< L’urna vagante di  Paolo Bocchi (Morellini)

Qui di seguito le recensioni di LUrnaVagante raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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L’urna vagante ha un’idea centrale, quella della mamma da seppellire in Italia, nel paese d’origine, e che viene poi sballottata fra varie avventure, che seppur non originalissima potrebbe essere sviluppata in maniera molto più convincente. Invece ci troviamo di fronte a frasi banali, spiegazioni non richieste, digressioni noiose, stereotipi di ogni tipo, in particolar modo su Milano, sulle relazioni omosessuali, sui personaggi di questo romanzo che sembrano presi da qualche brutto telefilm.

Veronica Zoccheddu

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Questo romanzo ha qualcosa di incredibile.
Racchiude in sé un piccolo e affrettato romanzo di formazione, concentrato in una sola improbabile notte che conduce due amici di vecchia data a rivelarsi a se stessi e l’un l’altro grazie ad un mix esplosivo di droghe. Dissemina piccole liriche che danno voce alle ceneri di una donna morta, contenuta in un’urna che passa da ossessione a dimenticanza, da oggetto di venerazione ad abbandono. E l’abbandono è il tema frettolosamente sviluppato nella seconda asimmetrica parte del romanzo. All’inizio i protagonisti sono illustrati nei più didascalici dei paragrafi. Ma forse non sono loro i veri attori della scena: ad essere narrata è soprattutto una Milano sospesa tra un tardo pomeriggio e un’alba, che rievoca le case di ringhiera ma finisce con l’appiattirsi sulla caricatura del salone del mobile con qualche rigurgito della più trita delle metafore dell’Italia repubblicana, la grande città bevanda. Questo romanzo ha qualcosa di incredibile nel suo essere sconclusionato, privo di inventiva e stupore, scontato in quelli che vorrebbero essere i suoi momenti salienti. Questo romanzo ha qualcosa di incredibile: è stato pubblicato. C’è davvero speranza per tutti.

Gianni Tomelleri

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Circolo dei lettori
di Pontedera “LaAV”
Coordinato da Maria Rolli
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La lettura di un libro è una esperienza a tutto tondo. Ci dobbiamo immergere nella storia e sognare tra le pagine. Spesso abbiamo delle aspettative sul volume che stringiamo tra le mani, ci ha attirato il titolo, la copertina, un dettaglio nella quarta. E speriamo di imbatterci in una bella storia, magari troveremo una frase che copieremo, metteremo un segno su una pagina da non dimenticare, ci appunteremo con la matita qualcosa da cercare.
Purtroppo nulla di tutto questo è successo durante la lettura del libro "L’urna vagante" di Paolo Bocci.
Ho trovato la storia poco interessante, piena di cliché già visti in molti film e affrontati in altre letture. Manca un vero tema conduttore e l’amore è solo un ingrediente. Alcuni personaggi restano come sospesi senza una storia.

Margherita di Francesco

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Angela viene a mancare dopo una lunga malattia. Il figlio Andrea intraprende un viaggio dal Canada, portando con sé l’urna contenente le sue ceneri, per esaudire il desiderio della donna di essere seppellita nel cimitero di Milano, sua città natale.  Una notte nella metropoli lombarda cambierà la vita di Andrea e del suo amico Richard. Un colpo di scena sul finale mette in discussione il passato della donna. Potrebbe essere una trama coinvolgente ed interessante, peccato, però, che l’intreccio ed il modo scelto dall’autore per raccontarlo risultino piuttosto disturbanti. Ciascun personaggio racconta quello che accade attraverso il proprio punto di vista, pertanto una stessa scena viene proposta più volte rendendo la narrazione a mio avviso ridondante e fastidiosa. Persino la madre dentro l’urna vede ogni cosa e commenta. Le descrizioni molto particolareggiate si sviluppano attraverso una serie di elencazioni che a volte occupano interi capitoli rendendo noiosa la lettura. Il linguaggio, in alcuni passaggi, ostenta una ricercatezza che pare inopportuna. Il modo in cui si svolgono gli avvenimenti che costringono l’urna a vagabondare nella metropoli lombarda in una sfrenata notte di eccessi e vizi è veramente poco credibile, in alcuni passaggi ai limiti del paradossale. Andrea e Richard, dopo anni di grande amicizia, riescono a palesare il loro amore reciproco. Peccato, però, che, per trovare la loro vera natura, sia stata necessaria una notte sfrenata di alcool, cocaina, ecstasy, fumo e sesso, che gli amici italiani Paolo e Simona si sono premurati di organizzare per loro. Veramente singolare anche la natura di questa amicizia il cui unico scopo pare sia quello di farli scatenare e di regalare loro una notte di sregolatezza e vizio. Se dovessi individuare qual è il messaggio che l’autore mi ha trasmesso con questo romanzo mi verrebbe da dire che è un’ode alla notte, “La notte è Dio” e quasi uno sprone ad abbandonarsi agli istinti, a perdere le inibizioni per trovare la verità, peccato però che in questo racconto la scoperta della verità passi attraverso alcool, sostanze stupefacenti e sesso senza pudore a cui, tra l’altro, la povera Angela assiste guardando tutto dall’interno l’urna. Forse un incontro di Andrea con Viola, di cui scopriamo l’esistenza negli ultimi capitoli del romanzo, sarebbe stato più interessante della descrizione del tempio della lussuria. Bella l’idea della trama, disturbante tutto il resto.

Cinzia di Luzio

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Scrittura precisa e accurata, ritmo coinvolgente . Il racconto che all’inizio sembra promettere vicende diverse, si evolve in modo inaspettato presentando scenari emersi recentemente alla cronaca di una Milano notturna e alla moda, piena di eccessi e vizi dove il denaro, le droghe e il sesso sfrenato fanno da padroni. Storia nella storia la vicenda di Viola che pur si intuisce a metà racconto ma soprattutto divertenti ed appropriati i siparietti nei quali la morta "ridotta in cenere", Angela, mamma di Andrea uno dei protagonisti, commenta il suo "viaggio" già pregna della saggezza dell’Aldilà che non le fa emettere giudizi sulle vicende alle quali "assiste" traendone felicità fino all’ultimo nell’essere approdata alla sua destinazione finale nel Cimitero di Milano , accanto al suo Gualtiero. Volerà, felice però, per altri lidi e sponde con una piacevole compagnia forse agognata una intera vita.
Recensione Il grande venditore

Il grande venditore: Il racconto è scritto, forse volutamente, sotto forma di diario da una persona di media cultura e per questo la lettura, almeno inizialmente quando non si è presi dalle vicende del simpatico ed intraprendente protagonista, risulta un po’ noiosa. Le vicende man mano diventano più coinvolgenti. Interessanti sono i riferimenti storici come quelli inerenti la costruzione in una sola notte del Muro di Berlino. Si viaggia per il mondo col protagonista, intraprendente napoletano che "ti accatta e ti venne" (ti compra e ti vende) con scaltrezza, intelligenza e perché no, simpatia pur quando gli affari sono al limite o addirittura, fuori legge. Si conoscono personaggi della cronaca come Maurizio Gucci e si conoscono storie che riguardano altri imprenditori "illuminati" del nostro Paese. Emerge il mito del "self made man" che dal niente è in grado di costruire una spessa rete di affari e che sa riemergere come un’Araba Fenice, quando gli stessi non vanno bene. Il lettore inoltre viene a conoscenza di meccanismi che spesso come acquirente non sa riconoscere. Interessante è lo spaccato del nostro Paese e soprattutto di una "napoletanità" intelligente, pratica e concreta che viene condita da una irresistibile favella e da tanta positività. Peccato per la scrittura talora troppo semplice e approssimata con qualche refuso che forse era da evitare in sede di revisione delle affermazioni in premessa.

BIO
Prof/ssa di Lingua e Letteratura Inglese al Liceo Statale di Ischia dal 2009 ed ora in pensione. Già insegnante alla scuola dell’infanzia per tre anni dal 1980 (anno di laurea) e poi come vincitrice di concorso insegnante alla scuola elementare prima come maestra unica, poi lavoro team modulo e in ultimo teacher di inglese per una vasta platea di bambini.
Considero la SCUOLA la mia vita e la mia passione. Amo rapportarmi con i ragazzi ai quali so prestare ascolto. Amo la lettura e attraverso fasi di interesse per i vari generi letterari. Faccio parte di associazioni di volontariato (AVO, LaAV Proloco) e mi dedico al teatro amatoriale. Ho ancora sogni nel cassetto!

Anna Maria Agostino

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Recensione L’urna vagante
Il racconto si dipana sostanzialmente nell’arco di una notte durante la quale i resti della madre del protagonista vengono portati in giro per la città di Milano, in luoghi e contesti del divertimento cittadino “d’alto bordo”.
L’autore racconta sostanzialmente l’elaborazione del lutto e la presa di coscienza di sé stesso da parte del protagonista. Attraverso gli eventi narrati con gli occhi di tutti i personaggi di cui si esternano pensieri, abitudini, punti di vista, si delineano caratteri umani e vicende che toccano un po’ tutti compresa “l’urna” che prende parte a quest’avventura notturna e che esprime i propri pensieri legati ai tempi ed ai “valori” con cui era cresciuta e ricordando usi e costumi di quando, ragazza, viveva una Milano diversa.
Il punto di vista dell’urna, come un collante, tiene insieme le fila del racconto e unisce passato e presente fino ad arrivare al punto di unione dei due momenti storici, esprime la capacità di rilevare i cambiamenti e di comprenderli, come il coming out del figlio di cui lei, probabilmente, aveva già sentore. Il quasi colpo di scena finale, con l’apparire di una figlia abbandonata alla nascita che la porta con sé stravolgendo il piano dell’urna di riposare in eterno nella sua città e che le permette di fare pace anche con questo suo grande dolore, chiude la storia.  
Lo stile è molto fluido e scorrevole, sicuramente originale la trovata dell’urna parlante le cui parole sono “visualizzate” in corsivo, il romanzo si lascia leggere, a tratti divertente, man mano che si dipana la trama emergono gli intrecci anche inaspettati che legano tutti i personaggi e si esternano i pensieri più profondi.
Una lettura “leggera” ma adeguatamente strutturata.   

Enza Scotto