< Dalla via Emilia a San Pietroburgo di  Tiziano Bisi (Quodlibet)

Qui di seguito le recensioni di DallaViaEmiliaASanPietroburgo raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Un libro di viaggio originale, schietto, sincero. Visto e vissuto con occhi veri, non attraverso cataloghi da agenzia turistica. Mezzi arrangiati, racconti di vita. La vera essenza del viaggio, l’essenza è anche nelle persone che incontri. Sarcasmo e stereotipi non mancano. Interessante.

Debora Ravasio

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Dalla via Emilia a San Pietroburgo è un itinerario sentimentale, autenticamente autobiografico, durante il quale l’autore ci accompagna alla scoperta di luoghi, tradizioni e culture lontani. E non mancano nemmeno i richiami alla grande letteratura russa. Il libro non è il solito racconto di viaggio o l’ennesima guida destinata a chi è in procinto di partire verso Oriente. È un racconto che da Bologna a San Pietroburgo ha per protagonista un viaggiatore con le proprie emozioni e paure.

Eleonora Ravagli

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Leggendo il libro di Bisi si ha l’impressione di avere anche noi lo zaino in spalla e di procedere con lui nel viaggio verso la Russia. Lo spirito di un viaggiatore, si sa, varia: c’è chi ama l’avventura e chi le comodità, ma ciò che accomuna entrambe le tipologie di "viaggiatore" è la ricerca di un senso nuovo nel viaggio, un senso che possa far riflettere o che offra una spunto per capire fino in fondo il senso della vita. Quello che emerge, tra le righe di questo bel libro, è proprio questo: un approccio filosofico al viaggio, al significato che ne può derivare. Lo stile, nonostante sia ricco di termini tecnici ( anche non in Italiano ), è scorrevole e piacevole. Insomma, un bel viaggio stando seduti comodamente sul divano.

Marina Agostino

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"Dalla via Emilia a San Pietroburgo" mi ha conquistata sin dalla prima pagina.
Avvincente con uno stile diretto. Non è semplicemente il racconto di un viaggio, è la scelta del viaggio stesso. Molto belle le citazioni letterarie.

Rita Li Vecchi

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Bisi vuole metterci dentro molto, tutto quello che può, ed è innegabile che riesca a trasmettere un’energia, un viaggiare in presa diretta. Restituisce un’esperienza, non c’è che dire. Forse un po’ troppa enfasi nelle pagine, un po’ troppo bazar letterario, ma mi piace che qualcuno provi a ’fare’ il Céline dei nostri giorni.

Francesco Rossetti

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Bruttissimi entrambi, se devo scegliere voto Dalla via Emilia a San Pietroburgo, perchè non pretende di rivelare nessuna verità e mostra Kiev  com’era prima della guerra con occhi neutri. Una perdita di tempo, comunque [l’altro libro è Torniamo a respirare]

Annamaria Gattulli

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Questo saggio mi ha inizialmente incuriosito poi, man mano che procedevo nella lettura, mi sono annoiato ed infastidito. L’autore è molto critico nei confronti dell’umanità anche se ci sono tanti esseri umani così....ma quello che mi ha "turbato" è stata la parte finale, il messaggio egocentrico e la sua considerazione del lettore.
A questo punto poteva anche risparmiarsi 330 pagine di diario di viaggio.

STEFANO DELLA VENTURA

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Dall’Italia verso la Russia: un viaggio che da personale, narrando vicende comuni, diventa corale e universale. Ideale da leggere in questi mesi dove spesso le vicende attuali hanno influenzato erroneamente il pensiero su una cultura e una storia millenaria e che ci ha formati (anche se pochi lo sanno).

Carmela Rago

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Bello, spiritoso. Mi sono divertito.

Salvatore Sciorio

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L’Appennino di Vanoli gira attorno a Bologna, in un percorso che dalla chiesa di San Luca passa da Sasso Marconi e Vergato, Roncobilaccio e Porretta. L’Appennino non ha la maestosità delle Alpi, né la tragica grandezza delle catene montuose asiatiche. La sua dimensione è familiare, ti si raccoglie intorno come una casa. E di una casa ha le caratteristiche: gli ambienti conosciuti, i ricordi, i vecchi oggetti di sempre. La dimensione dell’Appennino raccontato da Alessandro Vanoli è memoria storica e personale: le pietre che costruiscono letteralmente lo spazio e il tempo del cammino, con gli alberi, i fiumi, i luoghi abitati o abbandonati; gli appuntamenti con gli amici a illuminare quel certo tratto di strada e l’apparizione dei personaggi che vi hanno vissuto; l’intrecciarsi dei corsi d’acqua che vanno verso il Reno, l’Old Man River che contiene la grande Storia e le piccole storie che Vanoli ci mette, casualmente, sul cammino. E dappertutto, a fermarti e farti pensare: le Pietre, tema e motore del libro. Una lettura calda, da storie accanto al camino.

Massimo Silva.

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Libro scritto a partire dal 2008 e terminato durante i giorni dell’isolamento, nel periodo in cui era vietata la circolazione a causa della pandemia. Il testo racconta il viaggio alla scoperta della Russia attraverso l’Est europeo, fino al mare di Barents e ritorno. Sicuramente emergono un grande amore per la letteratura russa e la ricerca di sé attraverso una fuga anticonvenzionale in pullman e in treno. La scrittura risulta originale, aggressiva, ma la freschezza narrativa, a mio avviso, talvolta è condizionata da un contesto ripetitivo.

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Il racconto di un lungo viaggio da Bologna fino a Murmansk, ai confini del mondo. “Un libro nuovo, geniale e dallo stile inaudito e che farà infuriare gli imbecilli” scrive l’autore. Un libro in cui - scandisce sempre l’autore - ci ho messo la mia anima, il mio corpo, il sangue del mio cuore. Un libro sorprendente - queste sono invece parole mie - pieno di riflessioni storiche, letterarie, di vita quotidiana. Un libro affascinante, un po’ anarchico, con tratti a volte provocatori. Felice di averlo letto!

Enrico Giacinto

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L’idea non è dispiaciuta anche se il protrarsi del personalismo poi non fa seguire bene il racconto.

Giuliano Cecchetto

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“Questa opera, scritta con il sangue del mio cuore”, come recita l’exergo introduttivo, risulta francamente insopportabile alla lettura. Un’io ipertrofico e ipernarcisista è in fuga verso un imprecisato Altrove. Perché? “perché la vita è un inganno” e “questo mondo una gabbia”. Vuole scendere, vuole smettere di appartenere “a una società che è un vampiro, a un lavoro, a una nazione”. Questo sedicente novello Zarathustra deve partire: “perché io adoro la libertà. Devo partire perché ne ho abbastanza di rigirarmi nella merda [sic] fin qui!”. Verso dove? Naturalmente “avanti, fino alla fine del mondo”. Ancora perché? “Perché provo disgusto di tutto e di tutti. Perché sono stordito dal niente che mi circonda, perché lo schifo mi soffoca”…
Siamo solo all’inizio e via di questo passo per 380 pagine. Questo io, nauseato e ubriacato dai suoi penosi contorcimenti, se ne va “in giro randagio per la Terra a cazzeggiare”. Perché rifiuta il lavoro, visto che “tutti i lavori sono delle gran porcate”. Perché “ siamo tutti tumulati come scimpanzé in una banca, una fabbrica, un ufficio postale, una scuola pubblica”. E, allora, quale alternativa? “Voglio respirare il profumo dell’alba che sa di benzina in solitarie stazioni di servizio della Lettonia”. No, francamente, non ce l’ho fatta a continuare e ho proceduto saltando qua e là. Ma la musica era sempre quella, monotona e stonata, risuonante da questo io-simil-Zarathustra. Il resto mi sembra un modesto diario di viaggio nell’Est europeo, tra Varsavia, Riga e soprattutto San Pietroburgo. A tratti la narrazione è riscattata da ascendenze letterarie e da rapide ricostruzioni storiche, ma il tutto non risulta incisivo ed attraente.

PAOLO QUINTAVALLA

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Odissea verso la Russia che attraversa l’Est con mezzi inusuali.
Ben scritto e pieno di curiosità tende ad essere dispersivo nelle ultime pagine.

Ilario Gradassi