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Un racconto travolgente del tentativo di scacciare, o almeno sistemare, le ombre che riempiono le vite segnate dal dolore dell’abbandono, in cui l’anima si rifugia in uno spazio difeso e soffocante. La ricerca tenace di un possibile equilibrio, incontri straordinari, disastrati o singolari. Come il professor T, che riconosce nella protagonista Clotilde Cloe Anais Esaluna lo stesso male che lo affligge e che lo ha spinto verso una vita ritirata e solitaria. O come il Generale e Madame, utopisti che si caricano sulle spalle i mali del mondo e non abbandoneranno mai Cloe. O Angela incontrata per caso e vicina per sempre. Infine Elias, un faro nella notte.
Tempo sospeso, luoghi spesso incerti, tra sogno e realtà si svolge una narrazione coinvolgente, resa fluida da una scrittura profonda e attenta. Riflessioni intime che potrebbero rivelarsi metafore di drammi contemporanei (perdita di contatto con la natura, bambini senza famiglia, devastazione dei luoghi, frenesia della vita).
Appassionante, doloroso e coraggioso, forte e tragico.
Piera Taglialatela
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Carmen Pellegrino fa nascere da storie vere tratte dalla cronaca, La Felicità degli Altri che è fatto di strappi e trattenute. Accelerazioni e rallentamenti. All’inizio apparentemente discontinuo. Incoerente. Ma certamente originale. Poi, dall’ombra--ma non c’ê ombra senza luce, o no?--ad uno ad uno escono fuori i personaggi. Cloe. Il Professore T. Mary--solo un a foto, ma viva anche se sopravvive protetta nell’oscurità di un orcia. Emanuel. Beatrice, la mamma che ci introduce all’oscuro termine dell’abscissione. Manfredi, il padre che appare e scompare nel buio per sempre. Il Generale. Madame. Jesus. E poi qualche altro, ma soprattutto Elias, un eroe della sopravvivenza. Cosī attuale in questi giorni di guerra. Per il mio stato d’animo post-pandemico (ma forse il post è solo un’illusione) però, il profondo viene toccato attraverso il ricongiungimento amniotico con Beatrice. E la cosa più toccante è quel segmento dove si vive il dramma di un rapporto tra una madre-che-non-voleva-essere-tale con la figlia-che non-ha-capito-per-troppo-tempo "...anche i colpevoli provano dolore, sai? È un dolore che fa male allo stesso modo" e poi quel "Ti saluto, mamma." "Grazie, figlia mia". La storia per me finisce li. Ed è una grandissima, profondissima, emozionante storia.
Michele Mercuri, USA
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"La felicità degli altri", di Carmen Pellegrino è un barlume di luce in fondo ad un tunnel, una stella che brilla nel buio di sensazioni di abbandono, rabbia di chi ci fa del male, una rassegnazione e delle piccole rivincite, dei camini insieme, il ritrovamento di un’anima gemella e che forse la solitudine e il dolore non devono essere uno stato permanente se si lascia un spiraglio aperto. Scritto con un linguaggio senza giri di parole, che dopo un iniziale smarrimento coinvolge.
Angela Sarro
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Elisabetta Mora
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È un libro pretenzioso,senza capo né coda.
Dice e non dice, vuole essere colto, ma risulta stucchevole e noioso. La protagonista dice di voler uscire da questa ombra, ma a me pare che stia benissimo lì dov’è. Insomma un libro brutto, da non comprare.
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Il lungo viaggio Cloe, quello di una viandante alla continua esplorazione di quelle ombre oscure dell’animo accompagnata da una guida d’eccezione, il professor T. Due esseri affini che si avvicinano per incontrare se stessi nello sguardo dell’altro, in un incessante anelare verso una luce splendente, che soppianti il buio. Un viaggio metaforico alla ricerca
di quella Felicità tanto agognata che non riesce ad albergare nell’animo della protagonista, profondamente triste, intriso di rabbia e senso di colpa. Un animo che si scopre finalmente Felice soltanto tornando al doloroso punto di partenza. In mezzo la nitidezza della scrittura dell’autrice, seppur a prima vista intrisa di immagini oniriche ed evanescenti, i resti della sua vita con gli insuccessi, i ripetuti abbandoni i passi in avanti. Un viaggio coraggioso, pieno di amore e di speranza ! Semplicemente meraviglioso!
Emanuela Bernardi
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Un libro densò: di immagini, divine e reali; di luoghi, conosciuti ed evocati; di personaggi, fantasmi e in carne e ossa; di vite vissute, troppo e solo a metà; di sentimenti, feriti e condizionanti e belli e dimenticati; di luci; e di ombre. Sembra davvero che questo libro sia stato scritto su una panchina, in momenti in cui era necessario riposare, riempendo le pagine di un taccuino vintage o di un’agenda di 28 anni fa, sfogliandole avanti e indietro, che è un po’ come la vita: si va avanti sempre e inevitabilmente guardandosi indietro, in un caos in cerca di un senso.
Marta Ceccarelli
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Panico Donatella
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La tecnica narrativa non è lineare e risulta frammentata, non coerente. La storia non riesce a catturare l’attenzione e l’interesse del lettore. Inoltre lo stile appare poco curato e l’impressione che ne deriva è di componimento frettoloso e senza particolare rilievo.
Pulcrano Tiziana