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Un libro che denuncia il traffico (che si differenzia dalla tratta) degli esseri umani e dei loro sogni: in questo caso di chi ambisce a realizzare il proprio obiettivo sportivo.
Non solo nel mondo del calcio ma in tutti gli sport, spesso e volentieri, a farla da protagonista è il personaggio losco e senza scrupoli che, pur di arricchirsi, sfrutta letteralmente i sogni ingenui di sportivi ai quali manca la vera concezione della quaestio nella quale andranno, poi, ad invischiarsi.
Di base, emerge come c’è chi è sempre pronto ad approfittare dell’altrui ignoranza (intesa come mancata conoscenza di un fenomeno) e la contestuale esigenza di interventi normativi più pregnanti volti a tutelare i sogni.
L’autore non fornisce risposte ma apre ad una nuova visione del mondo dello sport, la quale dovrebbe evitare e, soprattutto, attivarsi affinché simili affaristi non possano prender, sempre più piede, in questo mondo.
Mondo che non sempre è patinato, anzi...dove chi ha sogni finisce con l’essere facile preda di abili burattinai, i quali, senza scrupoli "giocano" con le loro aspirazioni e speranze.
Interessante e sicuramente da leggere.
Francesco Gambino
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Interessante la tematica trattata in quanto mi ha aiutato a riflettere su aspetti del mondo del calcio che ignoravo. Nonostante questo trovo che il tono generale sia troppo nei confronti del "sistema" calcio nel suo complesso.
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Libro di indagine su alcune della malattie del mondo del calcio in particolare, dello sport professionistico in generale, evidenzia l’esistenza di pratiche paragonabili alla tratta e al traffico di esseri umani. A mio parere pecca nella parte documentale, facendo riferimento ad abitudini consolidate ma senza il supporto e l’analisi di dati precisi numerici. Anche i riferimenti a casi trattati per via giuridica mi sono parsi descritti ma non completati con sentenze o altri atti della giustizia ordinaria.
Luca malagoli, formigine (MO)
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L’argomento di questo libro ha suscitato interesse anche in chi, come me, non segue il calcio.
Il libro, però, si colloca a metà tra un’indagine giornalistica ed un saggio e non ha un carattere preciso. A mio modo di vedere l’autore usa un italiano sciatto, troppo colloquiale e non mi è piaciuto affatto.