< Fili di rame e d’amore di  Michele Caccamo (Elliot)

Qui di seguito le recensioni di FiliDiRameEDAmore raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Sorprendete scoperta che accresce l’interesse verso i fatti storici, svelando un ramo nascosto della guerra. Il lavoro di riportare dignità e un senso di normalità a chi l’ha involontariamente perduta, è un grande gesto di umanità da conservare come monito per il futuro.

Sara Zanotti Fragonara

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Fili di rame e d’amore è una bella scoperta, mi ha colpito subito la storia, lo stratagemma del diario ritrovato in funzione della narrazione. Il diario ritrovato di Anna Coleman Ladd da parte di Rove e Jolie permette allo scrittore di muoversi tranquillamente su piani diversi.
Il tutto con una scrittura elegante, precisa, cesellata.
La lettura, per uno strano scherzo del destino, è arrivata proprio nei giorni in cui le armi hanno ripreso a parlare nella nostra Europa, portandomi con la mente a tutte le vittime che, purtroppo, porteranno nella carne e negli occhi la devastazione, ridotti a “brandelli di pelle e di anima”.

Salvatore Cuna

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Ho trovato il libro interessante per la tecnica narrativa utilizzata, ovvero la resa di un mondo futuro e distopico che si svela pian piano attraverso la lettura di un diario dal passato posto in antitesi. Anche lo stile dell’autore mi ha colpito, studiato e breve pone l’accento su determinate parole che assumono un ruolo fondamentale tanto da divenire vere e proprie chiavi per la comprensione delle proposizioni e della narrazione stessa

Susanna Tomasin

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Un libro che non prende, per una modalità “distante” di scrittura. Non si entra nel mondo di Rove, che risulta sempre troppo freddo, né in quello fittiziamente vero di Anna Coleman Ladd. Inoltre, l’atmosfera risente di atmosfere alla Orwell o alla Bradbury, senza riuscire a coinvolgerci né sulle discussioni nel presente narrativo né sulle pur interessanti incursioni nel passato “storico”. Un vero punto positivo è la riscoperta della scultrice antesignana dei chirurghi plastici, che, attraverso maschere di caucciù e rame, cercò di ricostruire le facce deturpate dalla guerra dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale. Ma il salto logico tra quelle ricostruzioni ed il lavoro del Governo Mondiale è molto ardito. Si capisce lo shock di aver passato due anni con mascherine pandemiche, ma ciò non giustifica lo scritto. Interessante l’uso dei microracconti sui deturpati post-guerra, ma resta un po’ fine a sé stesso.
Due evidenti errori che si poteva evitare in stampa. La storia di Jerome finisce a pagina 75, poi il nome ricompare a pagina 79, ma si sta parlando di Igor. Quindi, a pagina 92, la frase “sono strumenti potenti di ri-civilizzazione potenti” non mi pare sensata (qualche potenti di troppo).

Giovanni Leonori

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Una riflessione distopica sul concetto di Male. Tentativi di ‘riparazioni’, maschere per tentare ancora di vivere. Giusta la misura e il linguaggio.

Caterina Rega

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Angoscianti assonanze con la ns quotidianità, cupo ed austero

Maura Caré

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Michele Caccamo

Fili di rame e d’amore

Lit Edizioni 2021



Come un fiore inaspettato, l’idea di un diverso intendere i rapporti umani si accende al ricordo di momenti di appassionata comprensione delle disgrazie altrui. La compassione, la particolarità di ciascuna vittima della guerra mettono in crisi il modello di una civiltà distopica, futuribile, che molto assomiglia alla quella attuale. Una coppia di ricercatore lanciano una sfida, contro la violenza e l’omologazione. Il loro sacrificio però non sarà consumato, bruciato dal tragico vuoto di valori, dalla mancanza di ideali. Così, come la speranza, anche il ricordo scompare.

C’è una contrapposizione tra la rappresentazione del mondo-laboratorio che manipola le persone, il linguaggio sembra freddo e anodino, mentre al contrario l’ospedale di guerra degli inizi del novecento brilla di camei disperati e umani, la scrittura è piana, quasi serena. Il contrappunto vuole incardinare i pensieri dei protagonisti alle tematiche di fondo, ma procede con fatica, date le distanze temporali delle vicende. La conclusione quindi sembra forzata, quando introduce l’elemento dirimente, la mancanza di speranza.

Marina Cremona