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L’ "Ultimo guerriero" e’ molto "denso" ma poco originale. Un romanzo distopico dovrebbe offrire visioni nuove, non snocciolare un collage di immagini alla Mad Max, Io sono leggenda, Il signore delle mosche etc calate in una possibile realta’ casereccia. Lieto fine banale.
Anna Lanzoni
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Il futuro è già qui
Se PRIMA avrei catalogato il romanzo come distopico, ORA le vicende narrate mi appaiono quantomeno prossime
e qui mi sento una occidentale ipocrita.
La frase più significativa: «Nessuno
è colpevole, nessuno è innocente, non ti fare un’idea preconcetta,
bada ai fatti».
La frase più bella:"La democrazia è la nostra fede".
L’orrore...l’orrore, come disse Kurtz, è qui, é sempre stato qui, semplicemente non lo abbiamo voluto vedere
Stefania Prandi
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La lettura del "Guerriero" ha suscitato in me sentimenti contrastanti; per primo, sicuramente, si è risvegliato il terrore. Allo stato attuale, non posso fare a meno di chiedermi se il mondo non stia davvero andando nella direzione descritta dall’autore; se in fondo non si rischi davvero di giungere presto al Dopo narrato. Le epidemie, la guerra, le crisi climatiche ed economiche che noi stiamo vivendo non mi sembrano poi tanto diverse da quelle che hanno causato il "DOPO". La seconda emozione risvegliata in me è stata la speranza. Una sensazione rassicurante si è diffusa in me sapendo che anche se l’umanità stava vivendo il suo momento più buio, la bontà non era stata del tutto spazzata via; che i Volontari esistessero ancora per prendersi cura di chi aveva difficoltà; che le "Amazoni post apocalittiche" non fossero le temibili assassine di cui si era tanto favoleggiato ma un gruppo di donne forti che si prendono cura l’una dell’altra, senza dover far necessariamente ricorso agli uomini. Penso che Massimo Lugli abbia saputo abilmente racchiudere l’essenza degli uomini nelle sue pagine; il loro passato, il presente che viviamo e probabilmente il nostro futuro. Oggi pensiamo di essere molto cambiati dai nostri antenati, sosteniamo di essere migliori di loro, invece le loro paure sono anche le nostre. Eppure non ho potuto fare a meno di pensare che l’autore, come me, nutra ancora speranza per questa nostra specie. Che ci suggerisca che forse, fino a quando esisterà un essere umano buono, fosse anche uno solo, varrà sempre la pena lottare per lui.
Ilaria Valentina Giannì
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L’ambientazione è quella di un futuro prossimo post apocalittico dove l’unica regola è la sopravvivenza. Quel che resta della società è suddiviso in categorie molto distanti: gli Esclusi, gli Erranti: i Bikers: i Regolari, i Bambini Assassini; le Amazzoni ed altri, ognuna con proprie regole, usi e costumi o completamente sregolati. Le interazioni tra i gruppi sono quasi inesistenti e spesso violente quando ci sono. Non mancano però gli aiuti della Croce Rossa. Non è importante come si sia arrivati alla catastrofe, quello che importa è scontrarsi con le diverse raggelanti realtà, averne repulsione e riflettere sul fatto che in un futuro forse non molto lontano il mondo potrebbe finire di essere organizzato così come è ora e precipitare ai tempi della pietra. La lettura di questo libro, nel periodo storico che stiamo vivendo si fa più che mai denuncia della potenza distruttiva dell’uomo, sia oggettivamente che soggettivamente, e della lotta per la sopravvivenza legata indissolubilmente alla ricerca di acqua.
Mi è piaciuto per l’analisi dei personaggi acutamente caratterizzati. Ogni personaggio ha la sua carica specifica: l’equilibrio di Giaguaro, anche se non è l’unico, regge la portata della narrazione traghettando l’uomo verso un futuro possibile e migliore, la personalità che ne fa un compagno di lettura bella e avventurosa.
Continui sono i richiami con la realtà che viviamo: le pandemie sempre più frequenti; la difficoltà di popoli con culture diverse di vivere nel rispetto e armonia reciproci; la diversità di genere vissuta con normalità; l’amicizia dono prezioso; l’amore che conduce alla rinascita. Si legge con notevole scorrevolezza e patos. Il mondo che eravamo e che poi, speriamo mai, sarà.
Irene Vallone
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I tre racconti in cui Marco Vichi torna agli inizi della carriera del suo protagonista, sono stati il mio primo incontro con il commissario Franco Bordelli. Il primo è ambientato nel ’49, il nostro è ancora vice e spesso i suoi pensieri tornano alla guerra a cui ha partecipato nella San Marco e che gli ha lasciato Blisk, un gigantesco cane pastore delle SS. In una casa di tolleranza conosce Rosa, prostituta dal cuore d’oro che lo spingerà ad indagare su un misterioso dirimpettaio. Nel secondo racconto, ambientato 9 anni dopo, sarà una passeggiata al cimitero a risvegliare la curiosità di Bordelli. Il terzo è ambientato la vigilia di un Natale di guerra, quello del ’43, dove passa la notte raccontandosi storie con altri due soldati (guest star: Curzio Malaparte). Scritti in modo scorrevole, ci presentano un uomo a cui piace il mestiere che ha scelto e lo fa secondo un personale concetto di giustizia. È curioso, intelligente con una passione per le belle donne, tratti che mi fanno venire voglia di seguire il commissario Bordelli nelle sue indagini.
Stefania Bonacasa
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Non è il genere di romanzo che amo leggere,un futuro catastrofico in un presente già così catastrofico! Non ho assolutamente apprezzato le dettagliate descrizioni delle sevizie cui è sottoposta Femmina qui avrei preferito un lieto fine.Scontato il finale.
Maria Rosaria Bozza
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In un mondo post apocalittico, sconvolto da sciagure di ogni genere, ancora qualcuno lotta per la propria gente: è il Giaguaro, capo amato dal suo popolo, eroe di un nuovo modo che, nonostante sia stato sconvolto, vive dinamiche sempre uguali.
Difatti, le classi sociali si sono già riorganizzate per mantenere un loro potere, ma la regola del più forte comunque prevale.
Da questo scenario non può che generarsi violenza, e infatti questa è spesso protagonista, con uno sguardo sul mondo che potrebbe venire e che, forse, non è poi così impossibile.
Giulia Mancini
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Una distopia che parte dalla pandemia e dalla crisi economica. Si dilunga troppo in certi punti dove si sarebbe potuto tagliare e non perdere il ritmo. La scansione a capitoli alternati tra i due protagonisti, a causa dello sfasamento temporale, in alcuni casi fa perdere l’orientamento nello scorrere del tempo. Chiusura un po’ troppo veloce e forse un po’ banale
Matteo Bartolini