< Il colore della Repubblica“Figli della guerra” e razzismo nell’Italia di  Silvana Patriarca (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di IlColoreDellaRepubblica raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Un libro scritto in modo chiaro, senza "ammorbidire" in alcun modo la problematica del colore della pelle o della latitudine di provenienza.
L’avventura coloniale, le leggi razziali, l’intolleranza verso i meridionali e gli immigrati stranieri sono stati, per alcuni, ghiotte occasioni nelle quali individuare l’altro, il diverso (per colore della pelle, religione o altro) e definirlo "inferiore", per sentirsi "superiori" e, in questo modo, nascondere la propria inferiorità.
La paura, l’odio per il diverso da noi, ha sempre rappresentato un’ottima arma di "distrazione di massa".
Da leggere a scuola

Lucio Cannavale

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Il libro di Silvana Patriarca, “Il colore della Repubblica” (Einaudi 2021, pagg. 297) ha il pregio di affrontare un tema scottante e poco esplorato nella storiografia italiana. Vale a dire, il razzismo dell’italiano “buono”, dell’”italiano brava gente”. L’autrice chiarisce subito che le razze non esistono, non hanno alcun fondamento scientifico: la “razza” si cita nell’articolo 3 della Costituzione perché si era ancora legati a concetti pseudoscientifici che sono stati smentiti. Pensiamoci: adesso si vedono molti italiani “di colore” (che poi anche questa locuzione, sottolinea Patriarca, non ha senso perché parte dal presupposto che il bianco non sia un colore e invece lo è, e pure dalle mille sfumature), anche se molti hanno difficoltà a ottenere la cittadinanza perché, pur essendo nati in Italia, devono avere almeno un genitore italiano secondo una legge che segue, sin dal 1912 (su cui è stata ricalcata quella del 1992) lo “ius sanguinis” e non lo “ius solis”, ma cosa successe nel dopoguerra? Quando molti bimbi (non si sa esattamente quanti ma comunque una consistente quantità) nacquero dalle relazioni, non solo derivate da stupri, come correntemente si disse e si preferì credere, ma anche di vero amore fra i GI, i soldati alleati d’oltreoceano e le donne italiane? Dei “figli della guerra”, dei “mulattini” come venivano chiamati, cosa ne fu? Di quello in copertina, figlio di un nero e di una ragazza napoletana bionda (donde la sua capigliatura), oltre a essere protagonista di due film (“Angelo tra la folla” e “Il mulatto”) in quegli anni dell’immediato dopoguerra (1946), non si è saputo più nulla. Bisognò aspettare il 1980 e la lungimiranza di una casa editrice come Feltrinelli per avere “Nero di Puglia”, il romanzo autobiografico di Antonio Campobasso che ha vissuto i suoi primi nove anni a Triggiano (vicino a Bari), per poi vivere tra istituti e abbandono (il padre non lo conobbe, la madre se ne andò in Australia) prima di trovare nella scrittura e nel teatro (con Alessandro Fersen) la sua salvezza. E Patriarca è partita proprio dal suo libro per seguire le vicende di altri bambini che hanno vissuto la stessa esperienza e delle loro madri, spesso vittime dello stigma sociale di aver avuto relazioni con un nemico (come per molti erano considerati non solo i tedeschi ma anche i recenti alleati). I bambini mulatti venivano presi a sassate, le loro madri considerate delle prostitute. Quindi gli italiani si mostrano, mediamente, non solo razzisti ma anche m

Mariateresa Gabriele

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Ricco di informazioni davvero interessanti per chi è italian* o è culturalmente legato all’Italia. Un viaggio nella storia del razzismo come non ci è mai stata raccontata.

Arianna Ghiglione

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Ho trovato il libro un po’ pedante

Francesca Dallasta

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L’autrice descrive tutti gli aspetti che hanno riguardato "gli indesiderati figli della guerra" riportandoci direttamente in quel periodo storico, in quei luoghi d’Italia e persino nelle menti della popolazione del tempo. E’ assolutamente uno sguardo sul passato che però ci riporta ad oggi perché purtroppo la propaganda che fomenta la paura dello straniero diverso da noi esiste ancora e non è poi così diversa.

Silvia Lena

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Moses Dobruska filosofo sociale nato nel 1753 e morto sulla ghigliottina nel 1794. I suoi libri cercano di spiegare le cause delle diseguaglianze sociali. L’egoismo delle classi dominanti e le cause che spinsero alla rivoluzione francese. Rousseau, Vico considerati i capostipite della organizzazione sociale. Dobruska scrisse anche il glossario della Costituzione sociale. Un elenco di articoli che dettano le condizioni per la democrazia, l’aristocrazia o monarchia per trovare la felicità. Da leggere con più calma perché è molto, molto interessante.

Franco Della Ducata

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Scelgo questo libro perché ricostruisce in modo documentato e brillante gli atteggiamenti nei confronti della “razza” e del colore della pelle nel periodo del Dopoguerra. L’autrice mette in luce come la giovane democrazia italiana, ispirata da una delle Costituzioni più avanzate del mondo, dovesse cambiare direzione ideale, morale, civile, politica e culturale rispetto alle devastanti conseguenze della dittatura fascista e della guerra. In particolare dovevano essere riparati gli effetti nefasti delle infami leggi razziali imposte dal regime mussoliniano nel 1938. Silvana Patriarca è netta nell’affermare che la genetica ha dimostrato l’inesistenza di razze distinte nell’ambito dell’unica specie “homo sapiens” e che la stessa nozione di “razza” oggi è stata dimostrata infondata sul piano scientifico, come afferma in un passaggio-chiave: “La “razza” non è una realtà biologica né una categoria naturale, è un costrutto sociale, un “modo di creare” le persone, ponendole dentro categorie prestabilite e arbitrarie”. Il libro avvince nel seguire le vicende dei “meticci di guerra” o “mulattini” nati dalle relazioni di donne italiane con soldati stranieri di colore durante l’occupazione e il periodo coloniale. Nelle ossessioni identitarie e razziali della destra estrema erano i “figli della colpa” ed “estranei alla Nazione” , pertanto, non furono percepiti come veri italiani. Il meticciato, addirittura, veniva stigmatizzato in certi ambienti retrivi, come un “delitto contro Dio”. Il libro stimola a comprendere quanto ancora oggi, sebbene la nostra società sia diventata multietnica, non siano scomparsi i pregiudizi razziali e quanto l’art. 3 della Costituzione sia ancora lontano dall’essere compreso, osservato e praticato.

Iole Dinnella

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Innanzitutto l’argomento trattato è incredibilmente interessante: non avevo idea dell’esistenza dei brown babies tra i "figli della guerra" e già questo è sufficiente, a mio parere, per ringraziare l’autrice per la pubblicazione di questo saggio. Con un linguaggio semplice ed efficace l’autrice espone fatti e avvenimenti storici sorprendenti, accaduti subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Quanta sofferenza, descritta però con lucidità, leggerezza e piglio giornalistico. Leggendolo si troveranno molte analogie con la retorica populista moderna, come la semplificazione ad opera dell’opinione pubblica di un fenomeno invece complesso, l’attribuzione delle colpe del degrado agli stranieri, l’abbandono e l’isolamento di questi fanciulli dalla pelle scura, il razzismo insensato, sebbene nessuno fosse disposto ad ammetterlo (viene da chiedersi se non sia ancor oggi così). Sono però presenti anche esempi di virtù degli italiani, come il ruolo cruciale della chiesa e delle famiglie che li hanno accolti. Un saggio di grande attualità che non trascura il contesto storico e socio-politico del tempo, senza tuttavia trascurare mai l’aspetto emotivo. A mio parere dovrebbe essere letto da tutti gli studenti delle superiori. Un piccolo capolavoro che ho letto d’un fiato.

Federico Gallo

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Una testimonianza fantastica, ricca di informazioni attinte anche da innumerevoli fonti.
Un libro "denuncia" del razzismo che dovrebbe essere proposto nelle nostre scuole e anche agli adulti, per un effettivo cambiamento radicale della mentalità ancora in parte razzista del nostro paese.

Maurizio Rossi