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Delicato e commovente, figure di donne memorabili, attenzione puntata sulla storia che si allontana ma che non dobbiamo dimenticare. Da leggere in compagnia di un calice di bianco Rueda. I profumi del vino esaltano le emozioni della lettura.
Paola Capaccioni
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Bel libro.
Trama avvincente e solida: tanti brevi capitoli, ciascuno con personaggi, tempo e luogo propri, convergono a comporre una immagine credibile di vicende drammatiche dell’ultima guerra in Italia e della traccia che ne rimane nelle persone, anche dopo decenni.
Solo all’inizio questa spezzettatura in capitoletti mi ha reso un poco difficoltosa/faticoss la comprensione.
Carlo Doroldi
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Bellissimo libro d’esordio che mi ha colpito per la sua prosa attenta ed incisiva.
Prendendo spunto dalla figura realmente esistita di suor Giuseppina De Muro, angelo custode dei detenuti nelle Carceri di Torino durante la seconda guerra mondiale, la giovane scrittrice ci accompagna in un viaggio nella storia più buia del Novecento.
Con i suoi personaggi coraggiosi, silenziosi e caparbi, coinvolge e commuove, ricordando a tutti quanti come la guerra sia sempre una battaglia corale: dei soldati, dei partigiani, ma anche degli uomini e donne che con le loro azioni eroiche hanno cambiato il destino dei loro simili.
Ottimo spunto per ricordare a tutti, soprattutto di questi tempi, che il passato e i ricordi sono preziosi: per salvarsi, riuscendo a guardare quanto rimosso dal dolore e per dire, come Elda, “Viva la Libertà, sempre.”
Valentina Magagni
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Nando Lapetina
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L’autrice si confronta coraggiosamente con una letteratura di grande
intensità e impegno civile. Sceglie di passare la Storia attraverso il
vagliodelle emozioni di chi resta impigliato nei suoi nodi più intricati
e dolorosi.
Ciò concede al suo testo una verità condivisibile dal
lettore, la possibilità di confrontarsi con le risposte che si aprono
alla scelta tra schierarsi e sottrarsi. Apre alle domande, ed è la
componente più coinvolgente del libro. La verità storica di alcuni dei
personaggi evidenzia un’accurata ricostruzione ma, a mio parere, produce
una descrizione in parte sterotipa che blocca la caratterizzazione e la
colora in monocromia. I buoni e i giusti assumono una positività a
priori un po’ enfatica. La deuteragonista Teresa ha il compito troppo
gravoso di interpretare la meschina chiusura di chi egoisticamente
rifiuta di sapere, occludendo sensi e sentimenti, rattrappendo l’animo
al punto da diffondere solo freddo e silenzio. La morte del figlio
imposto sembra affondare nel dolore e nell’afasia un impossibile
riscatto, un impossibile riconoscimento.
Daniela Randi
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Un’autrice giovane, al suo primo romanzo, molto brava con uno straordinario talento narrativo. Prendendo spunto da un fatto realmente accaduto l’autrice intreccia documenti e finzione. Si alternano i ricordi di un tempo e le vicende più recenti, in un ritmo che inizialmente procede lentamente probabilmente per non perdere nemmeno un dettaglio.
Si crea un legame più che credibile tra presente e passato; ne risulta che siamo ciò da cui proveniamo e che nessuno di noi puoi vivere davvero solo per se stesso. Molto bella e forte la figura di Teresa ormai ottantenne. Una donna che ha lottato tutta la vita per perdonare se stessa.
Adriana Moretti
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Margherita Tricarico
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Molti sono i personaggi, molte sono le storie familiari descritte in questo libro ambientate in Piemonte negli anni della seconda guerra mondiale e negli anni ’90. Le storie individuali e familiari viaggiano per buona parte del libro in parallelo senza un apparente legame tra loro . L’unico legame che sembra unirli sono i luoghi: il Piemonte ,Torino, la bassa piemontese descritte con maestria. Poi l’intreccio e il significato delle vicende comincia a delinearsi e ad entrare nel vivo, ma solo negli ultimi capitoli del libro s’intuisce l’essenza degli avvenimenti e tutto si riannoda. Personaggi e storie individuali s’intrecciano e si ricompongono in un finale spiazzante che ci consola e ci allieta .
Sorprendente soprattutto la figura di Teresa : in disparte e sfuggente rivela alla fine tutta la sua umanita’ ed equilibrio acquistando una sua piena e fondamentale collocazione nella narrazione.
Francesca Teza
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Nel suo libro Merletti parla con toni intensissimi di una storia che il lettore sembra quasi toccare con mano nella narrazione capace che l’autrice porge con molta grazia e capacità. Si ha la sensazione che di questa autrice ne sentiremo molto, molto parlare. Riesce a far emergere la drammaticità della grazia in maniera impressionante.
Ciò che la fa vincere su Lidia Ravera è la scrittura immediata, che invece la seconda autrice,la Ravera appunto, non ha in tutti gli angoli della sua scrittura che rimane molto piacevole e a tratti commovente. Ma la sua opera non ha i crismi dell’indimenticabilità, detto in tutto franchezza. Scrittura sì graziosa ma appesantita nei ritmi, che non catturano.
Giovanni Francesco Piccinno
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Bellagamba Agnese
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Per essere un romanzo di esordio è travolgente, non riesci a interromperne la lettura. La storia, raccontata in due momenti temporali diversi (1944 e 1999) è accattivante. La prima riguarda la crudeltà degli avvenimenti succeduti verso la fine della guerra in quel di Chivasso; la parte recente è la ricerca di un fratellastro, di cui non ha mai saputo l’esistenza, che porta a far riaffiorare un periodo e dei fatti che tutti vogliono dimenticare. Questo in primis da parte di Teresa che è tormentata da un gesto nobile che le è stato imposto dai fatti e non ha mai accettato fino in fondo, tanto da non averne mai parlato. Anche qui la sofferenza di Teresa è palpabile e non si riesce a capire quale sia il suo tormento. Tutti i personaggi sono descritti molto bene come pure i luoghi. Da consigliare
Cerri Franca
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Alcuni elementi simili si rincorrono nei due romanzi, un figlio
abbandonato, un segreto, donne che combattono, ma il risultato è ben
diverso nei due libri. Nel libro della Merletti ci troviamo davanti a
una storia vera (anche se romanzata) trattata con cura e attenzione.
Ogni personaggio, ben caratterizzato, partecipa alla riuscita del
romanzo. Una lettura piacevole e intelligente quasi un peccato leggerlo
tutto d’un fiato.
Ferrari Donata
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Sono entrambi letture molto valide. Dovendo però obbligatoriamente sceglierne uno, ho preferito dare spazio alle "voci nuove". Una vita di provincia descritta con la precisione millimetrica di un miniaturista, personaggi così reali che sembra di conoscerli. E, in un altro spazio temporale, uno sguardo ampio e lucido sugli orrori della guerra, e sulla caparbia volontà dell’uomo di porvi rimedio, continuando a coltivare la speranza. Storie che si intrecciano nella loro unicità, appassionando il lettore.
Manzo Agnese
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Un bel romanzo in cui la storia del singolo si intreccia con la Storia, scritto con maestria e cura
Marchiori Monia
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Giudizio che mi impone di sacrificare il libro della Ravera che tanto
ho apprezzato, ma penso che sia giusto premiare una autrice meno nota
che si cimenta con grazia e leggerezza in una storia, forse tra le
tante, di coraggio e di solidarietà che hanno visto protagoniste tante
donne, dentro le violenze della seconda guerra mondiale . È comunque un
ricordo che caratterizza le due storie, per la Ravera le storie di
terrorismo che hanno sconvolto la vita di tanti italiani e che la
protagonista porta impresse nel cuore, per la Merletti la ricerca di
una memoria da ricostruire che comunque ha segnato la vita. Comunque due
buoni libri.
Morano Guido
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Panico Donatella
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Mambrini Donatella
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Ceccotti Maria Luigia
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Sergio Moretti
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Baronciani Roberta
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Patuzzi Cristina
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Cardi Valentina
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Del Giudice Francesca
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Cicchetti Fulvio
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Mecozzi Enrica
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Testa Mauro
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Ticconi Elisa
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Zenobi Lucia
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Silvagni Cinzia
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Parma Vincenzo
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Spanò Greco Salvatore
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Alessandro Candiloro
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Una storia commovente sin dalle prime pagine questa di Aida e della sua famiglia. Si è con Aida nella fuga dalla sua casa in Bosnia subito prima della guerra, nella costruzione della nuova vita, quando la religione diventa fondamentale per mantenere l’identità delle origini, e quando la vita prosegue inesorabilmente. E si è con Aida quando dopo la guerra arriva il mostro della malattia. Non mi ha stupito che questo libro sia arrivato in finale allo Strega. Un linguaggio asciutto ma non per questo meno partecipe, che rende indimenticabili i personaggi. Forse qualche pagina in più non avrebbe guastato, che permettesse di accompagnare i personaggi in maniera meno frettolosa.
Rosangela Usai
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Al termine del secolo scorso una famiglia è colpita da un lutto inatteso; la madre del defunto, i suoi familiari e altre persone a lui legate ripercorrono eventi passati legati anche agli anni della seconda guerra mondiale. Vengono narrate le storie e le scelte fatte : chi si è opposto al regime fascista direttamente o indirettamente e chi non si è opposto per non compromettersi. Ma la non scelta è comunque una scelta che porta a conseguenze: “Se non si può fare come si vuole, as fà com as peul”. La narrazione si avvale anche di termini dialettali che rendono più realistico lo sviluppo degli eventi e lo spessore dei personaggi. I fatti vengono descritti senza ordine cronologico e questo appesantisce la lettura.
Marussia Pastacaldi
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Molto bello anche E poi saremo salvi , una storia lacerante che ci pone di fronte al problema dell’ integrazione , un libro che tutti dovrebbero leggere.
Alessandra Allegritti
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Tutti e due i libri letti secondo me meritano ampiamente di essere bocciati ma se proprio devo scegliere tra i due opto per"Ciò che nel silenzio non tace" piuttosto che "E poi saremo salvi" Questo solamente grazie ad una maggiore ricercatezza lessicale anche se abusata nella sovversione dei significanti.Tutto il resto: la stesura per capitoli completamente avulsi da un contesto generale lineare della vicenda, la dispersione inutile in rivoli di rappresentazioni pittoriche, anche notevoli per la capacità descrittiva ma che non hanno altro risultato che allontanare la mente del lettore dalla narrazione, l’eccesso ripetitivo di emozioni nei personaggi che li rendono deboli ed incapaci di rendere effettivamente una loro dimensione caratteriale...e mi fermo qui perchè supererei ampiamente il limite imposto dei 600 caratteri.
Minelli Anna Rita
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A dir la verità non mi ha entusiasmato nessuno dei due, ma visto che devo esprimere una preferenza propenderei per il primo, storie di vita vissuta e sempre attuale visto che l’immigrazione è sempre sulle nostre bocche, prevalentemente per parlarne male dimenticando anche di quando gli immigrati eravamo noi.
Annamaria Ciarrocca
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Il tema è importante, di quelli "alti" peccato che non lo è anche la scrittura.
Le vicende, fitte e affollate, non si dipanano con facilità e devo dire che ho avuto serie difficoltà a finire il libro, come raramente mi è capitato.
Linguaggio difficile, prosa faticata.
Un’occasione persa per raccontare con più passione una storia altrimenti molto bella
Vittorio Iansiti
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Ciò che il silenzio non tace , di Martina Merletti, rivela non solo una piena maturità stilistica ma anche una notevole capacità narrativa, mescolando storia e immaginazione per dare vita a una trama non priva di spigolosità, ma assolutamente convincente.
Una coraggiosa suora, pronta a tutto per aiutare chi ne ha bisogno, stringe tra le braccia un neonato per facilitarne la fuga dalla prigione. Elda, la madre, sarà trasferita su un treno diretto verso un campo di concentramento, lasciando alle proprie spalle il compagno Alfio, come lei contro gli assassini fascisti e nazisti.
Aila ha scoperto da poco il segreto di sua madre Elda: da qualche parte c’è un fratellastro maggiore che non ha mai conosciuto, salvato da una suora in tempo di guerra.
Elda ormai è morta, un’encefalite se l’è portata via.
Tra le numerose carte di una vita, Aila trova gli indizi per ricostruire l’accaduto, colmando i vuoti con una minuziosa ricerca, fino ad arrivare al nome di suor Emma, che da qualche anno s’è ritirata a Montevicino nel suo paese natio,
e la domenica è solita fare colazione al bar di Fulvio, dove tutti i paesani prima o poi passano per fare quattro chiacchiere o bere qualcosa di caldo.
Tutto il paese si è stretto attorno a Fulvio e alla sua famiglia – la madre Teresa, la moglie Agnese, il figlio Giacomo -, perché il fratello maggiore Gilberto è da poco morto, vittima di un incidente stradale. Ed è così che Aila scopre tutta la storia del fratello.
Partendo da un fatto di cronaca realmente accaduto, alternando i ricordi di un tempo e le vicende più recenti, l’autrice dà forma a un romanzo che riesce a creare un legame più che credibile tra presente e passato, dimostrando ancora una volta che siamo ciò da cui proveniamo e che nessuno di noi può vivere davvero solo per se stesso.
Ciò che nel silenzio non tace mi è piaciuto per la forza narrativa e la dura tristezza che accompagna tutta la storia.
Claudio Facco
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1944 una suora coraggiosa e ribelle riesce a fare uscire dal carcere un
neonato destinato a transitare con la madre a Birkenau. Dopo più di 50
anni una giovane donna scopre che quella vicenda la riguarda da vicino e
decide di seguirne le tracce.
Walda Tossani
Walda Tossani
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1944: una suora fa uscire dal carcere di Torino un neonato, figlio
di una detenuta che sta per essere deportata in un campo di
concentramento.
1999: Aila, alla morte della madre, scopre di avere
un fratello del quale non sa nulla e inizia a indagare sul suo conto. Il
romanzo intreccia personaggi e storie della prima metà del novecento e
contemporanei con una trama avvincente. Forse qualche episodio di
attualità non aggiunge valore alla storia nel suo insieme.
Gloria Balboni
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L’alternanza
temporale nella narrazione mantengono vivo l’interesse per la lettura.
La spasmodica, seppure ritmata, indagine di una storia/verità
informativa inerente il proprio pregresso percorso di vita favoriscono
l’intreccio tra la vita attuale e l’investigazione del passato.
Un
continuo andirivieni di porte aperte e chiuse verso la possibile verità
si interseca con la concreta vita vissuta. Con la sovrapposizione di
soggetti avvolti da ricordi e soggetti alla indagine volta
all’esplorazione degli stessi. L’utilità dell’inutile, inteso come tale
dalla norma, dal vivere comune e la cultura dell’accoglienza verso le
persone, di fatto sconosciute completano la graduale consuetudine
esplorazione del proprio vissuto. La fine della sicurezza di uno dei
personaggi che contempla la necessità di rivedere il proprio vissuto ed
adeguarlo.
GIUDIZIO: Il dramma di una ricerca tesa alla scoperta di una identità che comunque non dovrà intaccare l’attuale realtà.
Rosario Colaizzi
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Partendo da una storia vera, l’autrice inserisce gli spunti storici necessari per fornire una solida base alla narrazione, riuscendo a creare aspettativa e curiosità in noi lettori. La scrittura è veloce e le descrizioni molto leggere, talvolta troppo; i personaggi vengono quasi ’elencati’ e, al principio, ciò mi ha creato un problema nel memorizzarli. Nel complesso è però un libro ricco ed emotivamente appassionante.
Giacomo Zipoli
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Se questa sfida fosse un incontro di calcio, si affronterebbero una squadra ( E poi saremo salvi) che gioca in modo molto classico, lineare, ma molto efficace, pronto a colpire ogni volta che si presenta davanti alla porta avversaria e una squadra ( Ciò che nel silenzio non tace ) che ha sicuramente preparato molto la partita, ha studiato molto le tattiche, ma che in campo esprime un gioco eccessivamente elaborato e non sempre efficace.
E poi saremo salvi è un classico romanzo di formazione, un racconto che segue attraverso dei capitoli brevi sempre molto serrati, la storia di una bambina, Aida, che scappa con la madre dalla Bosnia al momento dello scoppio della guerra nella ex Jugoslavia e che cresce in Italia assorbendo la cultura del nostro paese fino a diventare un medico.
Un percorso non certo facile, che molto spesso entra in contrasto con le tradizioni, con il modo di pensare, con la religione delle proprie origini e dei propri genitori. Un percorso che si compie anche grazie a una coppia italiana di volontari che quasi adotta la bambina e la segue fino alla sua maturità.
Sicuramente c’è un lavoro di documentazione, ma c’è soprattutto una ammirevole attenzione alle trasformazioni psicologiche dei personaggi e dell’ambiente in cui si muovono. L’unico possibile appunto è forse che nella parte finale del libro cambi protagonista, in quanto l’interesse del racconto é sul fratello di Aida e il suo disturbo mentale.
Gianandrea Pecorelli