< La luce dei tempi di  Stefano Mazzoleni (Diastema)

Qui di seguito le recensioni di LaLuceDeiTempi raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Spiace dirlo ma è un libro modesto per stile e contenuto. Mi è sembrato di rileggere i riassunti per ragazzi dei volumi di Verne e Salgari che erano comuni negli anni sessanta. Rivendico il diritto di non averlo finito.

lorenzo sorrentino

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Il tema centrale de ‘La Luce dei Tempi’ e’, a mio avviso, il valore del viaggio che viene narrato attraverso l’utilizzo dello strumento del viaggio alla ricerca del ‘Libro’ per scoprire le regole che consentiranno di arrivare ad un livello di conoscenza superiore e che snodandosi sotto forma di ricerca archeologica, ci restituisce le varie sfaccettature del viaggio e soprattutto ci descrive una Turchia affascinante, la cui storia di antichissimo crocevia tra due civilta’ le conferisce quel fascino particolare che ancora oggi la pervade e la rende unica.
La stesura e’ piacevole anche se non particolarmente coinvolgente - la ricerca del Libro non mi e’ sembrato un elemento particolarmente innovativo nella creazione di un racconto che se da una parte suscita il desiderio di partire subito alla scoperta della Turchia dall’altra non e’ riuscito ad emozionarmi nel profondo.

Tiziana T.

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Circolo dei lettori
di Milano 3 “La banda del book”
coordinato da Moira Maggi
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L’archeologo veneziano Francesco Orsini, insieme ad un’architetta turca, Hanzade Kayi, conosciuta ad una cena dopo una conferenza, partono alla ricerca di un antico e misterioso manoscritto che contiene indicazioni e regole che consentono un cambiamento della funzionalità delle capacità cerebrali tale da rendere capaci di attingere una sapienza straordinaria. Per evitare che il libro cadesse in mani sbagliate, un gruppo di adepti, che viveva in Cappadocia, lo aveva nascosto e protetto per lunghi secoli.
La ricerca del libro appare però solo il pretesto per lunghe digressioni storiche su antichi siti archeologici, appassionate descrizioni dei luoghi più caratteristici della penisola anatolica e dei piatti tipici di ogni luogo. Tutto, a partire dai protagonisti, risulta caratterizzato da straordinaria eleganza e signorilità, inimmaginabile bellezza e ineguagliabili sapori. Più che un romanzo appare una lezione sull’uso dei superlativi e un depliant pubblicitario delle attrazioni turistiche turche e della sua cucina, per invogliare il lettore ad un viaggio sulle orme del protagonista.

Renato Mastro

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Conferenza ad Istanbul di archeologi turchi con quelli provenienti dall’Università di Padova tra cui il prof. Orsini: in quell’occasione si parla del LIBRO DI PUDAHEPA scomparso nel terzo secolo D.C.
Il fantastico testo è una sorta di libro dell’illuminazione che consente di aumentare le proprie capacità cerebrali e di esercitare il controllo della mente; nonostante la sua scomparsa, sembra che un complicato sistema di adepti che memorizzano parti del libro (Fahrenheit 451 insegna), abbia garantito la sua trasmissione nei secoli fino ai nostri giorni.
Quindi il prof. Orsini parte alla sua ricerca accompagnato da un’architetta bella ed intelligente; sarà un viaggio nei luoghi storici della Turchia pieno di scoperte culturali e culinarie condito con un tocco di sensualità nel rapporto che si instaura tra i due protagonisti.
Struttura semplice e prosa scorrevole, con la pecca che tutto il viaggio è” troppo perfetto”: gli aggettivi sontuoso, famoso, brillante, smagliante, meraviglioso, straordinario e da togliere il fiato, sono sempre presenti.

Anna Ciccarese

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L’ispirazione è quella del Codice da Vinci: un professore di archeologia veneziano con un’accompagnatrice turca ovviamente affascinante (ma in che lingua comunicano?) si mette in viaggio in Turchia alla ricerca di un antico libro misterioso, la cui lettura, è scritto nei testi (quali?), porta a una conoscenza superiore. Il libro è segreto, perché il suo contenuto potrebbe essere pericoloso se cadesse in mani sbagliate.
In realtà, quasi nulla di ciò che viene “scoperto” nel corso del viaggio sorprende il lettore. Tutto nel libro è finto, superficiale e aneddotico. Le descrizioni dei luoghi visitati sono così convenzionali da dare la sensazione che l’autore non li abbia davvero visti. I dialoghi tra i personaggi sono imbarazzanti per la loro banalità e il resto del testo fa largo uso di aggettivi al posto di una vera narrazione: così i saloni sono sontuosi, il cibo delizioso, l’atmosfera rilassata, il fisico perfetto, etc etc. Se a questo si aggiunge la prevedibile storia d’amore, la musica celestiale, gli affreschi visibili solo agli eletti, gli inseguitori guidati a distanza dal prete (ma che ci fa un prete in Turchia?), il finale mistico/magico, il trash è completo. Un libro da far leggere agli studenti di un corso di scrittura creativa per mettere in evidenza tutti gli errori da evitare

Cristina Ruggieri

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“La luce dei tempi” è un viaggio nel viaggio. Un archeologo veneziano e una architetto turca intraprendono quasi casualmente un viaggio alla ricerca di un antico libro misterioso, che racchiuderebbe informazioni preziose sulle capacità del cervello umano. Due persone diverse per carattere, cultura e formazione si lasciano attrarre e affascinare da particolari che incontrano lungo il loro viaggio, che da Istanbul li vedrà muoversi per l’antica Anatolia. E con loro il lettore si trova a metter piede in musei, chiese, monasteri e biblioteche, luoghi che offrono occasione a Sebastiano archeologo di fare una continua ricostruzione storica da cui traspare sia la sua formazione che la sua passione di uomo che ricerca, studia e trasmette le proprie conoscenze. Da tutto ciò Hanzade si lascia affascinare e guidare, pur rivestendo un importante ruolo di compagna di viaggio, conoscitrice dei luoghi ma anche delle tradizioni culinarie e delle dimore alberghiere: paesaggi mozzafiato e piatti prelibati accompagnano ogni tappa del viaggio in diverse città turche (Istanbul, Sumela, Goreme Efeso, Konya, Mardin, Hattusa). Decisivi ed incisivi risultano i vari personaggi che i protagonisti incontreranno: personaggi misteriosi, inquietanti, affascinanti e pericolosi.
Questo viaggio a ritroso nel tempo, in cui l’archeologo ricostruisce e rinarra eventi del passato, in una ricostruzione storico-religiosa, fa pensare ad una ricerca di se stessi e delle proprie lontane origini al fine di trovare la propria identità. La ricostruzione del proprio Io non è in fondo anche frutto della ricostruzione di un Io collettivo? L’incontro con Hanzade, una donna colta e affascinante oltre che di una diversa cultura, fa pensare all’importanza di incontrare l’Altro, il diverso da sé, come occasione per scoprire davvero se stessi e vivere parti di sé che altrimenti rimarrebbero quiescenti, se non nascoste a se stessi.
Infine, un altro viaggio nel viaggio è rappresentato dai numerosi riferimenti a simbolismi che si susseguono, nascosti in particolari di monumenti storici e in indizi, che inducono i viaggiatori- ricercatori ad interrogarsi e che necessitano di essere colti e interpretati al fine di avvicinarsi sempre più al libro misterioso/ricerca di se stessi.

Anna Paladino