< L’arte di legare le persone di  Paolo Milone (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di LArteDiLegareLePersone raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Questo libro è un viaggio diretto attraverso l’esperienza dell’autore all’interno di un reparto di psichiatria. Aiuta a vedere una realtà senza filtri presentandola nel modo più lirico e umano possibile.

Alessandro Vito Milazzo

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Un pò troppo prolisso su un argomento tutto sommato circoscritto.

Giusy Sciortino

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Un libro davvero meraviglioso, capace di tenerti completamente incollato alla pagina fino alla fine. E’ davvero impressionante, a tratti disarmante, la delicatezza con cui l’autore ci fa entrare, in punta di piedi, nella quotidianità e nella frenesia di un reparto psichiatrico. Per chi non ne soffre, le malattie psichiatriche sembrano un mondo molto distante: Milone invece cerca di farcelo comprendere nel modo più semplice possibile, con descrizioni chiare ma molto incisive.
La lettura di questo libro è in grado di farci sviluppare un sentimento che al giorno dopo diventa sempre più importante: la sensibilità, soprattutto verso il prossimo.

Matilde Elisa Sala

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Opera di uno psichiatra giunto al termine della carriera svolta nel servizio pubblico in cui coincide io narrante e autore. Seppure in forma "romanzata" se ne evince - o si immagina con alto livello di probabilità - un’esperienza personale dell’autore-narratore molto stretta e ravvicinata al corpo del paziente, attenzione diretta alla persona trattata come tale, con la dignità che merita. La differenza tra "noi" è "loro" viene descritta come un tiro di dadi riuscito bene: dilemma irrisolvibile consisterebbe nel conoscere quante altre volte nella vita e nel mondo i tiri di dadi inconsapevoli sono stati determinanti per una vita, una scelta, una condizione. Viene smitizzato il ruolo del medico e le storie dei pazienti (chiamati per nome) divengono storie di nostri conoscenti dei quali è irrinunciabile domandarsi quale ne sarà la sorte. La lettura trasmette emozioni in altalena, non consentendoci alcuna impermeabilità ad una condizione a cui molti vorrebbero essere permeabili o permeati.

Pier Livrieri

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Il libro di Paolo Milone è un esperimento diaristico che contiene in sé tracce dell’epistolario e del taccuino poetico: questa scelta, che scandagli per brani il libro, permette una lettura fluida e allo stesso tempo che può essere saltata e ripresa.
La tematica psichiatrica non poteva essere presentata in modo più intimo.

Francesca Attiani

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L’argomento trattato è molto delicato e l’autore riesce a farlo con leggerezza, senza l’atmosfera cupa che potrebbe nascere parlando di malattie mentali; nonostante questo ho preferito il secondo libro perchè l’argomento è più di mio gradimento.

Roberta Atzeni

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Come una danza in equilibrio sui fili tesi d’una ragnatela complessa esposta al vento e al sole.
Quadri descrittivi ,emotivi ma lucidi realmente vissuti a stretto contatto anche fisico con ciò che i più cercano di rimuovere.Letto come si beve un bicchiere d’ acqua fresca in estate.Leggerlo non e è solo bello ma anche utilissimo.

Meschiari Silvia

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“L’arte di legare le persone” di Paolo Milone ti porta dentro un mondo, quello della malattia psichica, del dolore: Milone però lo spiega con pagine che sembrano poesie. È un libro che fa venir voglia di fare qualcosa per gli altri.
L’arte di legare le persone racconta cosa vuol dire sentire il dolore degli altri e cercare di curarlo. Spiega che anche quando non puoi farci niente la tua presenza è importante. Che le parole servono a poco, i fatti valgono molto di più.
Avendo svolto un anno come volontaria del servizio civile nazionale, presso un centro diurno di una cooperativa sociale dove si gestivano utenti diversamente abili in età post scolare, devo dire che mi sono riconosciuta nei sentimenti e sensazioni descritte da Milone. Dal punto di vista professionale poi mi sono ritrovata quando egli racconta l’obbligo di tenere sempre un certo distacco dalle persone che si ha in cura, così come gli operatori socio sanitari mi hanno sempre raccomandato di fare con gli utenti del centro diurno.
Indubbiamente è sempre molto difficile perché subentrano sentimenti quali l’affetto, l’empatia l’instaurare inevitabilmente una sorta di rapporto con loro.
Mi è piaciuto molto questo libro perché, certo con professionalità, ma anche con infinita delicatezza ed umanità Paolo Milone è riuscito a far conoscere l’essenza del suo lavoro e l’infinita passione e dedizione ad esso.

Antonella Francesca D’Inzeo

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È stato un libro toccante, che in più punti mi ha commosso.
La narrazione così singhiozzata e frammentata fa ancora di più percepire la frenesia della psichiatria e i turbamenti emotivi del narratore.
È un libro che mi ha davvero colpito e che ho già consigliato è regalato.

Stefania Camiciola

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Storie di ordinaria follia o la via crucis della depressione. Certo che una volta chiusi i manicomi la malattia mentale è uscita anche dalle nostre percezioni. Almeno io riunivo i malesseri della sfera psichica in un generico male di vivere senza una vera consapevolezza della parte clinica. Raccontare poi per quadri la fatica di curare tali patologie manifesta una certa inadeguatezza nello scandagliare l’animo umano che tuttavia viene in parte superata da una carica empatica in grado di suscitare la fiducia di chi si affida per scelta o costrizione ad uno psichiatra. I sistemi di contenzione talora scelti manifestano una maggiore consapevolezza verso la dimensione umana del malato che verrebbe meno nel momento in cui si optasse per farmaci. La scrittura si affida a una leggerezza che rende la lettura scorrevole e comprensibile anche ai profani.

Maria Cacciavillani

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Non è un saggio. Il libro L’arte di legare, di Paolo Milone certamente non è un libro che insegna qualcosa. Impaginato come un libro di poesie, è un testo epico perché la vicenda si svolge fuori dal tempo; il contesto, genovese e carceraio o carcerario ospedaliero, è solo accennato; le vicende sono talvolta tragiche, talvolta quasi comiche ma sempre piccole vicende. Anche quando un paziente in difficoltà muore, quando si capisce che Anna è una figura importante, quando il protagonista cita colleghi e istituzioni quasi fossero la controparte. Un romanzo epico fatto di brevissime descrizioni di momenti come tanti: quando ti ho conosciuto… stamattina in reparto… vado in sala medici.
La decisione di sceglierlo è dipesa da un fatto: essere saggio, in questo caso significa porre un problema per cui non c’è ancora una soluzione efficace e definitiva. Certamente i farmaci e le terapie per alleviare il disagio psichiatrico, ma il problema più generale resta. Ed è quello del convivere con gli altri, tanto più quando gli altri non sono come la società li vorrebbe, non sono in grado di scegliere neppure per sé, soffrono rischiando la vita propria e l’altrui, chiedono aiuto. In un postscritto conclusivo, l’autore, quasi a tranquillizzarci, informa che oggi non si lega più e che il quadro è positivo, ma che resta il discrimine di dover fare buona psichiatria. E, per chi psichiatra non è, questo libro ci ricorda che serve ragionarne. Anche a partire dalle storie del libro. Piccole, comuni, raccontate con garbo.

Enrico Giannichedda

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Non mi era mai successo di leggere un libro di 200 pagine in sole 4 ore. È vero che lo stile è quello di scambio medico - paziente, quindi con testo più snello, ma sono stato conquistato dalla descrizione dei comportamenti e della "consecutio temporum" delle varie forme di malattia mentale. Bello.

MARCO MORETTI.

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Il testo rispecchia in pieno la realtà clinica, strutturale e soggettiva del caso evidenziando aspetti critici e relativi della materia psichiatrica e patologica e di servizio sollevando interrogativi e suggerimenti dediti all evoluzione sistematica per un servizio sanitario relativo adeguato e interessato e rispettoso dei pazienti sottoposti a trattamento o (cura)..

Giuseppe P.

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Un testo intimo che racconta la sofferenza e le difficoltà che attraversa uno psichiatra. Racconta un mondo sconosciuto ai più che nonostante tutto nasconde delle piccole perle di bellezza, seppur "sporcate" dalla pazzia.
Ho apprezzato anche lo stile quasi telegrafico dei paragrafi, utile sicuramente per non appesantire ulteriormente la lettura, considerando il tema delicatissimo.

Barbara Bria

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L’idea di costruire un libro utilizzando la tecnica della descrizione degli eventi accanto ai pensieri ed alle sensazioni dei protagonisti non è male. Forse l’argomento è apprezzato meglio (per questo sono un lettore privilegiato) dagli addetti ai lavori e questo lo ritengo un limite alla versatilità del saggio

Mario D’Amico

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La narrazione unisce ai pensieri dell’autore anche le vite degli altro, quasi in forma di diario, appunti a un sé futuro, e in questi quarant’anni messi su carta c’è tutta la fragilità, la contraddizione, la superbia, la fallibilità, l’esperienza e la passione di un uomo in quanto tale - e di una vita spesa così, a «guardare l’abisso con gli occhi degli altri».
Il libro mi è piaciuto,mi ha affascinato ed è stata una bella scoperta. Soprattutto mi ha affascinato che sia stato scritto come una ballata.

Vanessa Burella

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“La poesia non frequenta la psichiatria, si ferma sulla soglia.”
Io ho trovato molta poesia in questo saggio che, in non pochi punti, mi riportava alla mente “Antologia di Spoon River”, in modo particolare quando in poche righe raccontava l’essenziale dei suoi pazienti.
Con molta leggerezza, ironia e a volte sarcasmo mi ha accompagnato nel mondo delle malattie mentali senza nulla togliere al dolore dei pazienti, senza banalizzare la follia.
Poche frasi per raccontare un mondo e per raccontarsi.
C’è un ritmo giocoso nei piccoli ritratti che non nasconde anzi esalta la drammaticità della follia.
Mi hanno colpito molto le forti affermazioni, le domande importanti e le difficili risposte che tocca a me lettrice trovare.

Anna Maria Villa

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Ho piacevolmente apprezzato la lettura di questo saggio. In particolare, ritengo che l’autore abbia escogitato, attraverso una scrittura scorrevole, un modo interessante per descrivere la tecnologia. Infatti, parlare di tecnologia, in un’epoca in cui tutto ciò che ci circonda è tecnologico, è un’impresa non da poco.
Fin dalle prime pagine emerge chiaramente lo scopo del saggio, ovvero quello di sottolineare il concetto di cultura e di natura, dicotomia alla base del nostro essere umani. Da qui l’autore fa emergere l’idea di innovazione e di tecnologia, concetti strettamente legati a noi homo sapiens e alle nostre diverse fasi evolutive.
In meno di duecento pagine l’autore presenta al suo pubblico dieci invenzioni che hanno cambiato la sorte dell’umanità, dalla banale selce al sofisticato e complesso Wikipedia, invenzioni che accompagnano da millenni, secoli e anni la quotidianità di noi esseri pensanti. Lettura assolutamente consigliata.

Arianna Criscione