< Il tempo di un lento di  Giuliano Sangiorgi (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di IlTempoDiUnLento raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Una storia d’amore, di diversi tipi di amore.
D’amore romantico, impetuoso e travolgente, di quello che ti cambia e che spazza via quello che sei o credevi di essere.
Di amore eterno, indelebile, sacro, come solo sa essere quello di una madre o un padre.
Una storia nostalgica, sognante, da leggere tutta d’un fiato.

Eleonora Repetti

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Giuliano Sangiorgi
Il tempo di un lento
Einaudi
Il libro è costruito come tre racconti distinti e cambia di volta in volta la persona narrante, ma in realtà snocciola negli anni una sola lunga storia.
Luca e Maria Giulia ragazzini delle medie che fuggono dalla provincia e dalle famiglie per evitare di rimanere separati durante le lunghe vacanze natalizie.
Luca adulto e famoso che racconta la sua gavetta nella spietata New York ad un antipatico giornalista.
Infine la storia di Gennaro, il papà di Luca, che si trascina nella sua triste esistenza finché non vede alla tv gli occhi di quel suo figlio perduto, ormai adulto e famoso musicista jazz.
Il libro parte come una favola d’amore tra due ragazzi e continua raccontando di una vita dedicata totalmente, con amore alla musica. Nonostante l’idea di base mi sia piaciuta, non mi ha conquistata. Ho trovato un po’ pretestuosi alcuni eventi usati per far proseguire il racconto. Lo stile è troppo prolisso in alcuni punti, come durante il flusso di pensieri del Luca adulto. Ma questi sono fastidi personali legati al mio gusto di lettrice. La terza parte è tutt’altra cosa, la storia del padre di Luca, “la storia senza fine dell’uomo senza vita”, è coinvolgente e scritta meglio a mio parere. Inoltre ho ovviamente adorato ogni volta che Giuliano/Luca parla di musica, dal Festivalbar dell’84 al jazz di Miles Davis, passando per le bellissime citazioni dai suoi pezzi. Per tirare le somme della mia recensione, non posso dire assolutamente che sia brutto, ma non l’ho preferito.

Valentina Generoso

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Il testo affronta un tema interessante ma in modo decisamente scontato. Dal punto di vista stilistico è a tratti eccessivamente retorico e spesso melenso. La trama è poco plausibile e talvolta poco approfondita. È apprezzabile il percorso transmediale proposto dall’autore attraverso il suggerimento implicito dei brani musicali con i quali accompagnare il testo da cui emerge la competenza dell’autore in fatto di musica alla quale, però, Sangiorgi si dovrebbe limitare.
Nel complesso, probabilmente, è un testo che funziona ma resta di certo insipido.

Arianna Ferioli

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Il romanzo di Sangiorgi è una tenera storia scandita in tre momenti della vita di un uomo. L’infanzia segnata dal primo bacio, dalla prima follia d’amore e dall’incontro con la musica. La giovinezza caratterizzata dal mettersi alla prova in un paese straniero e dal tentativo di conoscersi e riuscire con le sole proprie forze. Infine, l’età adulta, vista questa volta dagli occhi di un vecchio padre (l’ultima tappa esistenziale, la vecchiaia) in cui Luca, il protagonista, è riuscito a realizzare i propri sogni.
Il testo è caratterizzato da uno stile particolare che regge dall’inizio alla fine. Sangiorgi inserisce tutto il suo amore per la musica, tralasciando qualche svolta di tama (al termine del romanzo restano delle domande sulla sorte di alcuni personaggi). Nel complesso il libro è piacevole e lo consiglierei, per trama e stile, a dei ragazzi o a degli amanti della musica.

Stefano Cavo

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un bel libro, la storia di un amore che prende una piega inaspettata.
Un libro piacevole da leggere.

Serena Spatafora

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Due ragazzi, il primo amore, la voglia di libertà. Poi, l’inesorabile scontro tra il sogno di perfezione adolescenziale e la dura realtà dell’imprevedibile vita. Se sei nato fra gli anni ‘80 e ‘90 non avrai difficoltà a simpatizzare con il protagonista, ad immedesimarti nella sua routine familiare, a sentire addosso il caldo delle sere d’estate illuminate solo dal logo del Festivalbar proiettato dalla tv. Devo dirlo però: ho avuto difficoltà a superare i primi capitoli. Nonostante tornare con la mente alle feste in casa da preadolescente, all’ansia provocata dal gioco della bottiglia, sia stato effettivamente un dolce bagno nei ricordi, ho trovato la prima parte del romanzo ripetitiva. Indugiare così tanto e a più riprese su alcuni dettagli, situazioni e pensieri mi ha fatto perdere interesse. L’evoluzione della storia, a partire dalla sorpresa di Maria Giulia a scuola, ha poi catturato la mia attenzione. Vorresti sapere come andrà a finire fra questi due ragazzini! Il romanzo, invece, ti porta oltre oceano a seguire le vicende di un emigrato che vivrà a pieno il sogno americano. Alla fine, tutti i tasselli assumono un significato ma, quello che si è andato a comporre, a parer mio, è un puzzle a cui mancano un po’ di pezzi. Il disegno in generale si vede, è comprensibile, ma ci sono quei pezzettini mancanti ai lati che ti lasciano con un sacco di domande: Gennaro pensava che il figlio fosse morto su quel treno, ma davvero senza aver mai trovato un corpo tutti l’hanno dato per morto? L’avranno curato in qualche ospedale, l’avranno registrato in qualche modo; come può un adolescente scomparire dai radar per sempre? Come ha fatto questa persona ad andare in America? I documenti li avrà avuti, ma se era dichiarato scomparso/morto, come faceva a viaggiare? Documenti falsi? Il personaggio di Maria Giulia, dapprima analizzato fino all’ultima ruga d’espressione da bambina maturata troppo in fretta, viene poi ignorato per mezzo romanzo e liquidato con una frase sul finale “Lei è viva, viva da qualche parte”. Quindi nemmeno lei è mai stata cercata? Anche lei documenti falsi e nessun contatto con la vecchia vita? Ok che parliamo degli anni ’80, però del ‘900 non del ‘700!
Diciamo che questi quesiti mi hanno fatto un po’ storcere il naso, togliendomi il gusto di immaginarmi questi fatti come realizzabili nel concreto.
È stata però una piacevole lettura, mi ha dato l’opportunità di ricordare facce,sensazioni, sentimenti di un periodo che ormai vive solo nel mio cuore!

Carmela Panico

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Ammetto di essere partita molto prevenuta (Giuliano Sangiorgi non è tra i miei preferiti). Invece mi sono ritrovata a leggere Il tempo di un lento con piacere, soprattutto andando avanti nella lettura. Non che arrivati all’ultima pagina si stringa il libro al petto con un sospiro struggente, ma ho trovato la storia - per quanto acerba e banale - piena di buone intenzioni e le parole scivolano una dopo l’altra. Forse un po’ troppo "Young Adult", un po’ mielosamente esistenziale. È tutto alquanto "abbozzato", ecco. Avrei preferito una maggiore profondità, tanto nella trama quanto nei personaggi.

Jessica Pelide