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Giornalismo culturale di Alfonso Berardinelli è un’antologia dei suoi scritti pubblicati tra il 2003 e il 2020. Il genere rende quest’opera frammentaria e spigolosa e delinea un panorama culturale che richiede strumenti per affilati per essere compreso. Si tratta spesso di pensieri estemporanei suscitati dai fatti e certamente l’immediatezza della coscienza di un accademico colto e la sua ampiezza di interessi possono essere colti dal lettore comune solo in maniera liminale.
Silvia Vantaggiato
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La penna di Berardinelli ferisce più della spada e questo è l’aspetto di questa raccolta di articoli che ho apprezzato di più: l’autore infatti non lascia niente di non detto ed anzi affronta i diversi temi attraverso un’analisi lucida e articolata, ma soprattutto mai banale. Pur riscontrando qualche nota polemica (che a mio avviso non guasta), credo sia calzante per questa raccolta la definizione che l’autore stesso, nel suo articolo Libri da salvare del 14 maggio 2015, dà alla parola “criticare”, e cioè “distinguere, selezionare, saggiare e assaggiare il sapore che hanno i libri” perché è proprio questa l’azione “impaziente” da lui operata in questo volume: sfruttare il “gusto letterario per la velocità, la varietà, la mescolanza di temi e toni”.
Paola Giordano
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Il poderoso libro di Alfonso Berardinelli è, per l’appunto, poderoso. Quasi 1000 pagine, più di 300 articoli scritti dal giornalista dal 2013 al 2020, ed usciti su varie testate (Il foglio, Il Sole 24 ore, Avvenire, Il Venerdì). Articoli che compiono un mosaico di vita, un ritratto a tutto tondo di un giornalista di sicuro abile e di sicuro scomodo. Perché si parla di giornalismo culturale, non di articoli di cronaca o di politica (anche se si può obiettare che tutto è politica). Ma, come precisa Berardinelli, sono tasselli del suo essere, sempre, in attrito con i tempi. Personalmente, ne ho apprezzato la forza polemica, che sono pienamente d’accordo con lui quando, di fronte ad un brutto libro, si può e si deve dire che è un brutto libro. Non sono però più in sintonia con l’autore quando si passa alla critica sempre e comunque, quando nulla va bene. Così, a campione, penso ai giudizi negativi sul Gruppo 63 (pagina 46), ma con troppa enfasi su Eco e sul disaccordo verso di lui. Cito Calasso (69) che può non piacere (o piacere a tratti) e tuttavia ha fatto un enorme lavoro culturale. Mi urta la “cattiveria” con cui si scaglia verso Enzo Bianchi (117). Ma ci sono anche momenti che si devono salvare: riscoprire Hazlitt (588), leggere con angoscia dell’Europa (798), tanto per citare altro. Chiuderei con la chiusa che lo stesso autore fa parlando (male) di Piperno: “Parlare di libri, litigare sui libri per farli esistere sia in se stessi che al di qua e al di là di se stessi. Questo mi sembra del tutto naturale e ce n’è bisogno.” (920)
Giovanni Leonori
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Un tomo di ben 976 pagine che contengono una raccolta di articoli pubblicati tra il 2013 e il 2020. Nonostante ad una prima lettura dell’indice si possano scorgere titoli indicanti i contenuti più variegati, il tema centrale attorno al quale ruotano tutti questi contributi è la cultura. Il giornalismo culturale come strumento di critica letteraria. Difficile pensare di affrontare questa raccolta in forma integrale, decisamente consigliabile selezionare i titoli che risultano più accattivanti agli occhi del lettore.
E.P.