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La storia non deve esser mai dimenticata, perché è da questa che l’essere umano impara a non ripetere i propri errori. Però, con il passare degli anni, mi rendo conto che alcune pagine vengono strappate, al fine di celare errori ed inganni che chi svela paga a caro prezzo. Allora ben vengano i libri su Adinolfi, Falcone, Borsellino.. perché noi giovani dobbiamo recuperare quelle pagine strappate e soprattutto non dobbiamo mai dimenticare coloro che hanno lottato fino alla fine per rendere il nostro paese migliore, giusto!
Manuela Anna Bruno
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Onestamente mi aspettavo qualcosa di molto diverso, viste le premesse, qualcosa che seguisse più concretamente l’aspetto investigativo della vicenda.
Invece, più che le indagini relative alla scomparsa del Giudice Adinolfi, il libro porta alla luce uno spaccato dell’Italia degli anni ’80 e ’90, quando magistratura, faccendieri, fallimenti, crack finanziari e colletti bianchi si spartivano (o così perlomeno si lascia intendere) grossi quantitativi di denaro con operazioni al limite della legalità e molto spesso oltre la stessa.
La scomparsa di Adinolfi, probabilmente il classico "uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato", sembra più che tutto il pretesto utilizzato dagli autori per elencare in ordine sparso e a volte anche confuso una serie di eventi economici, politici e giudiziari che si intersecano in modo oscuro e quasi inestricabile.
Seguire il filo della narrazione è obiettivamente difficile: non c’è sequenza temporale lineare, non c’è - almeno apparentemente - una logica investigativa o giuridica nell’elencazione dei fatti. L’uno sembra richiamare in qualche modo l’altro, salvo poi fare un salto indietro nel tempo o in avanti, ripercorrere vicende già raccontate, nominare personaggi più volte citati. Insomma, il lettore che spera di poter mettere in fila dei tasselli ne esce sicuramente molto confuso.
Laura Quadri
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Il libro che parla della scomparsa del Giudice Adinolfi è interessante,mi ha riportato in un periodo che ho attraversato e del quale leggendo questo saggio ho scoperto trame e complotti che potevo solo immaginare. Molto dettagliato ,molto commovente e forte la lettera scritta al Corriere della Sera dalla figlia del giudice.
Valeria Gili
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Interessante analisi di un evento mai chiarito, la scomparsa di un giudice, che riesce a armonizzare precisione nella ricerca e analisi dei fatti e scorrevolezza di lettura
Sandra Pistolesi
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La scomparsa di Adinolfi
Non conoscevo la vicenda del Giudice Adinolfi, una delle tante vicende Italiane irrisolte, dove purtroppo i famigliari non trovano ne pace ne giustizia.
MARIALUISA CALVI
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Sì, anche io mi sono lasciato trascinare nella storia della scomparsa di Adinolfi.
Sciascia era ben altra cosa, però - visto il debito del titolo, mi sembra giusto iniziare da qui.
Se non altro nel tono, nello stile.
Era il libro che avrei voluto scegliere razionalmente, perché la vicenda del giudice scomparso è affascinante - uno dei tanti misteri del nostro tempo, amplificato dalle testimonianze, dai ritorni sul caso dopo periodi di silenzio. Non ne sapevo nulla, e mi ha fatto piacere imparare qualcosa di nuovo.
Mentre leggevo il libro, se da un lato ero coinvolto nella vicenda - ma mi sembrava di brancolare comunque nel buio, come gli inquirenti - dall’altro lo stile giornalistico, ma da talk, tanto in voga sulle tv di oggi - da Report versione Ranucci in giù (nel senso verso il basso) - con questo incalzante succedersi di "colpi di scena", di "nuovi indizi", "ulteriori elementi", "testimonianza sottovalutate", tabulati telefonici "non indagati", di enfatici "ma c’è dell’altro", non ha fatto altro che annojarmi, indispettirmi. È sicuramente un prodotto meritevole: tanta ricerca, molti spunti, una ricostruzione capillare. Ma la sensazione finale che mi sono portato dentro è quella di non averci capito nulla e che il colpo di scena tanto atteso fin dalle prime pagine - perché annunciato dagli stessi autori - alla fine è arrivato, ed era solo un topolino, o forse nemmeno. Forse è stato messo dentro, in questo libro, tutto e troppo: si sarebbe dovuto vagliare, cernitare, battezzare una pista, due al massimo, e percorrerle, e non dare spazio a chiunque e qualsiasi fatto, anche marginale.
Quindi non l’ho scelto: per lo stile insopportabilmente enfatico (su cui avrei potuto anche sorvolare), ma soprattutto per la sensazione di caos - e non di chiarezza - che mi ha accompagnato nella lettura.
Riccardo Belotti