< E questo è niente di  Michele Cecchini (BollatiBoringhieri)

Qui di seguito le recensioni di EQuestoENiente raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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La scrittura incantevole dell’autore ci porta a conoscere la vita di un bambino tetraplegico, Giulio. Lui non parla, non si muove ma osserva gli altri, i cosiddetti normali. Usa un modo scherzoso e scanzonato per descriverli e parte dai pezzi di mondo che ascolta, quelli permessi dalla sua condizione. Una vita nascosta per "evitare discorsi" con le persone esterne alla famiglia. Ha sedici anni ma ne dimostra molti meno, lo si vede da come usa le parole. L’autore ha fatto un grosso lavoro sulla lingua, la scrittura meravigliosa e delicata ci porta all’interno di questa vita senza cadere in luoghi comuni , la specialità, o la pietà. Si entra in contatto con il pensiero di chi non ha dignità come persona, come essere, fino a quando non incontra i medici alla rovescia. Sono quelli come Adriano Milani che girano casa per casa per levare dall’ombra queste vite. L’intensità del racconto ci porta a vedere le cose in modo diverso, nel modo di Giulio, a trasformarci fino a capire che la mobilità non equivale a felicità.

Susanna Scabbiolo

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Forse la scelta di fondo di questo romanzo - l’io narrante, il registro linguistico, la divisione in componimenti - si rivela in parte una forza, in parte una debolezza.
L’effetto iniziale è assicurato, il lettore si lascia prendere da quel punto di vista nuovo e inusuale e le aspettative crescono. Si arriva fino alla fine, anche con interesse, ma il rischio, concreto, è quello di infrangersi contro una prospettiva unica e totalizzante, a volte forse un po’ troppo artificiosa.
A scommettere tutto su una sola carta ritenuta vincente ne possono risentire varietà, tridimensionalità e autenticità dell’esperienza di cui si scrive e della voce di chi scrive.

marella stanzione

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"E questo è niente" è, se dovessi dirlo in una sola frase, la storia di una vita vuota solo per chi ne è spettatore.
Con una prosa semplice, farcita di ironiche false incomprensioni, osservazioni e battute sagaci lasciate cadere lì come per sbaglio - ché l’io narrante si schernisce della propria limitatezza pur dimostrando quanto invece è più sapiente, cioè saggia e anche saporita, la sua vita rispetto a quella di molti "normali" che gli gravitano intorno - l’autore rende accessibile e leggera una realtà difficile come quella di un tetraplegico. La storia del protagonista corre parallela a quella di un mistero che sconvolge la via in cui abita, ma le due non si parlano mai del tutto. Spesso la seconda fornisce gli spunti per approfondire la prima e poco più, ma tanto basta a rendere comunque la lettura scorrevole e piacevole, mentre ci si affeziona ad un "coso" (così il protagonista si rivolge spesso a sé stesso) che ripercorre con noi il passato della sua famiglia e ci permette di accompagnarlo nel suo presente.
A mio avviso, il punto di forza maggiore del libro è proprio la leggerezza della narrazione, che è un piccolo miracolo a fronte degli argomenti trattati. Questo dona all’opera la possibilità di incantare grandi e piccoli, con i diversi livelli di lettura che lo rendono in grado di dare qualcosa a chiunque.

Gianmarco Dell’Uomo

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"E questo è niente"
Un punto di vista originale e molto interessante da parte di "Coso lì", che mette in rilievo la piccole grandi manie di noi "normali".

Salvatore Gabrielli

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Spesso quando leggo libri narrati da giovani protagonisti non riesco ad essere coinvolta dalla storia, invece Giulio mi ha spiazzata e mi ha messo per la prima volta di fronte a un punto di vista che mai avrei immaginato di leggere.
La storia della letargia fa solo da sottofondo al piccolo mondo del protagonista, che capta e assorbe tutto quello che ascolta, che ha una fantasia galoppante ma anche una razionalità fuori dall’ordinario.

Fabiana Laurenzi

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Incredbilmente lieve per le tematiche trattate, è un piccolo tesoro delicato di letteratura.

Francesco Soprana

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Tutte le vite sono possibili e tutte le prospettive che leggono il mondo sono plausibili.
Ce lo insegna il protagonista di questo romanzo con un’evidenza disarmante.
Egli è un ragazzo tetraplegico dalla nascita e la sua malattia è una prigione che lo priva di ogni autonomia, lo rende dipendente da chi si occupa distrattamente di lui e si limita a interazioni elementari che riguardano solo i suoi bisogni fisiologici primari. Ma lui la “corteccia” ce l’ha, e capisce tutto ciò che i suoi sensi attivi, vista e udito, gli consentono di percepire del mondo che lo circonda. La vista è limitata dalla posizione e dal posto in cui la nonna lo mette, ma l’udito è sensibilissimo, anche perché gli altri non credono che lui possa capire le loro parole.
Eppure ha imparato a decodificare la lingua dei normali, anche se molti significati sfuggono alla sua comprensione; ma lui ci lavora sulle parole, le scompone e ricompone finché non capisce.

Qui si rivela la genialità di Michele Cecchini: il suo estrarre significati dalle parole che ne colgono il significato autentico, con semplicità, evidenza, naturalezza, senza ricorrere alla loro etimologia e senza servirsi della semiologia. Non si vede l’artificio letterario, che c’è ma non si vede.

La storia è edificante, celebra la vita, attraverso l’esistenza ridotta di un ragazzo che per noi normali vegeta, non vive; eppure lui la ama la vita, ama gli altri che trova formidabili (come il nonno), oppure infelici assai più di lui, come il babbo e la mamma, e non li giudica perché li guarda senza pregiudizi, con un’innocenza disarmante.

PIA CAMNASIO

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E QUESTO E’ NIENTE

In un piccolo borgo della campagna fiorentina degli anni ’60, vive Giulio, un ragazzino tetraplegico che guarda il mondo dei “normali” dalla posizione orizzontale del suo lettino, cercando di carpire tutto ciò che succede intorno a lui: dal mistero delle persone che improvvisamente diventano letargiche alle vicende della sua famiglia sgangherata, dove il padre è morto, la mamma lo ha abbandonato, il nonno è un dottore-supereroe e la nonna onnipresente fa del proprio meglio per il suo “Coso”-nipote. Giulio, nonostante la sua condizione, non rinuncia ad essere felice e la felicità arriva grazie ad un collega del nonno, il dr. Milani, che si adopera affinchè tutti bambini come Giulio possano trovare una dignità di cure e assistenza e realizza il suo sogno più grande, vedere il mare .
Il linguaggio volutamente semplice, bambinesco, non è mai banale: racconta in modo semplice le vicende di un bambino “diverso” dai “normali” e che, nella realtà, non ha voce, ma che mostra al lettore il mondo visto dalla prospettiva di un tetraplegico.

Viviana Varani

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Formia “"I lettori della libreria Tuttilibri"”
coordinato da Enza Campino ed Eleonora Ortolani
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Questo romanzo è una carezza per l’anima, ispirato a una storia vera, o meglio, a tante vicissitudini reali che l’autore ha sentito raccontare dal padre Sergio, a cui il libro è dedicato. Sergio fu allievo e membro dell’équipe di Adriano Milani, medico e fratello maggiore del più famoso don Lorenzo, maestro a Barbiana, e tra i primi in Italia a occuparsi dei diritti delle persone con disabilità, spesso recluse in casa o nascoste dalle famiglie per vergogna.
Quando capita di imbattersi in una scrittura piacevole e lieve, per quanto allo stesso tempo cruda, come quella di Michele Cecchini, è difficile lasciare il libro per dedicarsi a qualcos’altro.


Eleonora Ortolani

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Circolo dei lettori
di Roma 6 "Barbara Cosentino"
coordinato da Cecilia Gabrielli
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È stato un voto doloroso quello che non ho dato a Michele Cecchini che ha raccontato con sensibilità e delicatezza una storia molto bella. La scrittura è una carezza. Consigliato agli appassionati di medicina narrativa e non solo. Mi dispiace aver dovuto scegliere.

Cecilia Gabrielli