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Il romanzo é ambientato nel periodo dell’immediato dopo guerra in Italia e porta alla luce vicende poco conosciute riguardanti partigiani e uomini che cercarono di riportare la vita civile fuori dalla mentalità di guerra. Interessante perchè sottolinea come spesso é difficile definire chi siano i buoni e chi i cattivi
Paola Destro
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Alessandro Carlini affronta, con una scrittura coinvolgente, uno dei temi più dibattuti: la fine del nazifascismo e la resa dei conti tra le diverse anime degli italiani.
Ci troviamo nella Ferrara del 1945 e il sostituto procuratore Aldo Marano si impegna, con tutto il suo essere, rinunciando in alcuni momenti anche agli affetti familiari, a ristabilire l’ordine nella provincia, ferita da una serie di avvenimenti violenti. Protagonista una banda, “quelli della 1100”, ex partigiani ed ex fascisti seminano terrore e morti uniti dall‘idea di punire chi ha avuto simpatie fasciste ma spinti anche da vendette e ritorsioni personali.
“Il confine fra le loro pulsioni di vendetta, giustizia, invidia si perde e si confonde nella polvere della provincia, capace di inghiottire tutto, persone, cose, ideali.”
Gli ambienti descritti e i personaggi ben delineati e caratterizzati trasportano il lettore in un mondo che sembra lontano eppure ancora così vicino e presente.
Lo stile presenta paragrafi brevi e invita alla lettura creando aspettativa e tensione emotiva.
I contenuti accompagnati da una ricerca storico-documentale invitano all’approfondimento, al desiderio di saperne di più. Con un linguaggio semplice ma preciso ed un genere accattivante il lettore ha l’occasione di confrontarsi con un periodo della Storia del nostro Paese che pochi hanno il coraggio di raccontare.
Luci e ombre del passato con le quali ancora oggi non siamo in grado di far pace ritornano perché, come scrive l’autore, “la memoria è più leggera se si scaccia via il senso di colpa” e “le leggi non cambiano i costumi di un popolo”.
Colpisce, verso la fine del libro, la definizione della nebbia che non è solo fisica ma anche un modo di essere che troviamo molto presente anche ai nostri giorni. “Non è un caso se questa è la terra della nebbia. Qui la nebbia c’è sempre, anche se ti sembra tutto chiaro, anche se splende il sole estivo, è una nebbia simbolica, una condizione, una foschia delle idee, in mezzo alla quale chiunque può confondersi, sprofondare, cambiare partito e bandiera più volte, e quando te lo ritrovi davanti non è più la stessa persona. I cittadini, gli italiani dimenticano in fretta, troppo in fretta. Dimenticare per correre nelle braccia di chi vince, promette e domina”.
Paola Begnini
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Cristina Patuzzi
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Gli sciacalli è un libro dalla scrittura efficace che si legge tutto di un fiato. E’ a metà strada tra un giallo e un saggio storico. L’autore, con notevole capacità, è riuscito a trasferire i fatti realmente accaduti e documentati, nella forma di un romanzo avvincente. 1945, la guerra è appena finita, ma le sue ferite sono ancora aperte e Carlini fa rivivere attraverso i suoi personaggi, tutti di un certo spessore ed atmosfere coinvolgenti una pagina importante di "un passato oscuro" troppo spesso dimenticato.
Roberta Baronciani
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Il libro è ambientato nella Ferrara dell’immediato dopoguerra, teatro di una catena di crimini efferati commessi da una banda composta da partigiani che non avevano deposto le armi, come invece era stato richiesto dal CLN dopo il 25 aprile 1945, da ex repubblichini di Salò ed anche da semplici criminali.
L’ordine in città era ancora mantenuto grazie alla collaborazione delle truppe alleate presenti e da molti funzionari compromessi con il passato regime fascista.
Protagonista del romanzo è un giovane magistrato, di origine irpina e recentemente trasferitosi a Ferrara e quindi non compromesso con le locali gerarchie.
La lettura è molto coinvolgente anche perché le vicende raccontate riguardano la tragedia del dopoguerra successivo ad una fase di guerra civile che aveva insanguinato specialmente quella zona mentre c’era da ricostruire il Paese non solo nelle strutture, ma soprattutto nelle coscienze.
Fulvio Cicchetti
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Alla fine di una dittatura e alla fine di una lotta partigiana, capita spesso che chi per anni ha imbracciato le armi non le deponga tanto facilmente.
Questo è accaduto da noi come in tanti altri, anche lontani, luoghi del mondo.
L’Italia così dilaniata dopo l’ 8 settembre del ’43 con la nefanda occupazione nazi/fascista e con le atrocità che ha subito, ha accumulato rancore. Così alla Liberazione un buon numero di combattenti ha avuto la voglia di farsi giustizia. Non sempre lo Stato, ancora poco strutturato, è stato in grado di arginare questo fenomeno.
In questa pagina di storia che somiglia tanto a un Noir, troviamo, in un’ambigua Ferrara, un Pubblico Ministero che deve supplire queste assenze. Con ca-parbietà svolge un’indagine per scovare gli artefici di decine e decine di delitti, tutti firmati da un’emblematica 1100 nera. Una banda con un connubio di ex Partigiani e di Fascisti, con coperture “alte” che creano non poche difficoltà nell’indagine.
Anche qui un Magistrato che supplisce dove la Politica è latitante, quante altre volte lo abbiamo dovuto vedere nell’Italia repubblicana !
Mauro Testa
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Pasqua Covelli
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Gli Sciacalli di Alessandro Carlini: un ’noir’ ambientato nel dopoguerra, una caccia all’uomo descritta in stile volutamente giornalistico, a mio avviso intenzionalmente privo della tensione propria dei gialli tradizionali ma così dettagliato e basato su documenti originali, seppur romanzati, che riesce a sembrare quasi un romanzo storico.
La storia si dipana in senso sequenziale, con un linguaggio che mira più a raccontare l’indagine in maniera chiara e diretta, ma che proprio per questo diventa efficace, potente e godibile.
Giacomo Zipoli
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Giuseppe Riccio
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Salvatore Balsamo
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In questo libro Alessandro Carlini racconta con sapiente perizia narrativa gli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto mondiale, pieni di vicende oscure e violente che non sempre sono state di facile e limpida comprensione anche quando esse potevano essere frettolosamente ascrivibili alle diverse fazioni in campo. Siamo, infatti, nell’estate del 1945; la guerra è appena finita ma il paese è distrutto, letteralmente a pezzi, gli italiani stremati, la democrazia non ancora compiuta, specie nelle regioni del basso Po, come il ferrarese, una vasta area regionale nella quale i segni della guerra partigiana erano ancora fortissimi. È proprio in questo quadro di fragilità istituzionale che prende il via l’indagine del protagonista del romanzo, il sostituto procuratore Aldo Marano. Questo magistrato è impegnato a indagare su un certo numero di violenti delitti, compiuti apparentemente da gruppi di comunisti ex-partigiani, “gentaglia senza scrupoli pronti a mettere in subbuglio città e campagne” le cui vittime hanno collaborato, a vario titolo, con il regime fascista. Le responsabilità però ben presto non appaiono così semplici ma proprio per tale motivo esse risultano avvincenti. Va, infatti, sottolineato che il romanzo, che possiamo definire un cupo noir storico, trae spunto da storie realmente accadute, fatte rivivere dall’autore che ha svolto una accurata ricerca documentale. Sulla base di ciò e al di là dei terribili fatti narrati, Carlini offre al lettore un notevole spaccato sull’Italia post bellica e sul delicato passaggio dalla dittatura alla democrazia con tutte le ambiguità, le contraddizioni e i chiaroscuri che ne hanno caratterizzato lo svolgimento. Ebbene, l’autore riesce pienamente nell’intento e lo fa affidandosi ai suoi personaggi, di spessore, con i quali Carlini sembra avere stabilito un legame esclusivo. Tra tutte queste figure spiccano quella di Marano, un uomo determinato, anche per ragioni personali, a ricercare la giustizia e quella del tenente Ferla, suo braccio destro nelle indagini. A quest’ultimo Marano aveva spiegato che “fra gli sciacalli ci può essere di tutto. Ex partigiani anche fascisti uniti dalla pulsione criminale in un’alleanza perversa per denaro e potere”. Ma è proprio dal passato che entrambi i personaggi ricevono una fortissima motivazione. Ne deriva un quadro letterario nel quale i protagonisti, dei quali Carlini cura con attenzione evidenziando importanti aspetti psicologici, risultano sicuramente convincenti: ciò vale non solo a proposito delle loro aspirazioni e motivazioni, ma anche a riguardo dei loro timori e umane contraddizioni. È attraverso questi complessi tratti che l’autore riesce bene a presentarci un mondo da un lato profondamente corrotto, dall’altro preconizzante la rinascita spirituale che ne seguì e che disegnò fra luci e ombre una nuova Italia; una grande nazione, sì, dove però, vale a pena di sottolinearlo, spesso, oggi come ieri, non tutto è veramente quel che sembra.
Cinzia Marino
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Carlini ci racconta una storia quasi vera di un periodo difficile della nostra neonata democrazia . C’era bisogno che qualcuno si cimentasse nella storia di quel periodo(post liberazione ,soprattutto nel nord d’ Italia) che per decenni è stato dimenticato e direi oscurato.Solo qualche coraggioso storico (C.Pavone) ha affrontato il problema ma dopo molti anni. I personaggi sono ben delineati e la scrittura trascina il lettore in un racconto appassionato. Il sostituto procuratore Marano segue con grande scrupolo ed ostinazione le tracce di efferati omicidi che avvengono nella provincia di Ferrara i cui responsabili sono una banda di ex partigiani con passato di fascisti che girano impuniti con una 1100 nera . Marano è una persona tutta di un pezzo che, per raggiungere il suo obbiettivo, si getta anima e corpo nell’indagine trascurando anche la sua vita familiare. Deve combattere contro tutto e contro tutti perché la banda è protetta da alcune figure dell’istituzione. Coadiuvato da un tenente dei carabinieri ,con cui riesce a raggiungere una forte complicità, riesce pian piano ad incastrare i colpevoli ma il suo lavoro alla fine risulterà quasi inutile perché grazie all’ amnistia voluta da Togliatti tutti saranno liberi e gli sciacalli (tanti, troppi)sopravvivono a tutto, ai cambi di regime, alla giustizia agli scandali. Gli italiani hanno bisogno di storie come queste per riflettere sul proprio passato e soprattutto sul presente.
Mario Cottone
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Ferrara, primavera-estate 1945. La"banda della 1100" compie efferati delitti travestiti da epurazioni politiche nei confronti di ex fascisti. Come in un gioco di specchi, ci troviamo di fronte a pseudopartigiani, già ampiamente collusi col fascismo, che hanno cinicamente esercitato la pratica dei trasformismo, e a delinquenti comuni. Questo il contesto de "Gli sciacalli" di Alessandro Carlini. Un romanzo "epico" che mette in scena la battaglia di un eroe solitario, il giovane sostituto procuratore Aldo Marano, sotto il cui nome si cela la figura, realmente esistita, del magistrato Antonio Buono. Ricerche d’archivio e delle fonti storiche, accuratezza nella descrizione dei luoghi e degli ambienti, stile tagliente ed efficace, stretta aderenza al criterio della verosimiglianza nelle parti romanzate sono altrettanti punti di forza di quest’opera: un dossier della memoria, che ci restituisce lo spaccato di un momento particolarmente doloroso della nostra storia. Al lettore non vengono risparmiate scene cruente e drammatiche, ma la ricostruzione non è mai fredda e oggettiva poiché è scandita e punteggiata dalle emozioni dei vari personaggi, in un approfondimento psicologico che mette in luce di volta in volta paure e contraddizioni, desideri di vendetta e di giustizia, assieme al disperato anelito ad una "normalità" che appare sempre più lontana e irraggiungibile. Tuttavia alla fine - e nonostante tutto - prevale la pietas nei confronti di un mondo allo sbaraglio, nel quale non si riconoscono più i confini tra bene e male, ma che potrà salvarsi se lo sguardo di una ragazza innocente che sta per morire riesce a fermare il colpo finale da parte del suo assassino, quello che serve a "siglare" l’esecuzione. Se compito di un romanzo - che non è un saggio storico- è quello di andare al di là dell’analisi dei fatti per esplorare i sentimenti dei personaggi che vivono nelle sue pagine, Alessandro Carlini riesce ad assolverlo in modo convincente.
Eliana calandra
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Rosella Balsamo
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Italiani pessima gente. Lo dichiara senza mezzi termini Alessandro Carlini in questo bel romanzo, liberamente ispirato ai fatti realmente accaduti a Ferrara nell’estate del 1945 e al memoriale inedito del magistrato Aldo Buono, che all’epoca dei fatti perseguì i delitti perpetrati dai gerarchi fascisti e dalla famigerata “banda della 1100”. Nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione, in cui era terminata la guerra ma non era finita la spinta a vendicare le efferatezze della Repubblica sociale, una banda di criminali pseudo partigiani alla guida di una fiat 1100 semina morte e terrore eliminando persone che avevano avuto a che fare con il caduto regime fascista, arrivando persino a compiere un vero e proprio assalto alla prigione di Piangipane per giustiziare i detenuti politici. Il gruppo conta delinquenti comuni, ex partigiani ed ex repubblichini uniti in un’alleanza perversa che soddisfa e alimenta il desiderio di denaro e di potere, tra cui spiccano le figure di Tito, un ex comandante della brigata Garibaldi, che aggiorna la lista degli epurati con la gretta puntigliosità di un impiegato e Sperandio, un fascista campione dei senza vergogna, “un’araba fenice del trasformismo”, che era passato con disinvoltura alla Resistenza pur di continuare a prosperare nel caos e seviziare con la stessa folle ferocia gli inermi abitanti della zona; la banda percorre le strade polverose sicura della propria impunità perché sfrutta la paura della gente fiaccata dal fascismo e dalla guerra così come fanno gli sciacalli quando si avventano sugli animali moribondi e soprattutto perché può contare sugli appoggi di una parte della classe dirigente del partito comunista e delle istituzioni. Ad indagare è il sostituto procuratore Aldo Marano, uomo di diritto ancor prima che uomo di legge, che non aveva esitato ad andare contro le norme quando queste erano “ingiuste e malvage” e aderire alla Resistenza facendo da tramite tra la maestra socialista Clelia Bassi (alias di Alda Costa) e il suo avvocato difensore. Marano investiga e tenta di ristabilire l’ordine aggrappandosi al principio di giustizia, convinto che l’epurazione dei fascisti, necessaria per un effettivo ritorno alla politica e alla pacificazione sociale, debba passare attraverso l’aula di un tribunale, resistendo alla paura, alle pressioni dei superiori e dei potentati che chiedono si proceda con meno impegno, alla solitudine sempre più sconfortante man mano che addentrandosi nelle indagini scopre che “gli sciacalli sono tanti, troppi”. E’ una storia sconcertante che senza reticenze mostra le meschinità e il coraggio di cui siamo capaci, il polimorfismo e l’ambiguità della situazione storica che si porta avanti fino ai giorni nostri; è un riuscito campionario di tipologie umane, ritratte scegliendo un particolare atteggiamento, un gesto, un’espressione da immortalare; è un omaggio agli “italiani brava gente” che compiono il loro dovere e si oppongono a chi agisce oltre ogni rossore; è un monito a non cedere a comode amnesie e un invito a ricordare, perché l’idra fascista, che è stata scuola di violenza e di odio e ha partorito guerra e distruzione, è sempre pronta a rigenerarsi e a far germinare nuove teste di sciacallo.
Annalisa Cannata
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Carlini ambienta il romanzo nella pianura padana post armistizio e post repubblichina, in un clima di drammatica incertezza sul futuro della nazione. Il Paese sconta ancora le sofferenze dei crimini nazi-fascisti. Feroci vendette si intrecciano con opportunismi di tanti che approfittano della necessità di una politica di pacificazione che ad alcuni sembra garantire impunità. Aldo Marano non ci sta. Il senso civico e morale con cui affronta la missione del magistrato lo portano a lottare con spirito laico contro qualsiasi crimine ed efferatezza. Sembra di rivedere storie recenti di giovani ‘magistrati-eroi’, votati al sacrificio personale, che combattono sia l’illegalità sia il sistema di potenti protezioni di cui gode. Il pregio del romanzo è quello di fornire un’interessante e documentata ricostruzione storica unita ad una convincente narrazione del travaglio umano del protagonista. Ne vengono fuori buoni e cattivi ma ne emerge soprattutto l’inquietante delinearsi di una zona grigia del tessuto politico e sociale italiano che ha inquinato l’Italia fino ai giorni nostri.
Marco Beccali
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Il romanzo di Carlini è un pugno ben assestato sotto la vita: forte, diretto, forse anche troppo. Le guerre sono sporche e quelle civili lo sono ancora di più, ciò che le segue ha strascichi di atrocità e gli Sciacalli di Carlini entra nelle pieghe del lato atroce della storia, di una parte della nostra storia repubblicana che è ancora controversa. Le razzie della banda degli sciacalli prendono spunto dalle carte processuali, dal memoriale del magistrato Antonio Buono, da una strage realmente avvenuta in quel di Ferrara; la fonte del male sembra chiara: “Tagli una testa, un’altra ne spunta dalla grande idra fascista. Teste di sciacallo si rigenerano in forme diverse”, ma l’impressione è che nella descrizione della cieca violenza tutti i gatti nella notte siano bigi e ciò che fu supposto durante i processi, ovvero l’infiltrazione di ex fascisti nelle bande partigiane, diventa nel libro un sodalizio tra gli ideali traditi ed il male assoluto, tra il capo partigiano ed il torturatore fascista, la necessità di pacificazione attraverso l’amnistia diventa compromesso e copertura. Il merito di questo libro ben scritto e dalla struttura solida è soprattutto quello di invitare all’approfondimento e al confronto, le pubblicazioni degli storici Angela Politi e Luca Alessandrini sui processi “scomodi” del dopoguerra possono essere utili e rafforzano le perplessità sul romanzo di Carlini.
Rosana Rizzo
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Viviana Conti
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Gemma Alfano
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È una storia tutta italiana quella narrata con uno stile scorrevole e coinvolgente da Alessandro Carlini ne Gli Sciacalli. La seconda guerra mondiale si è appena conclusa e l’Italia, martoriata da profonde ferite fisiche e morali, è tutta da ricostruire. Ferrara viene colpita da una serie di omicidi efferati eseguiti da una misteriosa banda di criminali che semina il terrore a bordo di una Fiat 1100 nera. Aldo Marano, sostituto procuratore, uomo di legge di grande valore, conduce a fatica le indagini per identificare i colpevoli. Il suo è un lavoro difficile, poiché difficili sono i tempi e le persone che lo circondano: trasformisti (“fascista riciclato tra i partigiani”), doppiogiochisti, uomini corrotti. La sua è una battaglia contro i mulini a vento perché dietro a quel gruppo armato si nasconde un sistema corrotto che si ramifica fino alle più alte cariche dello Stato. L’unico uomo fidato che lo accompagna nella sua ricerca della verità è il tenente Ferla, uomo puro e dal forte senso del dovere. Carlini descrive, con una minuziosa e puntuale ricostruzione storica, un’Italia del passato distante nel tempo ma tanto attuale nella sua drammatica e amara condizione fatta di uomini al potere corrotti, criminali impuniti, ignavi e depistaggi: “sabbie mobili, pantano istituzionale. Per il magistrato qui non c’è di mezzo solo la politica, che comunque passa, ma il potere, e quello può cambiare forma, ma non sostanza.
Laura Guercio
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Ferrara 1945. La guerra è terminata, ma il clima generale è ben lungi dall’essersi pacificato. Il sostituto procuratore Aldo Marano ha un duplice lavoro da compiere: iniziare il processo nei confronti di alcuni esponenti di spicco del partito fascista ed indagare su una serie di delitti che insanguinano la provincia. Ben presto la seconda indagine prevale sulla prima: l’efferatezza ed il numero sempre crescente dei crimini, che si palesano come vere e proprie esecuzioni, le modalità reiterate, la scelta delle vittime, tutte in qualche modo coinvolte con il vecchio regime, turbano profondamente il sostituto procuratore, il quale ravvisa dei collegamenti evidenti tra un delitto e l’altro, primo fra tutti l’auto 1100 nera sempre presente sulla scena del crimine. Aldo Marano inizia ad ipotizzare l’esistenza di una banda di ex partigiani, intenzionati a vendicare le vittime del regime fascista. Via via che il sostituto procuratore procede nelle indagini, aiutato dal tenente dei carabinieri Achille Ferla, unico di cui si fida, si rende conto che la realtà è molto più torbida, ambigua e sfuggente di quello che sembra. Non esistono buoni e cattivi, giusti ed ingiusti: ciascuno può essere tutto ed il contrario di tutto. Il fine giustifica i mezzi, ma nessun fine è realmente nobile L’indagine di Aldo Marano, diventa quindi una indagine sui lati più oscuri dell’animo umano, sulla sete di potere che è uguale a destra come a sinistra, sulla giustizia, che resta sempre e soltanto una idea, non trovando una concreta attuazione nel mondo reale, come dimostra l’amnistia voluta da Palmiro Togliatti, che conclude amaramente il romanzo. Alessandro Carlini con “Gli sciacalli” ha portato alla luce una complessa pagina di storia a me ignota, che ha reso viva con le vicende parallele del sostituto procuratore e dei membri della banda della 1100 nera. Il romanzo è interessante e ben costruito, la scrittura è avvincente. Indiscusso protagonista è Aldo Marano, integerrimo moralmente, tormentato e perdente, guidato dalla sua coscienza, al di là di ogni appartenenza politica. Un sommesso eroe del quotidiano, sicuramente da non dimenticare.
Francesca Castellano
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Caterina pietravalle
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Stefania Oliveri
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Enza Scotto d’Abusco
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Selvaggia Bovani
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Alessia Chierico
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Chiara Gaudio
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Ivana Marassi
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Fiammetta Rossi Murino
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Roberto Rizzi
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Simone Satta
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Valeria Scotti
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Rossella Spina
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Carolina Zampini
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Luisa Zanetti
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Monica Mazza
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Il romanzo fa rivivere fatti avvenuti a Ferrara e non solo, come segnala l’autore, nel 1945 con la fine della guerra. Ex partigiani, ex fascisti e repubblichini e criminali comuni, si uniscono in una banda seminando morte e violenza. Ciascuno ha la sua motivazione: la vendetta, l’eliminazione dei collaboratori del regime fascista, l’arricchimento personale. Tutti i personaggi, non solo i componenti della banda, sono influenzati dalle esperienze vissute nel periodo del regime fascista e della guerra, complicità, soprusi, brutalità, paura, dolore e l’autore propone continui flash back per spiegare o avvalorare i comportamenti e le decisioni attuali.
E’ scritto in modo avvincente con lo stile della cronaca giornalistica e incalzante di un giallo. Una vicenda senza giustizia, senza una via verso il futuro, un passaggio storico incompiuto che lascia l’amaro della sconfitta e dell’occasione mancata.
Giovanna Zauli
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In un’Italia che ancora adesso fatica a fare i conti con il suo passato fascista, un romanzo come "Gli sciacalli" sembrerebbe perfetto per raccontare gli anni dell’immediato dopoguerra, con persone ambigue, crimini da entrambi i fronti (sia quello disfatto fascista, che quello partigiano - o almeno, in alcuni casi, tale solo nominalmente), epurazioni sommarie. Purtroppo, la narrazione prosegue lenta, in modo verboso. È vero che ricostruisce bene la tensione del periodo, con la fiducia nelle persone che va costruita poco per volta, ma si perde in lunghissime descrizioni che rendono la lettura farraginosa.
Annalisa Lundberg
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Il libro che mi é piaciuto di più é "Gli Sciacalli " di Alessandro Carlini, un romanzo storico che apre uno squarcio su una brutta pagina della Seconda Guerra Mondiale, la Liberazione, il Fascismo e la Resistenza. Un libro che può essere considerato molto attuale anche alla luce degli eventi politici che stanno segnando la Seconda Repubblica: un di cambio di casacche continuo, senza alcun ideale a sostegno, pur di non scendere dal trono del potere, un revisionismo storico condotto senza pudore. Ripercorrere le indagini svolte dal Sostituto Aldo Marano e dal fedelissimo Tenente Ferla consente di "Rinascere dalla distruzione morale e dall’amnesia nazionale" , come dice lo stesso autore.L’accesso alle fonti storiche e agli archivi di stato consente di fare chiarezza su quello che accadde nel Ferrarese quando intervennero le truppe degli alleati per liberare l’Italia. Allo scempio fatto dai Fascisti repubblichini si aggiungeva quello dei partigiani e degli "Sciacalli" che depredavano e si arricchivano con estorsioni, ruberie, omicidi. La cifra letteraria, asciutta, chiara, puntuale, completa un quadro descrittivo che mi ha tenuto attenta fino alla fine.
Gabriella Tiralongo
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La scelta dello scrittore di romanzare la realtà non mi ha convinto, mi sono documentata sulla storia ferrarese del primo dopoguerra e fatti e personaggi sono reali, cambiano i nomi. Mi chiedo il perché di questa operazione, che poco aggiunge a quanto tristemente accaduto, se non per le riflessioni interiori del sostituto procuratore; i personaggi sono catalogati in buoni, cattivi, vigliacchi e traditori, il resto, la maggior parte della gente, non esiste. In una fase della vita italiana dove l’obiettivo principale è uscirne, la confusione e la paura regnano, il tentativo di fare giustizia, che riesce solo in parte al magistrato, non risulta inquadrato correttamente nel contesto storico,che è difficile da descrivere, e ancor più da interpretare. Ragione di più per lasciar perdere. La scrittura è corretta ma non appassiona, i personaggi sono abbozzati e rigidi nella loro catalogazione.
Laura Peracca
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La storia degli efferati omicidi che furono commessi tra il 1943 e il 1946 nella zona del ferrarese, in un momento in cui la transizione tra il vecchio e il nuovo Governo non aveva ancora restaurato lo stato di diritto. I protagonisti sono riuniti in una banda di “sciacalli” senza regole, solo assetati di vendetta e denaro terrorizzano e uccidono impunemente in una sorta di epurazione degli ex fascisti o presunti tali. Dall’altro lato un solerte Magistrato dott. Marano coadiuvato da un tenente dei carabinieri, Ferla alla ricerca della verità dei fatti per assicurare alla giustizia i criminali, che seminano terrore e morte. Al di là della ricerca storica dei fatti e delle descrizioni puntuali delle scene del crimine, il libro non riesce a coinvolgere il lettore che segue distaccato la cronaca di un annunciato fallimento della giustizia. Sullo sfondo il delicato equilibrio tra le forze militari americane, il governo di transizione, la magistratura e le forze dell’ordine italiane tutti protesi a voler restaurare la legalità , la giustizia e la pace dopo gli orrori della guerra.
Milena Sanzaro
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Romanzo noir scritto in stile giornalistico e che rivela una notevole ricerca storica e un’accurata ricostruzione degli avvenimenti.
Alcuni fatti sono inediti e mettono in evidenza caratteristiche ed episodi del difficile periodo dell’immediato dopoguerra, funestato da vendette, violenze, gravi fatti e conflitti mai risolti.
Carlini scrive periodi brevi, con una buona punteggiatura, ma, almeno nella prima parte, il linguaggio è alquanto obsoleto, con espressioni tipiche dell’epoca e luoghi comuni. Ad esempio: “Un cadavere lungo uno stradone. Il puzzo di marcio fa a pugni col profumo di campagna ribollente”. “In realtà alla gloriosa Arma non sono rimasti nemmeno gli occhi per piangere”. L’inizio è lento ma, nel proseguire, il testo diventa più interessante e avvincente. Ben delineati i personaggi, in particolare il protagonista, il sostituto procuratore Aldo Marano, e l’ufficiale dei carabinieri Achille Ferla, ma anche gli “sciacalli” , “quelli della 1100”, ex partigiani ed ex fascisti. Interessante la descrizione della città di Ferrara, divisa tra fuori le mura e dentro come tipologia di persone
Marina Fazzari
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È un romanzo che si legge bene, perché la scrittura è lineare e gli eventi sono raccontati secondo un ordine cronologico.
Sembra il racconto di una serie di fatti di cronaca, che vedono contrapporsi il protagonista, una figura assolutamente positiva, agli sciacalli del titolo.
L’autore li definisce “coloro che continuano ad ammazzare anche se l’Italia non ce la fa più a reggersi in piedi”, “ex partigiani e anche fascisti, uniti dalla pulsione criminale, in una alleanza perversa, per denaro e potere”.
È un romanzo sicuramente interessante per gli appassionati di storia, meno interessante per tutti gli altri perché affronta temi che non sono più di attualità.
Si parla di fatti risaputi, accaduti nel dopoguerra, che non sono motivo di orgoglio nazionale. Sono una nostra memoria triste.
In alcune circostanze vengono descritte scene cruenti, con dovizia di particolari, che provocano quasi un’avversione fisica all’orrore descritto.
Anche il linguaggio si adegua.
Sembra che l’autore voglia sottolineare il compiacimento di alcuni personaggi nel compiere atti di violenza.
In altre circostanze, con la stessa attenzione al dettaglio, l’autore svela la sofferenza che gli stessi personaggi soffocano dentro di sé per compiere le loro gesta efferate o semplicemente per condurre la vita che hanno ricevuto in sorte e dalla quale vorrebbero fuggire.
La narrazione alla terza persona accentua nel lettore la sensazione di essere un osservatore impotente.
Non si è coinvolti nella narrazione, ma si è guidati, da una parte, a prendere le distanze dai personaggi e dagli eventi non condivisibili e, dall’altra, a rammaricarsi di vedere l’ennesima disillusione dei personaggi portatori di ideali condivisibili.
Il protagonista è un magistrato che cerca di identificare una banda di criminali, mettendo anche a repentaglio la sua vita e quella dei suoi famigliari, ma si ritrova con un plico di fogli che “è il suo pugno di mosche” perché “le leggi non cambiano i costumi di un popolo”.
E’ costretto a rinunciare al suo desiderio di giustizia.
Il romanzo è molto bello, perché la storia e i personaggi sono costruiti molto bene, ma il contenuto è un po’ scontato.
Anche se le considerazioni dell’autore sono straordinariamente condivisibili.
Lara Motta
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Alessandro Carlini mi ha conquistata per l’aspetto storico, con i suoi dettagli precisi e con l’analisi di un periodo storico che viene spesso sottovalutato o addirittura “nascosto” per i risvolti che ha nell’attualità politica e sociale di adesso. Mi ha fatto riflettere come le decisioni prese alla fine della guerra siano state importanti per non trascinare il Paese in una guerra civile, ma lo siano state altrettanto per alimentare quel senso di “tutti colpevoli, nessun colpevole” che spesso ha accompagnato la storia italiana dal dopoguerra ad oggi
Nadia Massaro
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Interessante, duro ; stimola la riflessione, ma troppo lungo, lento in molti passaggi e con un linguaggio talora poco adatto.
Barbara Fionda
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Assassini a bordo di una 1100 scura insanguinano la campagna di Ferrara dopo la fine della II guerra mondiale, punendo ex fascisti (o presunti tali) e derubandone i beni. Un sostituto procuratore retto e onesto cerca la verità. Nulla però in questo libro crea suspense o tensione: sappiamo da subito l’identità degli sciacalli, vediamo le ombre del mondo partigiano e il trasformismo politico degli uomini di un paese che non ha mai fatto i conti con il Ventennio. Tutto appare piatto, il ritmo è monotono e il resoconto storico ripetitivo. Un meccanismo narrativo che non funziona.
Lucia Romizzi
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Giallo storico ambientato a Ferrara nel primo dopoguerra. Storia interessante ma non completamente riuscita. A tratti noioso, troppi dialoghi. Cento pagine lo avrebbero reso più avvincente.
Elisabetta Zampiceni
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Alessandro Carlini ci fa rivivere gli orrori del periodo storico, tra il 1943 e il 1946, segnato dalla RSI e dalla Guerra Civile. A Ferrara, città di Giorgio Bassani, dopo il 25 aprile, seguiamo le attività del sostituto procuratore Marano tra le indagini sui crimini della banda della 1.100 nera e il processo al capo della polizia fascista, responsabile di omicidi, torture e deportazioni. Nella banda che raccoglie ex partigiani, fascisti, disertori e disperati, la ragione politica,con la copertura del PCI, diventa il movente di efferati crimini. Vi è anche un ricordo del latinista Concetto Marchesi e, per concludere, dell’”amnistia Togliatti”. Un romanzo avvincente e ben documentato.
Roberto Rosario Pennisi
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Romanzo storico, misto dunque di storia e d’invenzione, Gli sciacalli di…., tragica e terribile testimonianza del post Liberazione a Ferrara e dintorni. La banda della 1100 (comunisti, ex partigiani, ex fascisti, repubblichini, delinquenti comuni) e le sue sciagurate spedizioni punitive contro ex fascisti o presunti tali. Un uomo di giustizia, Aldo Marano e il suo unico amico, appartenente alla Benemerita, Achille Ferla, lottano contro le efferatezze commesse dai criminali dell’automobile nera. Il senso di amarezza pervade il libro e giunge al lettore ben oltre il racconto dei passati eventi narrati. L’ingiustizia di un mondo che avrebbe dovuto rinascere più puro dalle catartiche ceneri del defunto regime lascia interdetti Marano e chi legge. La connivenza degli stragisti con il potere costituito non dice nulla di nuovo (ahimè!) ad un 2022 in cui sono noti gli ambigui rapporti mafia politica, depistaggi e stragi di Stato. Una botola scoperchiata sulle nefandezze di uomini di Stato corrotti e le indagini di chi crede che “le leggi non cambino i costumi di un popolo”. Realismo amaro, ma realismo. Sciacallo il sistema…
Ernestina Messineo
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L’autore prende spunto da fatti storici per romanzare la vita di un magistrato che, alla vigilia della liberazione italiana dal regime nazifascista, tenta disperatamente di assicurare alla giustizia criminali vecchi e nuovi in una Ferrara sull’orlo della guerra civile. Lo sforzo vanificato dall’amnistia come epilogo delle vicende di un popolo che non ha mai veramente fatto i conti con il suo passato “perché è mancato il coraggio di guardarci allo specchio, riconoscere chi siamo e chi siamo stati ...” sono parole quanto mai attuali. Un romanzo che ti coinvolge in una lettura che può sembrare un poliziesco, ma traccia un solco profondo nella riflessione sulle conseguenze storiche di quel periodo e sul presente della politica del nostro paese.
Rossana Landini