< Disordini di  Michele Ainis (LaNaveDiTeseo)

Qui di seguito le recensioni di Disordini raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Un viaggio nell’assurdo, all’inverso: con echi kafkiani si apre con l’inaccetabile e lo chiarisce, lo declina, lo rende quotidiano e diffuso. Non per questo meno assurdo: svela, però, come l’impensabile possa diventare lentamente abitudine. Il richiamo alla nostra assuefazione al contesto pandemico è evidente, ma non necessario per seguire Oscar nel suo percorso che irretisce e resta, come è giusto, aperto e senza soluzione. Piccolo neo: la sua sospensione di giudizio diventa anche la nostra, col rischio di restare, per tutto il tempo del racconto, un po’ ai margini, ad osservare a braccia conserte.

Sara Prontera

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Ho subito pensato a Pirandello, naturalmente, a Vitangelo Moscarda e alla sua straordinaria esplorazione dei vari sé in "Uno, nessuno, centomila". Ci ho pensato senza fastidio, senza trovare piaggeria, riconoscendone un omaggio nella scrittura. Il professor Oscar è un personaggio ben inquadrato, sia nei comportamenti sia nella psicologia sottile. Ci racconta il vuoto di oggi, con disillusa limpidezza.

Deborah Vianello

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l’espediente magico mi ha ricordato un film georgiano (What do we see when we look at the sky?) che ho amato molto. il tema dell’identità perduta e scolorita accompagna il protagonista fin dalle prime pagine. i suoi dubbi, il suo agire riflettono un timore che proveremmo tutti: perdersi e non trovarsi più.

Immacolata Di Bari

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Cosa succederebbe se un giorno ci svegliassimo con una faccia che non è più la nostra? E’ quello che succede a Oscar, il protagonista di questo libro, che affronta la situazione forse nell’unico modo possibile: ritornando al sé stesso del passato, con le conseguenti illusioni e disillusioni che questo comporta. Ma al passato di Oscar si aggiungono nuovi personaggi e, fra chi studia il vuoto e chi ha paura dell’acqua, veniamo catapultati in un vortice in cui quello del protagonista non è più un destino isolato. Così, in una tranquilla e fuori stagione Roseto degli Abruzzi, assistiamo all’evolversi di quella che è una vera e propria epidemia. La voce narrante si allontana, con un effetto zoom al contrario, per mostrarci una Roseto assediata dai militari, dove è normale uscire con il passamontagna (difficile di questi tempi non pensare a un’allegoria di un’altra epidemia, che ci ha portato a coprire una buona porzione del volto, considerandolo ormai normale). Il tono quasi distaccato della narrazione favorisce un’idea di leggerezza e anche di credibilità: non fatichiamo a calarci immediatamente nella situazione, l’essere umano è noto per la sua capacità di adattamento.
Il libro lascia poi un finale aperto: il protagonista è mostrato in viaggio verso il sé stesso di prima. Cosa succederà? La risposta è lasciata all’immaginazione del lettore.

Serena Caputo

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Avvincente, da leggere tutto d’un fiato.
Man mano che si procede con la lettura si vedono sempre più nitidi i contorni della pensione Cacioli e della spiaggia di Roseto che l’autore dipinge intorno al lettore con tratti delicati ed intimi.
Pure nelle pause nella lettura il pensiero va ad Oscar, curiosi di sapere se lo si ritroverà ancora cambiato al prossimo capitolo.

Virginia Bigaran

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Romanzo dalla prosa incantevole con reminiscenze kafkiane e pirandellesche.

Linda Politi

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In un’atmosfera a metà tra il distopico e le sceneggiature tipiche dei romanzi di pirandello ci ritroviamo ad affrontare il problema relativo all’identità, alla percezione di noi stessi, messa a rischio da una malattia che cambia i connotati di chi ne è affetto. Sarà attraverso il peregrinare di un professore associato alla Sapienza che avremo modo di seguire questa strana e bizzarra vicenda, sullo sfondo delle più svariate reazioni sociali che ci permettono indirettamente di fare i conti con la nostra personalità e con quanto riteniamo importante l’aspetto esteriore al giorno d’oggi.

Giulia Muccioli

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Accattivante lo spunto iniziale, e curiosa l’ambientazione. Mi è sembrato però che la trovata nel procedere del racconto si complichi e non ho capito dove voglia portarci l’Autore. Forse che , qualunque faccia assumiamo, siamo sempre noi? Magari quelli "della pietra e della fionda".
Comunque una lettura piacevole.

Antonella Fagherazzi