in un palazzo qualunque si svolge una mostra di fotografie umane, esteriori e interiori ,un insieme di assoli nella coralità che è la vita stessa. Ad ogni capitolo un protagonista diverso affronta le proprie paure,le proprie solitudini, i propri pensieri,spesso a confronto con il tema della morte ,nemica e amica.
Una scrittura schietta, diretta e non ipocrita descrive un mondo di pensieri che potrebbe appartenere a chiunque durante il corso della propria vita.

Giada Vasca

* * *

 

Di questo testo mi ha colpito la brutalità, la particolarità della scrittura, il non capire tutto subito, nemmeno rileggendo. Le pagine sono criptiche, le parole creano periodi semplici, diretti, pregni di significato, ma non immediati, sono ostici nel loro mistero. Stile originale, un racconto diverso del disagio e del dolore, del male di vivere e delle sofferenze. Un intrecciarsi di storie, un susseguirsi frenetico di personaggi, lo squallore della miseria e delle esistenze portate al limite, eppure tutto ci inchioda lì riga dopo riga. Un po’ disturba, un po’ ci incuriosisce, perché nessuno rinuncia a sbirciare nelle esistenze degli altri, anche le più deprecabili o le più tristi. Si fa leggere, fa riflettere, lascia quel senso di imbarazzo per verità scomode che non avresti voluto scoperchiare, ma che non potevi non sbirciare. Un libro attuale e spietato, che ti spiazza, ma a cui non puoi non affezionarti.

Jessica Di Pasquantonio

* * *

 

Un caleidoscopio di schegge di vite anonime unite dal filo conduttore della non significanza. L’autrice non si risparmia nell’elencare frammenti di vissuto di personaggi dolenti; dagli adolescenti già segnati nel momento stesso in cui si affacciano alla vita, passando per gli adulti che trascinano la loro esistenza prigionieri delle loro nevrosi, schiacciati dai drammi o dal nonsense della loro esistenza, fino alla senilità ottusa e sofferente, unica conclusione possibile. Fortissima l’eco dei “Vinti” di verghiana memoria così come la presenza della lezione pirandelliana in alcuni dei ritratti meglio riusciti. Si ha però l’impressione che il testo soffra per la mancanza di uno slancio vitale che non si nega neanche agli ultimi e che, dando respiro al romanzo, toglierebbe un certo alone bozzettistico. Il tutto è sorretto da una lingua accurata, decisamente apprezzabile, talvolta, però, non all’altezza della sua ambizione. Si legge con interesse ma si resta in attesa, come dinanzi ad un’opera incompiuta.

Patrizia Romano

* * *

 

Brevi capitoli che raccontano la vita quotidiana degli abitanti di un quartiere povero della Sicilia. La non storia narrata vorrebbe avere un tono neorealista e commovente, è invece un freddo elenco di disgrazie, meschinità, solitudini senza scampo e senza evoluzione. Evitabile.

* * *

 

Un libro poetico che racconta la gente di un quartiere della Sicilia con i suoi palazzi, il bar, la chiesa, l’ospizio e il cimitero ma dove il mare e il paesaggio naturale portano alla serenità, seppur effimera, del momento. Uno stile ricercato ma semplice e crudo. Personaggi qualunque, la maggior parte senza nome, vengono raccontati con la loro vita ordinaria e quotidiana nell’intimità delle loro case e in un intreccio delle loro storie colme di umanità. Si percepisce forte la fragilità dell’essere umano: i pensieri, le emozioni, il piacere di vivere ma anche il “desiderio” di morire e la caducità inesorabile della vita.

Adriana Moretti

* * *

 

malgrado non ami i racconti (troppo brevi, ho sempre
la sensazione di essere privata del resto della storia...) questo libro mi è piaciuto molto: le storie sono piccole ma molto intense e coinvolgenti!

Maddalena Gobbetti

* * *

 

***
Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lecce “Orti di guerra”
coordinato da Simona Cleopazzo e da Anna gatto
***
Il romanzo è un viaggio delicato e sofferto in una realtà di periferia legata dal filo del vivere comune. Le vite dei personaggi si intrecciano in un sorprendente labirinto di incroci che li uniscono e li separano di continuo. Bella la rappresentazione della quotidianità delle persone anziane e di come la vecchiaia cambi la prospettiva con cui si osserva il mondo attorno a sé. Scrittura densa e adulta, anche se a tratti le immagini, seppur bellissime, sono un po’ troppo stratificate e tolgono un po’ di scorrevolezza alla lettura.

Cristina Katia Panepinto

* * *

 

***
Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Rapallo “Amici del libro”
coordinato da Mariabianca Barberis
***
Non è un libro da leggere se si è giù di morale perché sono tante storie di perdenti, tristi, amare, senza speranza, a volte al limite dell’assurdo. Responsabile, un destino insensibile e spesso beffardo; sporadiche forme dialettali ci portano tra i personaggi di un quartiere siciliano con le case, il bar, la chiesa: si avvicendano brevi racconti che hanno come protagonisti vedove, anziani, sacerdoti, mendicanti, froci, puttane, un pazzo, una nana…
Quanto alla forma espressiva, il libro è piacevole quando la scrittura è scorrevole e “normale”, e non rappresenta una ricerca insistente del “diverso”, risultando così più godibile.  Per scendere in concreto, è difficile “digerire” espressioni del tipo appoggiò gli occhi sullo specchio o mancavano solo le scarpe, palazzi giganti da indossare alla fine o infine “l’attesa interminabile appoggiava le signore sulle poltrone”. Durante la lettura frasi di questo tipo generano un fastidio in chi legge che va a danno del libro.

Marinella Gagliardi