< Ciò che nel silenzio non tace di  Martina Merletti (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di CioCheNelSilenzioNonTace raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Delicato e commovente, figure di donne memorabili, attenzione puntata sulla storia che si allontana ma che non dobbiamo dimenticare. Da leggere in compagnia di un calice di bianco Rueda. I profumi del vino esaltano le emozioni della lettura.

Paola Capaccioni

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Bel libro.
Trama avvincente e solida: tanti brevi capitoli, ciascuno con personaggi, tempo e luogo propri, convergono a comporre una immagine credibile di vicende drammatiche dell’ultima guerra in Italia e della traccia che ne rimane nelle persone, anche dopo decenni.
Solo all’inizio questa spezzettatura in capitoletti mi ha reso un poco difficoltosa/faticoss la comprensione.

Carlo Doroldi

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Bellissimo libro d’esordio che mi ha colpito per la sua prosa attenta ed incisiva.
Prendendo spunto dalla figura realmente esistita di suor Giuseppina De Muro, angelo custode dei detenuti nelle Carceri di Torino durante la seconda guerra mondiale, la giovane scrittrice ci accompagna in un viaggio nella storia più buia del Novecento.
Con i suoi personaggi coraggiosi, silenziosi e caparbi, coinvolge e commuove, ricordando a tutti quanti come la guerra sia sempre una battaglia corale: dei soldati, dei partigiani, ma anche degli uomini e donne che con le loro azioni eroiche hanno cambiato il destino dei loro simili.
Ottimo spunto per ricordare a tutti, soprattutto di questi tempi, che il passato e i ricordi sono preziosi: per salvarsi, riuscendo a guardare quanto rimosso dal dolore e per dire, come Elda, “Viva la Libertà, sempre.”

Valentina Magagni

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Parma “Voglia di leggere Ines Martorano”
coordinato da Pietro Curzio
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Al centro della storia c’è un bambino, nato in carcere da una prigioniera destinata a Birkenau e portato fuori dalle mura del carcere con la complicità di una suora nascosto nel carrello della biancheria. Poi il romanzo si dipana in una straordinaria storia di donne dure e forti, provate da vicissitudini ed esperienze tutte diverse e importanti, che affrontano in solitudine, senza essere mai accompagnate da figure maschili altrettanto incisive e protagoniste.
Una narrazione a volte difficile, soprattutto all’inizio del racconto, dove si intrecciano, a volte faticosamente, le storie personali ed il tempo storico, il presente ed il ricordo, momenti in cui si rischia di perdere il filo del racconto. Una volta focalizzato l’intreccio del tempo cronologico e che si delineano le figure, le difficoltà scompaiono ed il racconto diventa immediatamente chiaro, forte ed avvincente.

Nando Lapetina

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L’autrice si confronta coraggiosamente con una letteratura di grande intensità e impegno civile. Sceglie di passare la Storia attraverso il vagliodelle emozioni di chi resta impigliato nei suoi nodi più intricati e dolorosi.
Ciò concede al suo testo una verità condivisibile dal lettore, la possibilità di confrontarsi con le risposte che si aprono alla scelta tra schierarsi e sottrarsi. Apre alle domande, ed è la componente più coinvolgente del libro. La verità storica di alcuni dei personaggi evidenzia un’accurata ricostruzione ma, a mio parere, produce una descrizione in parte sterotipa che blocca la caratterizzazione e la colora in monocromia. I buoni e i giusti assumono una positività a priori un po’ enfatica. La deuteragonista Teresa ha il compito troppo gravoso di interpretare la meschina chiusura di chi egoisticamente rifiuta di sapere, occludendo sensi e sentimenti, rattrappendo l’animo al punto da diffondere solo freddo e silenzio. La morte del figlio imposto sembra affondare nel dolore e nell’afasia un impossibile riscatto, un impossibile riconoscimento.

Daniela Randi

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Un’autrice giovane, al suo primo romanzo, molto brava con uno straordinario talento narrativo. Prendendo spunto da un fatto realmente accaduto l’autrice intreccia documenti e finzione. Si alternano i ricordi di un tempo e le vicende più recenti, in un ritmo che inizialmente procede lentamente probabilmente per non perdere nemmeno un dettaglio.
Si crea un legame più che credibile tra presente e passato; ne risulta che siamo ciò da cui proveniamo e che nessuno di noi puoi vivere davvero solo per se stesso. Molto bella e forte la figura di Teresa ormai ottantenne. Una donna che ha lottato tutta la vita per perdonare se stessa.

Adriana Moretti

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Parma “Voglia di leggere - Ines Martorano”
coordinato da Pietro Curzio
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Le atrocità delle dittature e delle guerre colpiscono le popolazioni e penetrano nell’esistenza di ciascuno, anche in quella di coloro che cercano di ignorare la tragica realtà e di viverne ai margini per restarne indenni. E’ ciò che vuole dirci l’autrice nel delineare la storia di una famiglia dei giorni nostri, padre, madre e due figli, nella quale i primi due hanno vissuto la realtà drammatica dell’occupazione nazista nel secondo conflitto mondiale. La loro quotidianità (siamo negli anni ’90) scorre sui binari della consuetudine, fino a quando, grazie alla volontà e alla tenacia di una giovane sconosciuta, che ricostruisce le vicende del passato dei suoi cari, vengono rivelati i drammi che hanno incrociato la vita dei due coniugi,durante l’occupazione  nazista a Torino. Essi si sono  trovati costretti, loro malgrado, ad adottare un neonato, sottratto con un sotterfugio dal carcere” Le nuove”, presidiato dalle SS e salvato da morte sicura, tenendo poi nascosta la verità durante la loro vita. Tutta la vicenda, ricostruita con la suspence che caratterizza le indagini nei gialli, rivela il rigore  dell’autrice nella ricerca della documentazione storica e, al tempo stesso, la sua abilità nel creare personaggi di fantasia che interagiscono con contesti autentici, come lei stessa dichiara.

Margherita Tricarico

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Molti sono i personaggi, molte sono le storie familiari descritte in questo libro ambientate in Piemonte negli anni della seconda guerra mondiale e negli anni ’90. Le storie individuali e familiari viaggiano per buona parte del libro in parallelo senza un apparente legame tra loro . L’unico legame che sembra unirli  sono i luoghi: il Piemonte ,Torino, la bassa piemontese descritte con maestria. Poi l’intreccio e il significato delle vicende comincia a delinearsi e ad entrare nel vivo, ma solo negli ultimi capitoli del libro s’intuisce l’essenza degli avvenimenti e tutto si riannoda. Personaggi e storie individuali s’intrecciano e si ricompongono in un finale spiazzante che ci consola e ci allieta .
Sorprendente soprattutto la figura di Teresa : in disparte e sfuggente rivela alla fine tutta la sua umanita’ ed equilibrio acquistando una sua piena e fondamentale collocazione nella narrazione.

Francesca Teza

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Nel suo libro Merletti parla con toni intensissimi di una storia che il lettore sembra quasi toccare con mano nella narrazione capace che l’autrice porge con molta grazia e capacità. Si ha la sensazione che di questa autrice ne sentiremo molto, molto parlare. Riesce a far emergere la drammaticità della grazia in maniera impressionante.
Ciò che la fa vincere su Lidia Ravera è  la scrittura immediata, che invece la seconda autrice,la Ravera appunto, non ha in tutti gli angoli della sua scrittura che rimane molto piacevole e a tratti commovente. Ma la sua opera non ha i crismi dell’indimenticabilità, detto in tutto franchezza. Scrittura sì graziosa ma appesantita nei ritmi, che non catturano.

Giovanni Francesco Piccinno

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Gruppo di Lettura  
“Biblioteca di Buccinasco”
coordinato da Silvia Mincuzzi
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Una storia molto intensa, personaggi veri, tridimensionali che balzano fuori dalle pagine e diventano persone reali, in un contesto storico di cui possiamo respirare l’atmosfera. Di Teresa mi sorprende la capacità di mantenere il segreto per tutta una vita, con assoluta naturalezza. Emma colpisce per il suo essere una suora “sui generis”, e poi la pacata Agnese e la tenace Aila. Punto di partenza uno scenario di guerra, ricostruito attraverso le vicissitudini di Teresa e suo marito, la complicità rischiosa di suor Emma e suor Giuseppina e soprattutto la terribile sorte di Elda. L’incipit instaura da subito una notevole tensione, che mi ha tenuta con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. Alla fine resta netta la percezione di che cosa abbiano significato in quel contesto il coraggio e la determinazione delle figure femminili.

Bellagamba Agnese

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Per essere un romanzo di esordio è travolgente, non riesci a interromperne la lettura. La storia, raccontata in due momenti temporali diversi (1944 e 1999) è accattivante. La prima riguarda la crudeltà degli avvenimenti succeduti verso la fine della guerra in quel di Chivasso; la parte recente è la ricerca di un fratellastro, di cui non ha mai saputo l’esistenza, che porta a far riaffiorare un periodo e dei fatti che tutti vogliono dimenticare. Questo in primis da parte di Teresa che è tormentata da un gesto nobile che le è stato imposto dai fatti e non ha mai accettato fino in fondo, tanto da non averne mai parlato. Anche qui la sofferenza di Teresa è palpabile e non si riesce a capire quale sia il suo tormento. Tutti i personaggi sono descritti molto bene come pure i luoghi. Da consigliare

Cerri Franca

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Alcuni elementi simili si rincorrono nei due romanzi, un figlio abbandonato, un segreto, donne che combattono, ma il risultato è ben diverso nei due libri. Nel libro della Merletti ci troviamo davanti a una storia vera (anche se romanzata) trattata con cura e attenzione. Ogni personaggio, ben caratterizzato, partecipa alla riuscita del romanzo. Una lettura piacevole e intelligente quasi un peccato leggerlo tutto d’un fiato.

Ferrari Donata

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Sono entrambi letture molto valide. Dovendo però obbligatoriamente sceglierne uno, ho preferito dare spazio alle "voci nuove". Una vita di provincia descritta con la precisione millimetrica di un miniaturista, personaggi così reali che sembra di conoscerli. E, in un altro spazio temporale,  uno sguardo ampio e lucido sugli orrori della guerra, e sulla caparbia volontà dell’uomo di porvi rimedio, continuando a coltivare la speranza. Storie che si intrecciano nella loro unicità, appassionando il lettore.

Manzo Agnese

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Un bel romanzo in cui la storia del singolo si intreccia con la Storia, scritto con maestria e cura

Marchiori Monia

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Giudizio che mi impone di sacrificare il libro della  Ravera che tanto ho apprezzato, ma penso che sia giusto premiare una autrice meno nota che si cimenta con grazia e leggerezza in una storia, forse tra le tante, di coraggio e di solidarietà che hanno visto protagoniste tante donne, dentro le violenze della seconda guerra mondiale . È comunque un ricordo che caratterizza le due storie, per la Ravera le storie di terrorismo che hanno sconvolto la vita di tanti italiani e che la protagonista porta impresse nel cuore, per la Merletti  la ricerca di una memoria da ricostruire che comunque ha segnato la vita. Comunque due buoni libri.

Morano Guido

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Bella storia e complessa, personaggi femminili molto ben disegnati e di peso nell’economia del racconto. La prima parte scorre molto bene, nonostante sia spesso qualcosa di simile a un rompicapo cercare di incasellare tutti i componenti del cast, ognuno con la propria storia personale, nelle diverse famiglie di cui si narra e nelle diverse epoche storiche. La seconda parte, poi, sembra non debba finire mai anche perché, non essendo difficile prevedere la conclusione, alcuni capitoli paiono inutili. Gradevole l’uso di alcune espressioni dialettali che calano il lettore nell’ambiente di volta in volta descritto.

Panico Donatella

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Circolo dei lettori 
di Grottaferrata “Un libro al mese della biblioteca comunale” 
coordinato da Lucia Zenobi e Cinzia Silvagni
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Veramente una bella opera prima.
I personaggi sono numerosi, ma nel prosieguo della storia si dividono in gruppi e sotto 
gruppi, per poi unirsi verso la fine.
Io non amo particolarmente i romanzi storici, ma questo è avvincente,  c’e’ un bel lavoro di ricerca dietro, anche se accompagnato da un buona dose di fantasia. Mi ha fatto ricordare 
’Il  pane perduto’ della Bruck, ma Edidh l’ha vissuto, la scrittrice no, quindi proprio brava a descrivere quel periodo.

Mambrini Donatella

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E’ stata una lettura avvincente, un’altalena tra due anni fondamentali, il 1944 e il 1999, un intreccio di vite vissute nel secolo scorso che tutte confluiscono nel futuro attraverso il giovane Giacomo, che nel 2003 si appresta a superare il test per entrare nell’Accademia delle Belle Arti. Mi ha favorevolmente stupito scoprire che questo romanzo è un’opera prima di una giovanissima scrittrice che riesce a mescolare finzione e realtà, passato e presente, attraverso una scrittura che le permette di ‘scolpire’ personaggi, luoghi. E in questo caso tutto il romanzo è sintetizzato efficacemente dal titolo!

Ceccotti Maria Luigia

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Cosa posso dire di male su Ciò che nel silenzio non tace? Ha il titolo troppo lungo. Questa è la critica che mi sento di scrivere su quest’opera. Questo è un romanzo che dopo che ci si è ambientati sa tenerti all’erta, vigile, fino alle ultime righe. Infatti si comporta come un ottimo giallo senza esserlo, senza che agenti o ispettori dalla vita familiare complicata si rompino il capo a farla più difficile di quanto spesso una storia non sia. Ciò che nel silenzio non tace è una lettura che arricchisce di ulteriori conoscenze sulla realtà non solo storica. Ci fa riflettere sulle contraddizioni umane, sui comportamenti spesso paradossali delle persone quando queste vengono costrette da drammatici eventi a prendere non facili decisioni.  

Sergio Moretti

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Il romanzo prende spunto da un fatto realmente accaduto e documentato. L’autrice ne fa un racconto romanzato pur rispettoso del vero. All’inizio si rimane un po’ sconcertati per l’alternanza dei ricordi di un tempo e le vicende piú recenti e si fa una certa fatica per non perdere dei dettagli che saranno utili per procedere nella storia. Si nota che, pur essendo un’opera prima, l’autrice dimostra stile e una notevole capacità narrativa.  
La storia è interessante e fa luce su un aspetto della storia del nostro paese che non va dimenticata. I personaggi sono ben delineati e caratterizzati. Le pagine che piú mi hanno colpito sono quelle in cui si parla, attraverso Elda, del dramma e delle difficoltà dei sopravvissuti o salvati come li definisce  Primo Levi e della consapevolezza di aver vissuto qualcosa di inenarrabile e incomprensibile. Elda afferma: "Quell’equilibrio psichico che noi poco per volta, con grande fatica, siamo riusciti ad ottenere, si fa presto a perderlo di nuovo ricordando".
Una nota sulla copertina: in un angolo a destra c’è questa domanda "Puoi fuggire alla Storia quando ti accorgi di farne parte?" La risposta è no.... La Storia è dentro di noi e ciascuno di noi è la Storia e da essa non possiamo fuggire



Baronciani Roberta

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A volte il silenzio può essere assordante, ce lo ricorda il titolo tratto da una poesia di Rainer Maria Rilke e ce lo dimostra questa opera prima di Martina Merletti. Un romanzo impegnativo dove la storia di due famiglie si intreccia con la storia della Seconda guerra mondiale, tra campi di concentramento e lotte antifasciste e sullo sfondo il carcere giudiziario Le Nuove di Torino, dove un gruppo di suore si distinse per rendere meno disumane le condizioni dei detenuti.
La storia inizia nel 1944 quando una mamma incarcerata affida a una suora il proprio bambino perché possa continuare a vivere in libertà e passando attraverso gli anni del dopoguerra prosegue nel 1999 quando Aila scopre tra i documenti della madre morta nel frattempo l’esistenza di un fratellastro (quel bimbo un tempo salvato dalle suore) e si mette alla sua ricerca.
Un romanzo avvincente e basato su una accurata ricerca di fonti e documenti storici, anche se la lettura risulta a tratti difficoltosa nell’alternanza tra i ricordi del passato e la narrazione del presente, alternanza non sempre omogenea nello svolgimento del racconto.
Da sottolineare a mio avviso la volontà dell’autrice di andare oltre la storia, con i suoi numerosi personaggi, per focalizzare l’attenzione del lettore sulle tristi vicende da molti ingiustamente subite negli anni terribili vissuti durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Un romanzo denso di storia e di storie.



Patuzzi Cristina

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Una serie di personaggi e relative storie che si alternano capitolo dopo capitolo, apparentemente disorientando il lettore, ma che ritrovano una strada comune nell’avanzare del libro grazie alla destrezza dell’autrice. Il libro segue le ricerche di una giovane ragazza che cerca di risalire all’identità di un fratello che non sapeva di avere, e nel corso della sua ricerca si alternano episodi dei nostri giorni e altri tra la guerra e il dopoguerra tra eventi crudi e dolorosi. Via via nella lettura ci si ritrova coinvolti inevitabilmente in un sentimento di grande tristezza soprattutto se si pensa che oggi a pochi passi dalla nostra nazione qualcuno sta vivendo situazioni simili, un libro molto commovente da leggere con l’opportuna consapevolezza emotiva.


Cardi Valentina

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Anche se non è riuscito a coinvolgermi del tutto, a causa della molteplicità dei personaggi, ne ho apprezzato lo stile e la scrittura di qualità. Consigliato agli appassionati di storia.

Del Giudice Francesca

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Il libro prende spunto da un avvenimento accaduto nel 1944, in piena seconda guerra mondiale, quando una suora salva il figlio di una detenuta del carcere di Torino e giunge fino all’Italia del 1999, con la descrizione dei personaggi e dei fatti che hanno caratterizzato il relativo intervallo di tempo.
Il racconto è caratterizzato da capitoli brevi che sono un continuo salto temporale ed a mio parere rendono troppo discontinuo il fluire degli avvenimenti narrati. La scrittura della Merletti è ricca di termini dialettali piemontesi che non sempre si riescono a capire in prima battuta, ma è più facile contestualizzarli nel racconto e nei dialoghi successivi
I temi trattati risultano comunque  ben approfonditi ed anche lo sviluppo della trama e la caratterizzazione dei personaggi. 

Cicchetti Fulvio

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Il libro mi è piaciuto molto. Intreccia 
in modo efficace realta’ storica e invenzione letteraria.
I personaggi sono ben delineati ed è messa bene in risalto l’atmosfera degli ultimi mesi di guerra intorno a Torino, con le angosce, gli orrori e la fatica quotidiana del vivere in mezzo a scelte difficili da compiere, a volte disumane.
Fra tutti i personaggi due sono le figure che spiccano ,a mio giudizio Suor Emma e Teresa.
Suor Emma testimone ruvida e pietosa insieme dello straordinario prodigarsi delle suore nel carcere Le Nuove di Torino assiste al salvataggio di innocenti creature figli di detenute destinate ad essere deportate in Germania.
Teresa è la donna che quasi suo malgrado accetta di prendere con se’ il bambino fatto uscire clandestinamente dal carcere.
Figura questa della madre adottiva
descritta con le sue fragilita’, le sue paure e con il senso di colpa per non essere stata forte tanto parlare della scelta fatta. Forte abbastanza pero’ da crescere il bambino insieme al figlio che le nasce e da tacere per amore dei due "fratelli".
La storia è incentrata sul segreto intorno al destino del bambino salvato da Teresa che la giovane sorellastra nata dopo il ritorno della madre dal campo di concentramento ricerca..
L’esistenza di questo fratello è svelata da alcuni documenti ritrovati fortunosamente dopo la morte della madre...
La ricerca da’ i suoi frutti grazie a Teresa la madre adottiva che ha custodito gelosamente il segreto e che sente arrivato il momento di non far piu’ tacere il silenzio che ha avvolto la vicenda lontana.
Con il suo racconto permette alla giovane di conoscere finalmente la verita’.
La scrittura emoziona e rivela sapiente capacita’ narrativa..
Ho molto apprezzato la documentazione storica che compare alla fine del libro

Mecozzi Enrica

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Una storia/romanzo come questa non può lasciare indifferenti. Questo aprire uno squarcio nelle nefandezze che attraversarono l’Italia dopo l’8 settembre del ’43, porta a scorgere tanti vissuti, silenti testimonianze, eroici atti. Nello stesso tempo fa capire che persone, nel bene e nel male, sono capaci di fare cose che nel resto della vita non avrebbero assolutamente mai fatto. La ricerca della verità fatta da una figlia, fa affiorare una vita complessa in cui il male era divenuto un segreto che anche chi lo aveva subito non osava svelare.


Testa Mauro

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La storia all’inizio è poco chiara, un intreccio di vite e di luoghi che ci raccontano quanta umanità c’è.

Ticconi Elisa

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Questi libri aiutano a conoscere le piccole “storie” che si muovono dentro la grande “storia” di una nazione, di nuovo il periodo della guerra di nuovo qualcuno che aiuta, che riesce a vedere l’uomo oltre le fazioni. Unico appunto, il racconto con sbalzi temporali non mi è proprio congeniale, ho fatto molta fatica a seguire la storia 

Zenobi Lucia

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Nel 1944, in un carcere torinese, una suora riesce a mettere in salvo il bambino di una detenuta destinata al campo di concentramento di Birkenau. Più di cinquant’anni dopo Aila, figlia della donna nel frattempo morta, scopre l’esistenza di un fratellastro, il bimbo salvato dalla suora.
Decisa a ritrovarlo, Aila comincia la sua personale indagine per svelare un mistero sepolto dal tempo e che sembra inviolabile. Bel romanzo, ben scritto, scorrevole, con personaggi ben delineati, che parte da una storia vera, documentata da fonti e documenti d’archivio, e va ad intrecciarsi inevitabilmente con la grande Storia. E nella narrazione che alterna passato e presente, ogni pagina ci coinvolge con la sua carica emotiva, toccando le corde più profonde dell’anima. Un esordio indimenticabile, consigliatissimo.

Silvagni Cinzia

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Uno dei miei problemi è che, generalmente, leggo più libri contemporaneamente e, direi, senza mai troppi problemi. Ho iniziato a leggere”Ciò che nel silenzio non tace”  con la stessa metodologia ma ho dovuto dedicarmi quasi subito, solo a lui. Molti personaggi, molti tempi, molto dolore, molta rabbia, molto risentimento. Forse troppo di tutto.
Quando, all’inizio del libro, la suora comprime quella pezza sul viso del neonato , io ho pensato che fosse il modo meno doloroso per farlo uscire da questo mondo marcio e quindi, quando ho ritrovato Libero/Gilberto alla fine del libro, è stata per me una splendida sorpresa; era morto ma da grande; aveva avuto la possibilità di godersi un lungo pezzo di vita che gli sarebbe stata, altrimenti, preclusa.
Direi che c’è molto anzi moltissimo. Complimenti all’autrice; tra le cose importanti ha reso splendidamente la impossibilità che avevano i reduci dai campi di comunicare quello che era loro accaduto; la sconvolgente sensazione di non poter comunicare e di non essere creduti (e questo, purtroppo, accumunava sia uomini che donne).
La scrittura scorre, le idee ci sono, l’intreccio è avvincente, i personaggi tratteggiati molto bene. Per essere un’opera prima tanto di cappello. Sentiremo parlare ancora di Martina Merletti, ne sono sicuro.

Parma Vincenzo

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Ispirata a una storia vera, quella di suor Giuseppina de Muro, superiora della sezione femminile del Carcere giudiziario Le Nuove di Torino che, nel 1944 salva un neonato. 
La storia ci porta al 1999, sempre a Torino, dove Alia, scopre che dalla madre Elda, che ha un fratellastro sconosciuto.
E’ un racconto sulla memoria, sul valore della storia come intreccio di trame di ciascuno che, anche inconsapevolmente, diventa protagonista.

Spanò Greco Salvatore

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Grando lettori
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La storia è stata molto interessante e mi ha incuriosito fin da subito sulla personalità della suora Giuseppina De Mauro.

Alessandro Candiloro

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Una storia commovente sin dalle prime pagine questa di Aida e della sua famiglia. Si è con Aida nella fuga dalla sua casa in Bosnia subito prima della guerra, nella costruzione della nuova vita, quando la religione diventa fondamentale per mantenere l’identità delle origini, e quando la vita prosegue inesorabilmente. E si è con Aida quando dopo la guerra arriva il mostro della malattia. Non mi ha stupito che questo libro sia arrivato in finale allo Strega. Un linguaggio asciutto ma non per questo meno partecipe, che rende indimenticabili i personaggi. Forse qualche pagina in più non avrebbe guastato, che permettesse di accompagnare i personaggi in maniera meno frettolosa.

Rosangela Usai

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Al termine del secolo scorso una famiglia è colpita da un lutto inatteso; la madre del defunto, i suoi familiari e altre persone a lui legate  ripercorrono eventi passati legati anche agli anni della  seconda guerra mondiale. Vengono narrate le storie e le scelte fatte : chi si è opposto al regime fascista  direttamente  o indirettamente e chi non si è opposto per non compromettersi. Ma la non scelta è comunque  una scelta  che porta a conseguenze: “Se non si può fare come si vuole, as fà com as peul”. La narrazione si avvale anche di termini dialettali che rendono più realistico lo sviluppo degli eventi e lo spessore dei personaggi. I fatti vengono descritti senza ordine cronologico e questo appesantisce la lettura.

Marussia Pastacaldi

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Molto bello anche  E poi saremo salvi , una storia lacerante  che ci pone di fronte al problema dell’ integrazione , un libro che tutti dovrebbero leggere.

Alessandra Allegritti

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 Tutti e due i libri letti secondo me meritano ampiamente di essere bocciati ma se proprio devo scegliere tra i due opto per"Ciò che nel silenzio non tace" piuttosto che "E poi saremo salvi" Questo solamente grazie ad una maggiore ricercatezza lessicale anche se abusata nella sovversione dei significanti.Tutto il resto: la stesura per capitoli completamente avulsi da un contesto generale lineare della vicenda, la dispersione inutile in rivoli di rappresentazioni pittoriche, anche notevoli per la capacità descrittiva ma che non hanno altro risultato che allontanare la mente del lettore dalla narrazione, l’eccesso ripetitivo di emozioni nei personaggi che li rendono deboli ed incapaci di rendere effettivamente una loro dimensione caratteriale...e mi fermo qui perchè supererei ampiamente il limite imposto dei 600 caratteri.

Minelli Anna Rita

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A dir la verità non mi ha entusiasmato nessuno dei due, ma visto che devo esprimere una preferenza propenderei per il primo, storie di vita vissuta e sempre attuale visto che l’immigrazione è sempre sulle nostre bocche, prevalentemente per parlarne male dimenticando anche di quando gli immigrati eravamo noi.

Annamaria Ciarrocca

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Il tema è importante, di quelli "alti" peccato che non lo è anche la scrittura.
Le vicende, fitte e affollate, non si dipanano con facilità e devo dire che ho avuto serie difficoltà a finire il libro, come raramente mi è capitato.
Linguaggio difficile, prosa faticata.
Un’occasione persa per raccontare con più passione una storia altrimenti molto bella


Vittorio Iansiti

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  Ciò che il silenzio non tace ,  di Martina Merletti,  rivela non solo una piena maturità stilistica ma anche una notevole capacità narrativa, mescolando storia e immaginazione per dare vita a una trama non priva di spigolosità, ma assolutamente convincente.
Una coraggiosa suora, pronta a tutto per aiutare chi ne ha bisogno, stringe tra le braccia un neonato   per facilitarne la fuga dalla prigione. Elda, la madre,  sarà trasferita su un treno diretto verso un campo di concentramento, lasciando alle proprie spalle il compagno Alfio, come lei contro gli assassini fascisti e nazisti.
Aila ha scoperto da poco il segreto di sua madre Elda: da qualche parte c’è un fratellastro maggiore che non ha mai conosciuto, salvato da una suora in tempo di guerra.
Elda ormai è morta, un’encefalite se l’è portata via.
Tra le numerose carte di una vita, Aila trova gli indizi per ricostruire l’accaduto, colmando i vuoti con una minuziosa ricerca, fino ad arrivare al nome di suor Emma, che da qualche anno s’è ritirata a Montevicino nel suo paese natio,
e la domenica è solita fare colazione al bar di Fulvio, dove tutti i paesani prima o poi passano per fare quattro chiacchiere o bere qualcosa di caldo.
Tutto il paese si è stretto attorno a Fulvio e alla sua famiglia – la madre Teresa, la moglie Agnese, il figlio Giacomo -, perché il fratello maggiore Gilberto è da poco morto, vittima di un incidente stradale. Ed è così che Aila scopre tutta la storia del fratello.
  Partendo da un fatto di cronaca realmente accaduto, alternando i ricordi di un tempo e le vicende più recenti, l’autrice dà forma a un romanzo che riesce a creare un legame più che credibile tra presente e passato, dimostrando  ancora una volta che siamo ciò da cui proveniamo e che nessuno di noi può vivere davvero solo per se stesso.
Ciò che nel silenzio non tace mi è piaciuto per la forza narrativa e la dura tristezza che accompagna tutta la storia.

Claudio Facco

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1944 una suora coraggiosa e ribelle riesce a fare uscire dal carcere un neonato destinato a transitare con la madre a Birkenau. Dopo più di 50 anni una giovane donna scopre che quella vicenda la riguarda da vicino e decide di seguirne le tracce.
Walda Tossani

Walda Tossani

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1944: una suora fa uscire dal carcere di Torino un neonato, figlio di una detenuta che sta per essere deportata in un campo di concentramento.
1999: Aila, alla morte della madre, scopre di avere un fratello del quale non sa nulla e inizia a indagare sul suo conto. Il romanzo intreccia personaggi e storie della prima metà del novecento e contemporanei con una trama avvincente. Forse qualche episodio di attualità non aggiunge valore alla storia nel suo insieme.

Gloria Balboni

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L’alternanza temporale nella narrazione mantengono vivo l’interesse per la lettura. La spasmodica, seppure ritmata, indagine di una storia/verità informativa inerente il proprio pregresso percorso di vita favoriscono l’intreccio tra la vita attuale e l’investigazione del passato.
Un continuo andirivieni di porte aperte e chiuse verso la possibile verità si interseca con la concreta vita vissuta. Con la sovrapposizione di soggetti avvolti da ricordi e soggetti alla indagine volta all’esplorazione degli stessi. L’utilità dell’inutile, inteso come tale dalla norma, dal vivere comune e la cultura dell’accoglienza verso le persone, di fatto sconosciute completano la graduale consuetudine esplorazione del proprio vissuto. La fine della sicurezza di uno dei personaggi che contempla la necessità di rivedere il proprio vissuto ed adeguarlo.
GIUDIZIO: Il dramma di una ricerca tesa alla scoperta di una identità che comunque non dovrà intaccare  l’attuale realtà.

Rosario Colaizzi

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Partendo da una storia vera, l’autrice inserisce gli spunti storici necessari per fornire una solida base alla narrazione, riuscendo a creare aspettativa e curiosità in noi lettori. La scrittura è veloce e le descrizioni molto leggere, talvolta troppo; i personaggi vengono quasi ’elencati’ e, al principio, ciò mi ha creato un problema nel memorizzarli. Nel complesso è però un libro ricco ed emotivamente appassionante.

Giacomo Zipoli

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Se questa sfida fosse un incontro di calcio, si affronterebbero una squadra ( E poi saremo salvi)  che gioca in modo molto classico, lineare, ma molto efficace, pronto a colpire ogni volta che si presenta davanti alla porta avversaria e una squadra ( Ciò che nel silenzio non tace ) che ha sicuramente preparato molto la partita, ha studiato molto le tattiche, ma che in campo esprime un gioco eccessivamente elaborato e non sempre efficace.
E poi saremo salvi è un classico romanzo di formazione, un racconto che segue attraverso dei capitoli brevi sempre molto serrati, la storia di una bambina, Aida, che scappa con la madre dalla Bosnia al momento dello scoppio della guerra nella ex Jugoslavia e che cresce in Italia assorbendo la cultura del nostro paese fino a diventare un medico.
Un percorso non certo facile, che molto spesso entra in contrasto con le tradizioni, con il modo di pensare, con la religione delle proprie origini e dei propri genitori. Un percorso che si compie anche grazie a una coppia italiana di volontari che quasi adotta la bambina e la segue fino alla sua maturità.
Sicuramente c’è un lavoro di documentazione, ma c’è soprattutto una ammirevole attenzione alle trasformazioni psicologiche dei personaggi e dell’ambiente in cui si muovono. L’unico possibile appunto è forse che nella parte finale del libro cambi protagonista, in quanto l’interesse del racconto é sul fratello di Aida e il suo disturbo mentale.

Gianandrea Pecorelli