< La fanciulla dalle mani d’argento di  Giulietta Revel (Cairo)

Qui di seguito le recensioni di LaFancuillaDalleManiDArgento raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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“Sei in ogni cellula di gioia, un marchio permanente nel mio processo di trasformazione del pensiero in materia, dell’ambizione in possibilità, del sogno proibito in proibizione consentita e sublimata.”

Quattro donne, tre generazioni, segnate dai segreti della famiglia. Le loro vite sono state divise in modo brusco e ognuna di loro prova a ricostruire la propria identità, attraverso l’arte. Sarà la più anziana, alla fine della sua vita, a ricongiungere le altre nella casa di famiglia, ponendo fine alla distanza venutasi a creare.
Da sfondo alla storia, la favola di una giovane donna cui vengono tagliatele mani, una evidente metafora della resilienza dimostrata dalle stesse protagoniste, capaci alla fine di riemergere dal fango.
Una lettura veloce ma densa, densissima.
Un agglomerato di pensieri profondi, che sembrano essere stati buttati giù di getto. Un libro costruito molto bene. Capitolo dopo capitolo si passa da un personaggio all’altro, con una narrazione sempre in prima persona. Ciò rende la lettura molto fruibile e coinvolgente, fino all’ultima riga.

Valentina Sicuro

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La Fanciulla dalle Mani D’Argento di Giulietta Revel può essere definita come la narrazione quasi onirica di un orribile incubo. È la storia degli orrori di una famiglia bene di Torino, che vede come protagoniste e narratrici la ricca zia Polly e le gemelle Maddalena, la pittrice, ed Eleonora, la suonatrice di piano. Le loro tre voci, nitide e distinte, raccontano continui abusi, ma sono anche testimoni della loro forza e della loro capacità di riscatto. Polly, Maddalena, ed Eleonora sono tutte la ragazza della fiaba preferita dalla matriarca della famiglia, ovvero “La Fanciulla dalle Mani D’Argento” a cui fa riferimento il titolo. A tutte loro, come a lei, vengono tagliate le mani. E, come nella fiaba, tutte loro cercano riscatto, cercano di ritrovare le mani perdute. Quella narrata da Revel è una storia a tratti nauseante, che tocca temi dolorosi e che porta con sé un carico enorme d’ombra e dolore. Porta, però, anche un po’ di speranza. Maddalena ed Eleonora, pur apparentemente così opposte, trovano entrambe un po’ di conforto nell’arte. Maddalena sfoga tutti i suoi dolori, consci e inconsci, nelle sue tele. Eleonora salva se stessa con il suo amore per la musica. E, oltre al potere salvifico dell’arte, pensiero confortante in queste pagine angoscianti, c’è anche il potere dell’amore, e del sostegno reciproco. Polly soprattutto dovrà decidere qual è il suo ruolo nella fiaba “La Fanciulla dalle Mani D’Argento” alla morte della matriarca.
La narrazione colpisce per quanto è semplice e diretta, e l’alternanza delle voci rende più avvincente la trama. Non è certo facile trasporre su carta esperienze traumatiche di questo genere, men che meno rendere la loro lettura possibile, ma Revel riesce a far andare avanti il lettore nonostante tutto questo. Ciò dipende anche dalle voci quasi contrastanti delle gemelle, che danno voce alla parte più consistente del romanzo. Nei rispettivi capitoli, Maddalena ed Eleonora sono entrambe in un certo senso dipendenti dai loro sensi. Le pagine di Maddalena sono ricche di colori vivi, immagini più o meno distinte, mentre quelle di Eleonora si basano sui suoni che la circondano, ritmi che sembra di poter cogliere chiudendo gli occhi. Grazie a queste impressioni sensoriali, chi legge si trova catapultato nel loro mondo di ombre e (poche) luci, e vi rimane intrappolato come loro, alla ricerca di una catarsi che sembra non dover arrivare mai.

Giulia Nicolini

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Ciao vita
Bella narrativa moderna, ho amato soprattutto la descrizione dei luoghi. Amo Bologna e il fatto che in parte sia ambientato li mi ha fatto vivere meglio il racconto.

Jael Pes

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Circolo dei lettori
di Milano 2 “Lettori temerari”
coordinato da Patrizia Ferragina
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Due storie parallele, di due sorelle gemelle segnate da un’infanzia abusata, intense e spesso brutali. L’alternanza incalzante del racconto delle due vite è molto efficace e stempera un po’ l’atmosfera cupa delle situazioni. Il finale è forse prevedibile, ma l’autrice ci ha presentato un esempio molto veritiero di una società governata da prepotenze, false ideologie e soluzioni basate sulla convenienza piuttosto che sulla verità.

Gabriella Buizza

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L’autrice coglie come occasione narrativa per introdurre e sviluppare il suo romanzo, una fiaba cruenta, dal titolo del libro stesso, che nonna Hildegard racconta alla figlia Polly che l’ascolta dapprima inorridita e infine ne utilizza la “morale” per aiutare le nipoti gemelle a superare le difficoltà di una vita assai travagliata. Eleonora e Maddalena, le gemelle abusate dal padre, raccontano al lettore le loro esistenze segnate da questa tragica esperienza e da tutte le vicende che da essa derivano nel corso della loro crescita, che le vedono separarsi per poi ritrovarsi in un finale che si può definire di riscatto. Fa da cornice la casa avita di Torino e da sfondo metaforico la fiaba che narra di questa ragazza che il padre infingardo promette al demonio in cambio della ricchezza. Poiché la purezza d’animo della fanciulla impedisce a Belzebù di impossessarsi di lei, il diavolo impone al padre di amputare le mani alla figlia, cosa che il meschino esegue senza troppi indugi! Ma la vicenda non finisce qui una serie di altri episodi e di disgrazie sempre ordite dal vendicativo e rancoroso demonio si conclude con la salvezza della disgraziata che vivrà felice e contenta, sposa del re e con le mani, prima d’argento, finalmente in carne ed ossa! Se le intenzioni dell’autrice sono chiare e lodevoli e possono ben rappresentare una difesa e un riconoscimento delle capacità e delle virtù femminili, l’alternarsi dei racconti di Eleonora e di Maddalena che attraverso l’arte e la musica superano le disgrazie e passano dalla disperazione e dall’orrore alla fratellanza (pardon, sorellanza) all’amore aiutate sempre e comunque dal ricordo della nonna e dai consigli di zia Polly, appesantiscono la narrazione, che a mio avviso non brilla neppure per lo stile letterario.

Giorgio Figini

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Romanzo delicato, in alcuni tratti ironico e in altri molto commovente. La descrizione dei ricordi della nonna nella mente della nipote è da brividi.

Rossella Bruno

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Attraverso l’intreccio tra le vicende delle protagoniste e la metafora costituita dalla fiaba che dà il titolo al romanzo, Giulietta Revel racconta di traumi e abusi ma anche, e soprattutto, delle capacità delle donne di fare fronte a essi. Importanti i temi, interessante la struttura, non sempre il romanzo risulta pienamente convincente sul piano narrativo.

Giuseppe D. Di Mauro

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La scrittura risulta a volte un po’ troppo semplicistica e talvolta alcuni pensieri dei personaggi vengono approfonditi poco.L’idea della storia, di come i traumi infantili influenzino in modo diverso l’esistenza di donne appartenenti allo stesso nucleo familiare, mi piace molto. Così come anche l’escamotage di lasciare dei non detti all’interpretazione del lettore e poi svelarli piano piano. La psicologia dei personaggi andava approfondita di più secondo me.

Nica Bavaro