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Walter Veltroni attingendo alla sua esperienza politica e professionale confeziona un libro che mescola analisi politica e ricordi personali. Le interviste a personalità diverse ne fanno una lettura agile, interessante e rafforzano l’idea che troppi siano ancora i misteri attorno al caso Moro,
Manuela Baldi
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Il saggio di Walter Veltroni è un’approfondita analisi della portata e delle conseguenze del rapimento di Aldo Moro, condotta dall’autore senza nascondere la propria opinione e regalando al lettore un compendio di interviste che riportano direttamente le parole dei politici, dei giornalisti, dei pensatori che dalla fine della Prima Repubblica ragionano sulla storia politica italiana, e in particolare sulla prorompente portata della strategia del compromesso. Il linguaggio del saggio è semplice e accessibile, ma per quanto riguarda i contenuti sono molti i sottintesi nel raccontare le vicende: è un testo non per specialisti, ma sicuramente per lettori informati di politica italiana tra gli anni ’60 e ’70, che conoscano i protagonisti del periodo e almeno parte delle loro vicende, perché queste non vengono esposte al lettore bensì direttamente analizzate.
Aspetto interessante del saggio è il frequente confronto con la politica di oggi: secondo Veltroni infatti «la Prima Repubblica è morta quel giorno di marzo. La Seconda non è mai cominciata. [...] Un tempo è finito e un altro non è cominciato».
Emma Zurru
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Il saggio di Veltroni fa bene a chi lo legge. Specialmente ai più giovani. Che nutrono ancora qualche speranza. Potrebbe contribuire a riappacificarli con la politica. Quella che per Aristotele deve tendere al benessere materiale, alla consapevolezza morale e all’eudemonia. Intesa come qualità della vita. Riuscendo forse a colmare il baratro in cui siamo precipitati tra classe dirigente e società. Ad ogni livello. L’astensionismo crescente nelle varie elezioni è lì a testimoniarlo.
Veltroni in apertura ricorda le immagini che hanno contraddistinto un’epoca: “Jacqueline Kennedy che cerca di afferrare, sul cofano posteriore della Lincoln Continental, i brandelli del cervello del marito, l’arrivo del secondo aereo, inquadrato dal basso, che si abbatte contro una delle Torri gemelle”. Per noi il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Fani. Che ha segnato la nostra storia. Con il suo assassinio e la strage della scorta nel 1978. Le pallottole spazzano via il disegno politico dello statista. Maturato dopo le elezioni del 1976 quando DC e PCI prendono il 73% dei voti.
Qual era l’idea dello Stato di Aldo Moro? "Lo Stato democratico, lo Stato del valore umano, lo Stato fondato sul prestigio di ogni uomo, che garantisce il prestigio di ogni uomo, è uno Stato nel quale ogni azione è sottratta all’arbitrio ed alla prepotenza". E con un’anticipazione analitica, profonda, convinta, che letta oggi ha il sapore della profezia che si avvera, facendo piazza pulita dei sovranismi a vario titolo, sostiene ancora che "Lo Stato democratico è un fenomeno espansivo, non un mondo chiuso. L’esclusivismo dei confini, nel senso rigido delle vecchie dottrine sulla sovranità̀, ne negherebbe la natura, ne contrasterebbe il profondo significato". In concreto cosa voleva? A che cosa aspirava? Qual era il suo disegno? Imparare a collaborare con il PCI. Legittimarlo per instaurare la democrazia dell’alternanza senza ipotizzare la sconfitta elettorale della DC. E “Diciamoci la verità, il più grande dopo la Resistenza e la Costituzione”. Ma non gliel’hanno permesso. L’hanno trucidato prima.
Fausto Politino
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Nella prima parte del libro Veltroni in cinquantacinque pagine ci racconta il sequestro Moro avvenuto nel 1978. Moro e Berlinguer protagonisti della stagione istituzionale, con coraggio, abbracciano un progetto comune che è anche un cambio di paradigma politico, il “compromesso storico”. Progetto ambizioso ma che non riscontra consenso. Diventano entrambi vittime di un sistema politico con troppe forze, anche internazionali, contrarie. Nel clima di tensione presente in Italia in piena guerra fredda, si intuisce l’interferenza di poteri occulti che lavorarono per deviare il corso della storia.
La seconda parte del libro si struttura con una raccolta di interviste di alcuni soggetti politici che furono protagonisti e testimoni storici del Caso Moro: Prospero Gallingani, Rino Formica, Aldo Tortorella, Virginio Rognoni, Beppe Pisanu, Mario Segni, Achille Occhetto, Claudio Signorile, Emma Bonino, Claudio Martelli. Le voci con visioni politiche diverse e aneddoti personali restituiscono sia la complessità del quadro politico sia la mancanza di trasparenza delle circostanze avvenute dal 16 marzo al 9 maggio 1978, rapimento e assassinio dell’On. Moro.
Il libro ha il pregio di sintetizzare e spiegare la politica degli anni ’70 in Italia. Riordina i ricordi carichi di emozioni che tutti gli italiani hanno su quel periodo con consapevolezze acquisite durate i quarantacinque anni di distanza storica intercorsa dagli avvenimenti narrati. La lettura è scorrevole e lineare, favorita dalla grafica con buona interlinea e grandezza del carattere.
Paola Vittoria Pignataro
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Veltroni scrive un libro inutile, invece. All’inizio c’è un saggetto, scritto con scrittura vaporosa e poco essenziale.
Seguono tutte le sue interviste, che avevamo già letto sul corriere.
Sembra un libro autocelebrativo (posto che ce ne sia bisogno di autocelebrarsi) in cui l’autore si impegna a farci conoscere un punto di vista generico. Una scrittura di panna, insomma.
Paolo Diaz de Santillana
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IL CASO MORO E LA PRIMA REPUBBLICA - WALTER VELTRONI
Non si ha la sensazione di leggere pezzi "sparsi qua e là". La costruzione è coerente con la linea temporale di fatti. Non vi aspettate la cronca dell’uccisione di Aldo Moro. Quella è facilmente reperibile ovunque. Lo sforzo di Walter Veltroni è quello di dare in mano al lettore un mazzo di chiavi di lettura della tragica vicenda, raccontata esclusivamente da un punto di vista politico. Avrei però voluto che vi fosse più sostanza da parte dell’autore. Da pagina 57 (e per le successive 150 pagine circa) il libro si fa raccontare da altri. Altri dei quali, essendo di fatto i protagonisti, si percepisce un certo egocentrismo. Una passerella di nomi importanti che hanno fatto parte della storia politica dell’Italia e che parlano, ciascuno dal proprio punto di vista, le vicende che hanno portato all’uccisione di Aldo Moro. DI i fatto la fine della Prima Repubblica (è vero). Avrei prefeito che Veltroni avesse utilizzato queste risorse per elaborare un suo racconto, piuttosto che lasciarli parlare a ruota libera dove, a quel punto, perdi inevitabilmente le tracce dell’autore. Nella narrativa costruita da Veltroni c’è una assoluzione piena del Compromesso Storico quello con la C maiuscola e di quello che era il PCI di allora. In ogni caso, è un testo che va letto perchè aggiunge un tassello di conoscenza a vicende già note, e che le rende un po’ più complesse, e per questo più interessanti. Per quanto, appare alla fine una bella tesi di uno studente universitario alla quale, però, manca la conclusione. Quasi che ognuno, possas fari la propria idea di "conclusione".
Frankie Burrini
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Mi esonero dal ripetere le stesse cose che ho scritto per il primo saggio. Non avrei voluto scegliere ma il regolamento è il regolamento.
STEFANO DELLA VENTURA
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Un inizio un po’ troppo “accattivante” o “ammiccante”. Una analisi storica e politica del periodo che si concentra sul prima e dopo Moro, ma che, mi sembra, non aggiunge molto a quanto già scritto da altri. Le interviste riportate, anche queste già note, occupano una parte consistente dell’intero testo.
Chiara Maria Messina
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Libro molto interessante. Attraverso riflessioni e testimonianza Veltroni ricostruisce una parte di storia italiana di cui ancora non si conoscono completamente le dinamiche.
Marta Negri