< Il tempo di vivere con te di  Giuseppe Culicchia (Mondadori)

Qui di seguito le recensioni di IlTempoDiVivereConTe raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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I saggi non si scrivono con l’album di famiglia, credo, ma con oggettività e ricerca dei dati da analizzare e commentare. "Il tempo di vivere con te"è troppo imbevuto di ricordi personali per essere un saggio: può essere forse un frammento di storia romanzata/biografia/autobiografia e le informazioni storiche non ci dicono niente di nuovo.

Alasia era un "buono" traviato, un violento, un lupo travestito da agnello? Era quello che l’autore ci fa credere di voler ricordare di lui.

Elisabetta Nucifora

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Anni di piombo, brigate rosse, pagine terribili della storia italiana spiegate da un punto di vista laterale che riesce ad amplificare ancora di più l’angoscia e il dolore di quanto avvenuto.
Walter Alasia viene raccontato dal bravissimo Culicchia con un continuo contrasto tra il Walter intimo, amato e adorato parente dell’autore, ed il Walter "pubblico", militante politico ed infine freddo brigatista.
Ed è proprio tale contrasto che rapisce nella lettura, perché tocca un aspetto universale: ognuno di noi è tante versioni diverse di sé quanti sono gli occhi che ci guardano. E lo siamo senza che ci sia un’incoerenza di fondo: possiamo essere affabili ed affettuosi cugini, possiamo essere figli in lotta con i padri, possiamo essere cittadini in lotta con un’istituzione in cui non ci riconosciamo. Viene messo in evidenza magistralmente da Culicchia, lo cristallizza benissimo nella forma narrativa, e lo viviamo quotidianamente in questi tempi strani, di pandemie, di persone a cui vuoi bene che riscopri incazzati novax, di persone generose e disponibili di cui ti ritrovi a leggere commenti social di becero razzismo. E fatichi a delinearne i contorni, a capirne la vera forma, e può capitarti di raccogliere solo infinito dolore, come l’autore con Walter. Dolore che provi anche tu durante la lettura, con lo zenit raggiunto nelle pagine strazianti degli ultimi pensieri di Walter nel momento della morte. Bellissimo libro, bello e doloroso.

Fabio Pasotto

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Il libro ripercorre la cronaca degli anni di piombo attraverso gli occhi ed i ricordi di un bimbo, cugino del brigatista Walter Alasia. La prospettiva dello scritto non è la storia del terrorismo classico come raccontato dalle fonti ufficiali e dai media né come ricordi di chi ha vissuto quelle vicende da spettatore lontano, ma vuole mostrare come, coloro che scelsero di militare nella Lotta armata clandestina, fossero delle persone “normali” che seguivano i loro principi ed i loro sogni rivoluzionari, non per il proprio tornaconto ma per raddrizzare i torti della società capitalista e del benessere di pochi.
La lettura scorre veloce e fa riflettere, anche se le considerazioni fatte dall’autore, coinvolto emotivamente, possono indurre a pensare che egli tenda a discolpare e giustificare i ragazzi che volevano migliorare il mondo a discapito dei “cattivi” (magistrati, poliziotti, carabinieri) che brutalizzano coloro che vogliono riformare la società.

Francesco Pintus

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Ho sempre apprezzato Culicchia dai tempi di Tutti giù per terra. Sono stato fortunato perché avrei voluto acquistare questo libro. L’ho trovato non fra i suoi migliori, ma di buon livello. Interessante questa maniera di ritrarre un ragazzo che diventerà terrorista ,attraverso gli occhi di un bambino che lo vede solo come il suo grande cugino e compagno di giochi.

Federico Corubolo

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Eccellente.
letto tutto d’un fiato. una veloce panoramica degli anni di piombo in commemorazione di un giovane affiliato alle brigate rosse che uccide due poliziotti e resta a sua volta ammazzato nell’evento. Una sorte di riabilitazione familiare ed affettiva da parte dell’autore nei confronti del giovanissimo cugino brigatista. due eccellenti passaggi che meriterebbero approfondimento. Il primo: le madri, donne, ma soprattutto operaie, quali incubatrici del messaggio di rivolta brigatista perché tessevano in famiglia una coscienza politica diversa, volta ad invertire il sistema statale,oppressivo e patriarcale, spingendo i figli alla rivolta.Il secondo punto: i giovani brigatisti rappresentati quali eredi della resistenza che agivano con violenza perché temevano che l’Italia si apprestasse ad essere teatro di dittature come in Spagna e Sudamerica. Una storia in sé semplice e veloce che con sagacia abbraccia tutti gli aspetti, storico, politico, culturale, sociale, familiare, sentimentale, degli anni di piombo, forse un po’ troppo taciuti alle generazioni successive.
Un racconto intenso, da non perdere.

Ida Napolitano

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Interessante e istruttivo, malgrado l’argomento non facile è scritto in maniera semplice, adatto a atutti.

Marco Sedda

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La vicenda del brigatista rosso Walter Alasia narrata attraverso i ricordi del cugino, più giovane di una decina d’anni, il quale tenta di unire l’immagine personale e intima del proprio - amato - parente e ispiratore di prime avventure, con quella del giovane - quasi uno sconosciuto - progressivamente sempre più addentro alla lotta politica. Narrazione a tratti ingenua, non sempre altrettanto coinvolgente per chi legge, interessante come testimonianza di fatti della nostra storia recente e toccante nella sua spontaneità.

Livia Spezzaferro

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attraverso il dolore di una notte, attraverso gli occhi di un bambino, si può ricostruire e vivere i vissuti di anni di lotta, di interesse (e disinteresse)? Si...basta leggere questo ottimo spunto.

Luigi D’Alauro

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Una scrittura forse volutamente retorica (un pò tipica dell’autore) narra una vicenda politica strettamente intrecciata con una familiare. Non facile compito, poichè retsa difficile mettere spazio tra se e la storia. E’ però riuscito a collocare una figura difficile in un mondo a nostra comprensione, e non si può non amare il personaggio, non commuoversi all’amore incondizionato di tutta una famiglia coinvolta, come succede malgrado se stessa nella storia.
Libro potente anche se a tratti patetico (in senso etimologico). Giudizio positivo

Tamara Virgili

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La scrittura del libro "Il tempo di vivere con te" è vibrante. Interessante il tono di una lettera personale tra i due parenti, i due giovani di famiglia numerosa. Il tema, la vita di un terrorista, non è stato di mio gradimento. Non trovo possibile giustificare in alcun modo che un essere umano tolga la vita a un altro in nessuna circostanza. Ma il libro è scritto molto bene e non vacilla in tutte le sue pagine, non importa quanto poco tu sia d’accordo con il principio politico per cui un giovane diventa un terrorista in una società democratica

Salomé Blanco López

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La storia del legame affettivo molto forte tra l’autore e il cugino Walter Alasia, brigatista rosso ucciso nel dicembre del 1976. Un libro che è al tempo stesso una ricostruzione storica dei fatti realmente accaduti, intorno ai quali vi sono ancora numerose questioni irrisolte, è una piccola saga familiare. Ricerca di oggettività e coinvolgimento emotivo dell’autore si fondono in un mix molto equilibrato e coinvolgente.

Maria Crevaroli

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Interessante affresco del periodo degli anni di piombo, attraverso la vicenda personale di un ’piccolo’ protagonista (il terrorista) vittima lui stesso di meccanismi politici e sociali più grandi di lui. La scrittura è densa di date, nomi, eventi e la lettura mi è stata un poco lenta e difficoltosa, e stride con la parte ’personale’, che ha un altro ritmo e una modalità di racconto quasi infantile.

Anna Maria Baccan

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Poco interessante in base ai miei gusti personali.

Giacomo Planeta

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La morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che tocca molto da vicino l’autore: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai. Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprì il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell’antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentò di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia. Culicchia all’epoca ha undici anni e Walter è suo cugino. Ma in realtà è molto di più: è il fratello maggiore con cui non vede l’ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. È un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio. In questo ricordo asciutto e allo stesso tempo accorato Culicchia ricostruisce ciò che da bambino sapeva di Walter, scavando nella memoria alla ricerca dei germi di ciò che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E così facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente unica. Non c’è vittimismo, non c’è retorica, c’è il dolore di un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla lucidità di un grande scrittore che ha cercato per oltre quarant’anni la giusta distanza per raccontare questa storia, che mi ha commosso ed emozionato.
(Claudio Facco)

Claudio Facco

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È un saggio scritto con amore, o meglio per un amore tradito. L’amore che lo scrittore ha nutrito per il cugino, Walter Alasia, e che è rimasto irrisolto a causa delle scelte e della tragica fine di quest’ ultimo. Il cugino ha fatto parte delle Brigate Rosse ed è stato ucciso, dopo aver ucciso due rappresentanti dell’ordine (un vicequestore e maresciallo di polizia), in uno scontro a fuoco al momento dell’arresto.
L’autore era ancora bambino e l’enormità dell’evento l’ha portato a non capire. La struttura portante del libro pertanto è l’interrogarsi, l’interrogare documenti e testimonianze, in una sorta di dialogo impossibile. Difficile infatti è conciliare l’immagine di un cugino scherzoso e sempre pronto a giocare con l’immagine di un brigatista assassino. Forse per questo le domande rimangono inesorabilmente senza risposta.
La narrazione della vita condivisa tra i due cugini ha dentro la bellezza e la nostalgia dell’infanzia, con i suoi luoghi e i suoi giochi. Si coglie che il cugino Walter era una sorta di idolo, di esempio da imitare per l’autore; così come accade in una relazione tra cugini in cui il piccolo cerca di imitare il grande. A questi racconti vengono affiancati stralci storici, con elenchi lunghi di uccisioni ed attentati. L’illustrazione però non è piana e l’accumulo di dati riesce difficilmente a chiarire il contesto – a patto di non averlo vissuto o studiato nei libri. A poco servono le citazioni delle canzoni dell’epoca o la ripresa di passaggi interpretativi di altri libri o le lettere della zia. Alla fine l’autore è ancora – infantilmente? - tentato di attribuire all’incontro con Curcio la colpa del passaggio di Alesia da Lotta Continua alle Brigate Rosse.
L’acme della narrazione si raggiunge nel racconto della mattina della tentata cattura e dell’uccisione: il dialogo si fa identificazione e l’autore cerca di mettersi nei panni del cugino e di vivere il momento. La reiterazione sintattica: mentre sei lì solo steso a terra nel gelo di quel mattino di dicembre (ripetuto 30 volte) rende tutto il dolore provato e l’incomprensione dell’evento.
Il fatto storico in sé meritava e merita di essere approfondito ma con altra documentazione e altri mezzi espressivi. Anche la nota finale delle pagine bianche di Wikipedia, relative all’elenco delle persone delle Brigate rosse uccise, messe a contrasto con il puntuale elenco delle persone uccise dalle Brigate rosse, se da un lato conferma l’idea della limitata attuale narrazione storica di

Vittoria Sofia

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Guido Rossa, figura fondamentale del movento operaio negli anni ’70, ucciso dalle Brigate Rosse e ingiustamente ricordato solo da chi quegli anni li ha vissuti. Un uomo che si è battuto per i suoi ideali e per il bene comune. I giovani d’oggi, parafrasando gli Stadio, dovrebbero chiedere chi era Guido Rossa e leggere il libro di Luzzatto.

Giada Caparrotta

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Ho molto apprezzato l’occhio del narratore così vicino al soggetto che descriveva.

Aurora Passon

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Racconto struggente della vita di Walter . Bel ragazzo amato da tutti per la sua gentilezza e bontà. Purtroppo il periodo da lui vissuto l ha in un certo senso costretto a inseguire quelli che pensava i suoi ideali. Ben scritto , si legge con apprensione.

Paola Barile

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Molto particolare il taglio di questo saggio che racconta di un ragazzo che entra nelle BR e viene ucciso dalla polizia a 20 anni. Infatti è scritto dal cugino che lo ha amato tantissimo e ci fa conoscere la sua storia, la sua famiglia, la sua vita prima di questa decisione che lo ha distrutto. Anche l’irruzione della polizia a casa sua davanti alla sua famiglia e la sua morte sono descritti molto bene.

paola confalonieri

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Libro bellissimo. Secondo me qualsiasi persona che lo legga spera, magari un giorno, che qualcuno scriva un libro così su di sè.
Super consigliato, dolce e amorevole ma anche vero

Federica Ferri

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È il racconto di una storia d’amore. Però non d’amore comensi può intendere tra due innamorati. È una storia d’amore tra due cugini che nn vedono l’Olanda passare del tempo insieme una volta all anno nel.momento in cui le loro famiglie si reinconyrano per trascorrere insieme le ferie esti e a asa dei nonni. È la storia di Walter e Giuseppe, del bel tempo trascorso insieme e forse anche la storia di tanti di noi che le estati le hanno vissute proprio come loro due. È la storia di un trauma, e di un periodo della nostra vita: amara, piena di sogni, dura eppure che ci ha lasciato tanti ricordi felici. Un yempo in.cui i cugini erano fratelli e le zie seconde madri. Eppure il libro propone da una prospettiva nuova la storia di un brigatista. Ci restituisce una verità e a me personalmente ha commosso.

Gianni Vacchiano

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Difficile fare un confronto tra questi due libri, così diversi. In particolare l’impatto emotivo dell’altro è tale che le storie della gente di Trieste, pur se molto interessanti, rimangono in secondo piano.

Francesca Maria Messina

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Pensavo che non mi sarebbe piaciuto invece l’ho letto tutto d’un fiato. Spesso di fronte alla cronaca più nera ci dimentichiamo che siamo parlando di esseri umani con una madre, un padre, una famiglia intera. Il racconto è carico di umanità vera, senza prese di posizioni politiche, e trasmette molto bene gli stati d’animo di quegli anni così complicati della nostra storia. Assolutamente da leggere.

Beatrice Spagnesi

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Mi ha commossa il racconto così personale, con gli occhi di un bambino poi ragazzo, di una vicenda tanto pesante nella storia del nostro paese. Pecca un po’ di ingenuità in qualche momento, ma c’è la sincerità del vissuto. E quindi si perdona a questo fanciullo ormai adulto, anche coraggioso nell’averci messo a parte della sua storia.

Flavia Ponzi

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Scritto bene. Incalzante nella descrizione dei fatti politici del tempo, ne viene fuori comunque un elenco asettico. Poi passa a descrivere momenti di vita familiare in cui le vicende politiche sono importanti. Descrive la vita del cugino alternando distacco per le vicende di Milano e grande partecipazione emotiva per i rapporti personali, nonostante la differenza di età. L’episodio della morte è descritto con grande partecipazione e con l’analisi dei fatti molto puntuale. Diventa poi molto angosciante con le giuste critiche e la giusta partecipazione al dolore delle vittime del terrorismo. Nel complesso più che un saggio pare una testimonianza molto intimista.

Fabio Frigeri, 69 anni, insegnante in pensione di

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un libro su un terrorista delle BR, scritto anche bene, ma non di mio interesse

Georg Umgiesser

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Spesso le parole non sono sufficienti. La descrizione di un susseguirsi di attimi di esistenza appare un ostacolo invalicabile. Ma è proprio da questa difficoltà che si struttura l’intensa narrazione di Giuseppe Culicchia ne Il tempo di vivere. L’opera racconta un punto di vista unico sulla vita di Walter Alasia, analizzandone la sfaccettatura umana, oltre la storia. Addietro alle persone esiste un mondo, quello della dimensione familiare, quell’insieme di legami che uniscono le persone: la biologia è il basamento ma esiste una sovrastruttura emotiva. Il rapporto tra cugini è qualcosa di indescrivibile, non corrisponde a quello che sussiste fra due fratelli, è simile a un rapporto di amicizia, tenuto insieme dall’intersecarsi di due famiglie. Questo legame tra Walter e Giuseppe è un rapporto scandito da istanti di bontà e felicità. Un rapporto fatto anche di attese, in quei momenti in cui si aspetta il momento dell’incontro. Non si tratta di un semplice svago fanciullesco, questa è Vita. Di fondo cosa è la vita? Qual è la risposta a questa annosa domanda? Vivere non è semplicemente “esistere”. Vivere è esserci, vivere è la scansione della nostra esistenza. Poi c’è la politica. Sono anni difficili, travagliati dal terrore e dall’instabilità. L’Italia era fuori dal conflitto mondiale, ma una nuova guerra, in quegli anni 60-70, era alle porte. Il terrorismo si diffonderà in tutto il Paese, e non passa giorno senza dover stilare l’elenco delle vittime. Una serie di nomi senza fine. Oggi ci resta la viva testimonianza di quanto è accaduto, e soprattutto la speranza che ciò non riavvenga. Lo spaccato di una vita familiare offre uno sguardo diverso sulle persone, in particolare nella figura di Walter Alasia. Ho molto apprezzato molti aspetti del testo: lo stile di scrittura emotivamente coinvolgente, il corredo fotografico, la descrizione di contesto vicino e allo stesso tempo lontano. Tuttavia, il testo non incontra completamente il mio gusto di lettura.

Valerio Mannucci

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Una lettura forte, che ci racconta uno dei periodi tra i più difficili da analizzare della nostra storia. Raccontata a partire da un episodio che sembra marginale, scopriamo retroscena e sentimenti che ci trasportano nel passato, per cercare di dare una spiegazione a quegli anni.

Claudia Foglieni

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Interessante l’idea di una biografia su Walter Alasia. Interessante anche l’idea di mettere nero su bianco la storia di qualcuno che è stato “dall’altra parte”. Qualcuno che non ha fatto parte dei buoni. Qualcuno che però ha avuto una storia e una famiglia. Azzeccata la scelta di utilizzare come narratore il cugino, che riportando le sue parole, si sente molto più di questo, un fratello. Anche i “cattivi” hanno una mamma, un fratello, un cugino che tiene a loro. L’aspetto che purtroppo più di tutti non mi incuriosisce e di cui non ho ben capito il senso è la scelta narrativa di rivolgersi con la seconda persona singolare al soggetto di questo scritto. Forse la scelta di essere più immediati o di staccarsi dall’idea canonica della biografia, tuttavia non ho ben compreso e apprezzato questa tecnica.

Alice Gualtieri

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Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culocchia è la storia di un brigwtista:Il brigatista si chiamava Walter Alasia ed era il cugino dello scrittore. È proprio per raccontare la sua storia che Culicchia pubblica, a quarant’anni di distanza, il suo libro: un intreccio di narrazione storica e di storia personale, familiare, anni di piombo e tenerezza, a tratti melenso

Sara D’Emilio