< La felicità del lupo di  Paolo Cognetti (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di LaFelicitaDelLupo raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Nonostante questo libro inizialmente mi abbia trasmesso solo un modesto senso di pace e tranquillità, un po’ per i racconti semplici e quotidiani e un po’ per i paesaggi che riesce a far immaginare nitidamente al lettore, alla fine quello che ho provato è stata una forte emozione. La scrittura di Cognetti non è ambiziosa, ma per chi conosce e condivide la passione per la montagna sa essere magica e potente, facendo riemergere ricordi passati o desideri futuri. Anche i personaggi vengono delineati gradualmente in modo piuttosto credibile, senza cadere nell’esagerazione dei dettagli.
Si tratta di un libro che si legge in poche ore, molto scorrevole, che riesce a intrattenere piacevolmente e allo stesso tempo a far riflettere. Senza dubbio consiglierei la lettura di questo libro, soprattutto a chi frequenta, conosce e apprezza la montagna.

Federica Slanzi

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Il titolo è più che calzante. Un racconto che ti immerge nella vita delle montagne, nei freddi invernali del nord Italia, nella solitudine di paesi abbandonati o quasi. Dopo molte pagine in montagna e immedesimati in quel lupo, è stato difficile anche come lettori tornare con il personaggio alla città, tornava una certa malinconia e voglia di rincasare in quei rifugi. Una storia d’amore sullo sfondo che convince.
La lettura scorre e il procedere della narrazione rende la dilatazione del tempo che solo certi luoghi e certe persone riescono a trasmetterti.

Caterina Lotti

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ho preferito questo libro perchè i capitoli sono più brevi, la storia è lineare, racconta la vita di montagna e ti fa immergere nella natura

Elisa Paglialunga

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Un libro introspettivo, che parla di rinascita e sa di speranza.
Sebbene la trama non evolva di molto, come ci si aspetterebbe dalle prime pagine, i flussi di coscienza e i pensieri del protagonista fanno da spunto per riflessioni personali.
La scrittura è scorrevole e in linea con lo stile dell’autore.

Ilaria Orzo

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Circolo dei lettori
di Palermo “Eutropia”
Coordinato da Rosana Rizzo
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Fausto Dalmasso è uno scrittore milanese che, in un momento di crisi della sua vita, va a rifugiarsi a Fontana Fredda, piccolo borgo montano dove era solito trascorrere le vacanze fin da bambino. Finiti i soldi, piuttosto che tornare a Milano, accetta di lavorare come cuoco nell’unico ristorante del posto: La cena di Babette. Incontra Silvia, la cameriera, anche lei fuggita dalla città e alla ricerca di fare chiarezza dentro di sé. Tra loro nasce una storia che continuerà anche quando, per una stagione, Silvia andrà a lavorare al rifugio Quintino Sella. Fausto, Silvia e Babette sono gli unici “forestieri “gli altri sono tutti abitanti del posto e tra questi si impone la figura di Santorso, forte testardo e determinato che non si arrende neppure dopo aver avuto un grave incidente. Le storie hanno poca importanza sono solo un pretesto per far parlare lei La Montagna, vista a volte come metafora di libertà, che può essere affascinante e terribile, consolatoria o distruttrice, che offre emozioni sempre diverse con i colori della primavera e il canto degli uccelli o con le gelide notti invernali e l’ululato del lupo. Leggendo il libro, ci troviamo anche noi immersi in queste atmosfere in questi luoghi dove ogni piccola cosa, come un incontro casuale o un piccolo gesto di cortesia hanno una valenza particolare, sono anch’essi dei piccoli rifugi. Secondo me il nocciolo de libro sta nella frase pronunciata da Babette:” conosci quel detto zen? Prima di avvicinarmi allo zen, per me le montagne erano solo montagne e i fiumi solo fiumi. Quando ho cominciato a praticare, le montagne non erano più montagne e i fiumi non erano più fiumi, ma quando ho raggiunto la chiarezza le montagne e i fiumi sono tornati ad essere quelli di prima”. Ho semplificato, ma per semplificare ancora di più potremmo dire “Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt.” Alla fine a Fontana fredda resterà solo Fausto, non Silvia e Babette che proseguono la loro ricerca come il lupo che non si ferma mai, anche quando ha ottimo cibo, ma continua a spostarsi perché è nel cercare la sua felicità. La scrittura è molto gradevole e ricca di suggestioni, leggendo è come se ci concedessimo una piccola vacanza immersi nella natura.

Olinda Orlando

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L’inizio della storia è coerente e omogenea, poi si spezzetta, si sbriciola e i racconti diventano frammenti di un quadro racchiuso nel paese di Fontana Fredda.
La scrittura è figurativa: si percepisce la montagna, la neve, il freddo e anche l’odore del fumo del camino.

Susanna Moggi

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La storia è semplice, ben narrata. L’elemento più importante è l’ambientazione in montagna, con la descrizione dei paesaggi che è incredibile.
In questo contesto si sviluppa la storia di Fausto e Silvia, che sono attratti l’uno dall’altro, che si trovano, si inseguono.

Roberto Artifoni

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La felicità del lupo è un libro che ti fa entrare direttamente nella storia con i sui personaggi e la montagna che rappresenta la metafora stessa della vita. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci faccia stare meglio senza pensare che il meglio lo stiamo vivendo. E’ la natura sia dell’uomo che della montagna che porta a trarre da ogni situazione il meglio possibile. L’ambientazione è ben descritta e a tratti ci si ritrova immersi nella natura. Lettura molto piacevole e scorrevole

Paola Latini

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Mollo tutto e vado in montagna. Proprio così. Fausto, forse in preda a una crisi di mezza età o forse perché la sua è l’indole di un lupo che non può mai essere stanziale, decide di lasciare Milano e tutto ciò che la città rappresenta (una moglie, una casa acquistata accedendo un mutuo, un lavoro più o meno stabile) per tornare alle sue montagne, a Fontana Fredda, un microcosmo nelle Alpi dove l’estate non è mai più che una primavera. Fontana Fredda lo accoglie come una madre, ha le sue regole, i suoi riti, i suoi personaggi. La montagna serba tutti i suoi ricordi e lì spera di ritrovare l’ispirazione giusta per fare ciò che ha sempre amato fare: scrivere. Ma nel frattempo Fausto ha bisogno di mantenersi in qualche modo, così nel ristorante di Babette, si offre come cuoco, e incontra Silvia, una ragazza molto più giovane di lui che lavora lì come cameriera stagionale. I loro destini si intrecceranno, ma il loro amore non durerà più che una stagione, non perché non si amino, ma perché anche Silvia sembra proprio condividere la stessa indole di Fausto, l’indole del lupo che non si ferma mai a lungo a cacciare nella stessa valle. Un bellissimo racconto sul ricominciare, tornando alle proprie origini, sul ritrovare se stessi e sulla ricerca della felicità che può essere diffente da individuo a individuo.

Piera Vivolo