< La sponda oltre l’inferno di  Younis Tawfik (Oligo)

Qui di seguito le recensioni di LaSpondaOltreLInferno raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Libro bello tosto, scritto bene.
Non facile da leggere in questo periodo soprattutto, mi ha colpita ma, a tratti, a un po’ affondata…

Angelica Jannis

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Libro coinvolgente ed emozionante. La narrazione, che avviene attraverso gli occhi e le storie dei protagonisti, descrive in modo interessante, diretto e struggente la drammaticità degli eventi storici relativi e conseguenti alla primavera araba. Il realismo crudo e spietato degli orrori vissuti dai protagonisti lungo il loro viaggio è rappresentato in modo poetico e personale. Ogni racconto e la narrazione tutta risultano emozionanti e mai immotivatamente cruenti.

Bianca Rum

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Un documento che coinvolge e cambia il nostro punto di vista.
Si rivivono situazioni che non pensavo esistessero più dopo la seconda guerra mondiale.
Con la situazione attuale dell invasione dell’Ucraina forse capiremo meglio le situazioni narrate dall’autore

Teresa Paolino

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Commovente

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lanciano“Ex Libris”
 coordinato da Maria Rosaria La Morgia
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Leggere il libro di Younis Tawfik quando gli orrori della guerra e il dramma dei profughi “bussano” sempre più forte alle nostre porte assume un valore universale e simbolico. Commuovono e scuotono le coscienze i racconti strazianti di 5 naufraghi che hanno perso tutto, che dalla “normalità” sono passati all’inferno della devastazione fra stupri, torture, violenze inaudite e impensabili, prima di approdare alla sponda di Lampedusa che come “...una lacrima caduta dal cielo” ridà loro la speranza.  “Sembravano cose lontane, che non potessero succedere mai a noi”...” Non avrei mai immaginato che all’improvviso il mondo mi potesse crollare addosso”... “ Quello che spesso ci frega è la convinzione che tanto succede solo agli altri”: sono alcune significative  considerazioni di dilaniante attualità dei protagonisti! Il libro con spietata crudezza  e gli strumenti del romanzo- testimonianza racconta  di guerre “lontane” del Medio Oriente o del Nord Africa, ma parla la stessa “lingua” degli odierni bollettini della guerra in Ucraina.  Gli attori, i meccanismi e gli interessi sembrano essere gli stessi. “... Russia e Stati Uniti aprono le orecchie al rimbombare  non si sono lasciati sfuggire l’occasione per giocare alla guerra fra di loro sulla nostra pelle…” perché il mostro, sottolinea l’autore, non è il mare quando inghiotte corpi, ma l’uomo quando non ha memoria, dimentica l’umanità, cancella la civiltà.

M. Alba Simigliani

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Circolo dei lettori
di Palermo “Eutropia”
Coordinato da Rosana Rizzo
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Tante volte, seduti sul divano, nel confort del nostro soggiorno, abbiamo visto e sentito in televisione, notizie di profughi, di naufragi, di salvataggi a volte riusciti solo in parte. Tutti abbiamo provato compassione e rabbia contro l’ingiustizia che perseguita i più deboli. Ma quanto durano queste emozioni? Spesso solo fino al successivo servizio del telegiornale che magari ci propone le ultime sfilate di moda o i cantanti del festival di San Remo. Twfik ci fa conoscere la storia di cinque profughi, scampati ad un naufragio, provenienti da paesi diversi: Hamid Mukhtan un avvocato proveniente dalla Libia, che nel naufragio ha perso la moglie Siham e la figlia Nadia. Muhammed Kouyate che fugge dalla Guinea con il cugino, che verrà ucciso per puro sadismo, dopo aver perso la madre e la zia falciate dall’ebola. Marwan Halabi, un agricoltore siriano, che ha perso sotto le bombe la moglie e i figli ancora prima di imbarcarsi. Hassan del Darfur con la madre Halima, senza documenti non sa la sua età e il suo cognome. Fnam, una bellissima donna eritrea che fugge dal regime militaristico del suo paese. Queste persone, che conosciamo sempre più a fondo andando avanti nella lettura, è come se parlassero direttamente a noi, vediamo i loro sogni spezzati, gli affetti distrutti, l’infanzia negata, le ferite dell’anima e del corpo. Inoltre l’autore ci narra la genesi delle rivolte che hanno devastato Libia e Siria con molti interessanti riferimenti alle varie tribù, alle diverse etnie al diverso credo religioso. Sono tanti i passi del libro che mi piacerebbe riportare ne cito solo due: per primo, non letteralmente, una parte di ciò che dice Marwan nel suo racconto: con il pretesto di Sciiti e Sunniti, gli stati vicini hanno colto l’occasione per schierarsi con i rivoltosi o con Assad. Iran, Iraq, Libano, e Afghanistan appoggiano il governo. Turchia, Arabia Saudita e Qatar i rivoltosi e “Russia e Stati Uniti non si sono lasciati sfuggire l’occasione di giocare alla guerra sulla nostra pelle”. Allora che senso ha chiamarla guerra civile? L’altro è questo dialogo tra Muhammed e il cugino “Si Muhammed. Al di là del mare dicono che l’inferno finisce”. “E come si chiama questo posto al di là del mare dove finisce l’inferno?”. “Italia”. “Italia: si è un bel nome mi piace!”. Alla fine del libro i protagonisti sono già nostri amici, l’empatia aumenta ad ogni pagina e d’ora in poi, vedendo un uomo che annega, non vedremo solo una vita persa ma un microcosmo che si dissolve. Il libro è scritto molto bene, con una prosa scorrevole e, pur narrando spesso di atrocità disumane, non si avverte mai un tono pietistico ma piuttosto il lirismo della tragedia greca.

Olinda Orlando

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Grandi lettori
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Questo romanzo che potrei definire storico a sfondo sociale fa parte di quelle letture alle quali mi dedico negli ultimi tempi, letture ancorate alla realtà contemporanea, quella realtà nella quale mi sento quotidianamente immersa. Questo è anche il leitmotiv di tutta la narrazione dei protagonisti narranti intorno al falò di Lampedusa. La verità, comunque mi fa male, mi rende triste e consapevole di ciò che di più terribile esiste al mondo e non sempre ho voglia di girare questo coltello nella piaga che pure esiste. Voglio dire che non sempre ho voglia di leggere la verità e che, quando ho finito un libro così, ho una gran voglia di passare ad altro. Il valore di questo testo per me sta quasi unicamente nell’argomento trattato e meno nella stesura letteraria.

Anna Rita Minelli

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Libro bellissimo e coinvolgente. Mi sono trovata a piangere su più pagine. Hamid e i suoi amici sono entrati nel profondo della mia anima lasciando un segno indelebile. Ho sempre guardato queste persone, arrivate da lontano, con occhio amichevole. Dopo questa lettura le guarderò con ancora più estremo e profondo rispetto. Credo che tutti dovremmo fermarci un attimo ed ascoltare le loro storie. Storie di sofferenza ma soprattutto storie di grande coraggio, altruismo e forza di volontà. Un libro che fa riflettere.

Sabrina Pettinari

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“La sponda oltre l’inferno” di Younis Tawfik, con la figura di Hamid coinvolge sin dall’inizio il romanzo; la narrazione è fluida e scorrevole. Anche l’aspetto giornalistico che alcune volte sembra prevalere sul romanzo aiuta invece a condurre il lettore successivamente nelle varie storie.
Il filo conduttore di tutte e cinque le storie è però l’emozione che le vicende trasmettono. Ci si sente coinvolti e l’autore non lascia spazio a cali di tensione. Solo nella parte finale del libro alcune considerazioni appaiono un po’ scontate perché viene a mancare il vero contesto della storia ed è inserito nel nostro mondo confuso nei valori e lontano dal vissuto dei personaggi. Tuttavia anche in questa parte conclusiva lo sguardo giornalistico dell’autore completa le storie vere vissute intensamente nel dramma nel mondo dei cinque protagonisti (nella cartina geografica finale impressione quanto è esteso) in un contesto sociale neanche lontanamente confrontabile con il nostro.
E’ un libro che si legge tutto in un fiato.

Emilio Signorelli

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Il libro di Younis Tawfik è, secondo me, un romanzo-saggio sul fenomeno epocale delle migrazioni. Con interessanti riferimenti di cronistoria, l’autore ci presenta la tragedia dei migranti che si muovono da cinque punti del terzo mondo, considerando anche la Siria, così ridotta da Bashar al-Asad.
Indimenticabile la storia libica di Hamid.


Roberto Rosario Pennisi

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Il dilagare della Primavera Araba non porta con sé la libertà che in molti aspettavano.
Tra guerre, guerriglie e povertà, i cinque protagonisti del libro raccontano le loro vicende che hanno come comune epilogo il viaggio attraverso il Mediterraneo, per cercare la pace e un futuro migliore.
La storia è molto triste ma allo stesso tempo non appassiona il lettore come ci si aspetterebbe.
I personaggi utilizzano un linguaggio semplice che, invece di caratterizzarli, li sminuisce e appiattisce, rendendoli sfocati e non sempre credibili.
Ci sono tutti gli ingredienti per una storia indimenticabile e invece il lettore rimane spettatore, senza mai essere completamente coinvolto. Peccato!

Ilenia Solastri

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Racconto agghiacciante, dettagliato, storia pura. Un film dell’orrore fa meno paura delle parole usate per descrivere le atrocità, le violenze corporali, gli stupri subiti da donne e bambine. Cinque profughi, storie simili, Paesi diversi, stesso destino: quattro uomini e una donna, a Lampedusa, sono seduti in cerchio e si raccontano di come sono arrivati fini lì. Ognuno di loro, in Patria e durante il viaggio della speranza, ha perso persone care. Hassan dice di "non essere fuggito dalla guerra perchè non ci sono regole e tattiche; solo crimine, omicidio, assassinio". Si uccide per divertimento.

Cristina Giacomini

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"Dobbiamo costruire generazioni (…) per le quali il colore della pelle non sia altro che un abito per renderci tutti ugualmente belli."
La storia è un pugno nello stomaco e si intreccia raccontando le vite di cinque persone, tutte nate nel posto sbagliato, con il medesimo destino, con un passato diverso contornato da sofferenza e con un’unica speranza: scappare per sponde migliori, costruirsi un futuro migliore.
Tutti cercano di scappare da una situazione di guerra e fra tiri a bersaglio umani, stupri e morti, si incontrano nell’ultima tappa di un estenuante viaggio per raggiungere le coste della salvezza.  Meraviglioso, disturbante e terrificante spaccato di guerre ormai dimenticate e di viaggi della speranza che, alle volte, finiscono in mare.

Eliana Tripaldi

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Sezze “Lettera Ventidue”
coordinato da Gabriella Tomei
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Per lavoro ho seguito numerosissimi casi simili a quelli narrati da  YounisTawfik e mi sono totalmente ritrovata nei racconti da lui descritti e nelle situazioni drammatiche dalle quali provengono i rifugiati. Lo stile è  delicato nonostante le vicende spesso tragiche ed i personaggi sono ben descritti. Il finale un po’ banale e buonista rende il romanzo un po’ falso , lasciando però un senso di speranza e ottimismo che fa bene.

Maria Gabriella Tomei

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Un racconto straziante, commovente dal ritmo a più voci ma che risuona un’unica realtà crudele. Il lettore è trasportato in diverse ambientazioni, non prive di connotazioni storiche volute, e cariche di struggente emotività.

Francesca Romana Intiglietta

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I libri sono per me la più grande agenzia di viaggi esistente: tempi, spazi, luoghi, ambienti, nulla è precluso al viaggiatore lettore. Questo uno dei motivi per cui leggo.
Il secondo è che nei libri cerco storie e vicende da poter usare in classe, da poter proporre ai ragazzi della secondaria di primo grado.
Mi è capitato di fare su alcuni libri un lavoro certosino di ripulitura, del lessico come di contenuti inadatti, in modo da poter leggere
parti di libri altrimenti improponibili ad alunni tanto giovani.
La sponda oltre l’inferno è un grande dono per la me-insegnante. L’ho capito dalle prime pagine, tanto che ho iniziato a sottolineare con colori diversi le parti che ricomporrò e leggerò in classe. La narrativa che racconta storie di emarginazione, ingiustizia, povertà, assenza di diritti, aiuta più di un articolo o di un saggio: la narrativa coinvolge intimamente il lettore/ascoltatore, lo trascina nell’universo racchiuso nelle pagine del libro, lo aiuta a comprendere la realtà e a sviluppare empatia per chi soffre.
Per questo ho apprezzato la lettura di La sponda oltre l’inferno.

Anastasia Petrianni

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Non è semplice esprimere a parole le sensazioni provocate dalla lettura di questo libro. Alcuni passaggi sono così crudi da porci l’interrogativo se sia possibile per un essere umano patire e sopravvivere a tragedie di cosi’ grande portata.Tutte le persone che vivono nelle loro tiepide case dovrebbero sapere che l’inferno non è nell’aldila’ ma si compie ogni giorno sulla nostra terra. Il dolore espresso in questa storia penetra in ogni singola cellula del nostro corpo. Consigliatissimo a tutti in particolare ai ragazzi per farli uscire dal loro guscio di banalita’.

Maria Carlevale

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Questo racconto mette in evidenza e in luce, quanta barbarie e cattiveria è dentro gli esseri umani ma anche note di speranza e voglia di riscatto. L’autore è riuscito in molti passaggi a rendere ben chiara la situazione dei profughi di guerra e...fame. Più volte ha scoosso la mia anima e mi ha fatto "vedere" cosa succede veramente a chi fugge o è costretto a lasciare ciò che gli è più caro. A parte qualche inverosomiglianza nei dialoghi dei profughi di diverse etnie è un buon racconto.

Leopoldo Tomei

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Cinque  storie si incontrano e raccontano in un campo profughi della  Libia che altro non è che un lager. Le storie vissute da una famiglia madre padre avvocati Siriani con la loro bambina. Un contadino che sogna di ritornare a coltivare la sua terra . Un ragazzo che scappa dalla morte dell’ebola .Una ragazza che  vuole ribellarsi al suo stato di soldato .Un ragazzo che vuole ricostruire la sua vita con sogni di pace e  lavoro. Arrivano nel campo dopo aver passato ogni personaggio a proprio l’inferno  ogniuno dal proprio paese, attraversando l’Africa da piu parti L’inferno quello che solo gli uomini con la loro cattiveria possono creare, Sara sottoposti a torture , fame, paura  picchiati a sangue, subito qualsiasi tipo di violenza. Eppure hanno la fiducia e la speranza di farcela. Ma quando finalmente sembra che tocchino con mano la liberta c’è un mare che decide per loro .Il Mediterraneo, e sarà lui a decidere chi andrà  oltre l’inferno , e chi invece terra per sempre nel buoi dei suoi fondali.E quanti  ancora dovranno toccare i l fondo delle loro vite e il fondo del mare prima che l’uomo capisca il male che sta facendo ? Un libro che fa male , ma va sicuramente  letto. Peccato che lo scrittore sulle ultime pagine lo romanzi un po dando dei finali troppo a costruiti. Poteva chiuderlo 50 pagine prima 

Anna Maria De Renzi

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La Sponda oltre l’inferno , davvero straziante, con una bella narrazione, mi ha colpito…….

Ornella De Falco

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Circolo di lettori e lettrici del torneo letterario di Robinson
di Ponte Buggianese “rivista Vitamine vaganti”
coordinato da Laura Candiani
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Ben scritto, coinvolgente, commovente senza essere patetico, ci porta alla tragica realtà delle migrazioni a cui molte persone disperate sono costrette per sfuggire a guerre, miseria, siccità, violenze, crisi politiche ed economiche.

Laura Candiani

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Il libro è tante cose insieme: un romanzo, un saggio, un’inchiesta. Il tema è più che mai attuale e necessario: il viaggio per mare delle persone che fuggono da guerre, povertà, epidemie, prigionia, torture. Tawkif dà voce a diversi personaggi che raccontano le ragioni della loro fuga, che li porta ad andare inconro ad una morte possibile per sfuggire ad una morte certa e che, nel raccontare la loro storia privata dano voce anche alle vicende dei loro Paesi ed è così che il racconto diventa saggio ed inchiesta. un tema al quale non ci dobbiamo abituare.

Donatella Caione

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Romanzo che travolge e immerge nel mare, amico/nemico dell’essere migrante. L’uso morbido del linguaggio anche nella descrizione di situazioni estreme addita "L’incognita della morte conto la certezza della morte". Persone, universi, la storia dell’umanità che da sempre si sposta, migra, cerca pace e speranza in in mondo che offre prepotenza e guerra. Un libro che interroga la nostra umanità, le nostre coscienze e i principi del diritto delle genti.

Fosca Pizzaroni

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Certamente un libro interessante e indispensabile per chi vuole approfondire la tematica. Un libro attuale e intenso ma che, in fondo, è come tanti che trattano l’argomento. Anche se molto bello e attuale.

Gianmaria Di Silvestro

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Questo libro è un mare in tempesta. E non solo per il tema trattato. È un mare in tempesta perché, come le onde che vanno e si infrangono, si muove tra l’accaduto tragico dei personaggi e il loro presente quasi altrettanto angosciante. Se fosse una canzone, sarebbe ¾, di Gian Maria Testa. Se fosse un colore, sarebbe il rosso delle magliette che hanno i bimbi e le bimbe costretti ad affrontare il viaggio disperato in mezzo al mare.
Fossero nostri i nomi e i cognomi dentro questo romanzo, forse riusciremmo a cambiare finalmente prospettiva.
Assolutamente prezioso ciò che l’autore ha fatto: pur nella finzione letteraria, ha tolto l’etichetta di “immigrati” e ha finalmente dato volti, personalità e storie ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che vengono da oltre il confine.

Sara Balzerano

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Il libro ha un posto speciale perché racconta di vita vera, e per me che sono stata molto impegnata nel volontariato non può che avere una risonanza particolare. Lo promuovo  perché racconta il dramma di una umanità che spesso molti concittadini vedono lontana e nemica: racconta con delicatezza i sentimenti di paura e angoscia, e con decisione la volontà di riscatto, ma senza odio e senza rancore verso la società che emargina e costringe a vivere lutti e difficoltà inimmaginabili.

Anna Maria Baccan

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Interessante e ben scritto, tematica sempre attuale, trattata con grande umanità.

Laura Bertolotti

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Lecce 2 “Orti di guerra”
coordinato da  Simona Cleopazzo e Anna Gatto
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Un libro crudele nella sua verità, difficile da leggere perché spietato come la realtà. Scampati al viaggio della speranza che li porta da varie nazioni africane, tramite il Mediterraneo, sulle sponde  "ospitali"? di Lampedusa, quattro uomini e una donna, si raccontano nella dolce notte siciliana. Il ricordo delle loro vite passate, delle famiglie, dei lutti, delle terribili umiliazioni e torture subite ma anche la speranza di poter essere concreto strumento di aiuto e salvezza e il progetto di una vita da riuscire a vivere nonostante tutto, riempiono questo libro di emozioni contrastanti e terribili.

Enza Scotto d’Abusco

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Straziante. Intenso.
Meraviglioso.
Un libro che tutti dovrebbero leggere, per superare pregiudizi, per conoscere, per capire, per non giudicare e no, non è un romanzo di fantasia, è solo la atroce verità.

Manuela Miggiano

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Violenza e crudeltà della vita vera che al mondo occidentale arriva quasi di sfuggita, come notizia dei tg o qualche post sui social, viene sublimata dalla resilienza dei sopravvissuti ad uno dei molteplici naufragi nel Mediterraneo ed evidenziata da una prosa asciutta ed essenziale. L’intreccio delle vite di Esseri Umani incredibilmente sopravvissuti in un tempo senza tempo, in una vita senza vita. Lettura difficile, assoluta, da togliere il respiro.  
Lettura assolutamente consigliata.

Anna Rita Fiore

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Da una parte le nostre vite, che certo hanno problemi di ogni genere ma che non vengono mai sopraffatte dal pensiero che a poche miglia di distanza esista tanta disperazione, tanto spregio per la vita umana e tanta gente che nonostante tutto ha la caparbietà di sperare in qualcosa di migliore, quel qualcosa che noi abbiamo ma che spesso non valorizziamo.riesce con semplicità a farci entrare in un mondo che spesso , quasi sempre, preferiamo ignorare e lo descrive perfettamente. Una sofferenza indicibile, difficile anche solo da immaginare per noi pochi fortunati nati dalla parte giusta del mondo.
Se togliamo la struttura narrativa al libro non abbiamo tolto nulla, rimane un saggio crudo e durissimo.
Andrebbe letto nelle scuole.

Marcella De Giorgi

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In questo romanzo la tragedia dei migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita possibile, che mettono in gioco la loro vita e quella dei loro cari, spesso perdendole, per inseguire una speranza oltre l’inferno delle guerre, delle malattie, dello sfruttamento, della fame, dei lager libici, viene raccontata con le storie di Hawid, avvocato libico che perde la moglie e la figlia nella traversata e sceglie infine di tornare indietro, di Marwan, fuggito dalla Siria, che sogna una fattoria in Svezia, per tornare a far crescere e aver cura, dopo aver perso la sua famiglia e la sua terra. La storia di Fwan, ex soldatessa eritrea, bellissima e coraggiosa, forte e libera, che ha deciso di guardare sempre avanti, lasciandosi alle spalle tutte le violenze subite, per inseguire un paradiso irraggiungibile. Hassan, che viene dal Darfur e cerca il suo paradiso in cima a una montagna. Muhammed, che scappa dalla Guinea e dall’ebola e va a lavorare in un McDonald fino all’arrivo della pandemia che lo ricaccia nell’incubo. Poi, però, da straniero, nero, clandestino malvisto da quasi tutti si trasforma nel ragazzo che dà una mano, si prende cura, fa la spesa per tutti i vecchi del suo palazzo, che diventano la sua nuova famiglia “ora siamo tutti sulla stessa barca”.  Una storia di disperazione che però ci offre una speranza: tutti insieme possiamo trasformarci da naufraghi in profughi solidali.

Teresa Musca

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Cinque destini. cinque vite. cinque voci. Cinque superstiti: 4 uomini 1 donna. Il dramma del naufragio al largo della Libia, si ritrovano in cerchio sotto la luna di Lampedusa a raccontarsi. I loro racconti s’intrecciano nella stessa fame, nella crudeltà dei carcerieri: il loro viaggio disperato attraverso l’inferno di uno stesso mare. Younis Tawfik, origini irachene, con questo libro tocca profondamente l’umanità del lettore con voci esplosive che s’intrecciano come i loro sogni, fuggiti e nascosti seduti sotto lo stesso cielo.

Anastasia Ignone

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La storia delle vite perse nel Mediterraneo è un eterno ritorno. Ogni barcone giunto sulle coste italiane porta con sé la tragedia di coloro che non ce l’hanno fatta, dei quali si racconta in forma corale dalla voce di chi invece ha perso tutto.
A raccontare il destino proprio e degli altri sono, infatti, cinque sopravvissuti ad un naufragio sulle coste libiche, tutti provenienti da paesi d’Africa diversi e diversamente martoriati dalla guerra, che si ritrovano a Lampedusa, insieme per ricordare e domandarsi il perché.
Il racconto diventa per i protagonisti un modo per rivivere e concretizzare eventi dai quali sono stati sconvolti, di cui non hanno ancora preso del tutto consapevolezza, cercando di allontanare il dolore e ritrovare l’umanità nella quale diventa difficile continuare a credere.

Cristina Longo

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Siamo abituati ad ascoltare le storie dei migranti dai giornalisti, dai politici, dai volontari. E’ meno frequente conoscerle dalla voce di chi le ha vissute in prima persona. In quest’ottica, il romanzo si presenta come una testimonianza preziosa, struggente e profondamente umana che ci invita a riflettere sul senso della solidarietà e dell’accoglienza dei nostri simili.

Anna Gatto

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Circolo dei lettori del torneo di Robinson
di Parma “Voglia di leggere Ines Martorano”
coordinato da Pietro Curzio
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 Più che mai in questo romanzo/testimonianza la storia individuale si intreccia con la storia collettiva.
Attraverso la narrazione dei 5 personaggi, cui l’autore dà la parola, ripercorriamo non solo il loro travagliato percorso migratorio ma anche la storia recente e le controverse vicende politiche di diversi paesi africani: Libia, Siria, Eritrea, Guinea, Sudan. Paesi devastati dalla guerra, dalle dittature, dalle malattie (ebola) … nei quali si perpetrano genocidi ed orrori e dove violenze, torture e abusi su uomini, donne e bambini sono la quotidianità e la norma. Il racconto trasuda di violenza e crudeltà: Hamid, Hassan, Marwan, Fnan, Muhammad ci raccontano e descrivono con estrema crudezza ciò che hanno subito in patria, le sofferenze inferte dai carcerieri nell’inferno libico, la fame, le malattie…La loro è la voce di tutti migranti che in questi anni hanno lasciato la loro terra ed hanno attraversato il mediterraneo. Molti, anche i loro cari, non ce l’hanno fatta; altri, come loro, si sono salvati ma portano con sé un fardello di sofferenza e di ricordi. La delicatezza di alcuni passaggi narrativi, la compassione che sottende il romanzo, colpisce profondamente le coscienze e la sensibilità di chi legge.

Enza Scotto d’Abusco

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Hamid è il primo a parlare: guarda il mare, sul quale crede di leggere messaggi della sua bambina, annegata con la madre al largo di Lampedusa. Raccontano anche Muhammad, Marwan, Hassan e Fnan, l’unica donna dei cinque, tutti in fuga da guerre, epidemie, violenze e dittature. A spingerli dall’inferno libico verso l’Italia è il verbo “dovere” e Lampedusa, anche se non il paradiso, è la sponda della speranza. La storia personale dei cinque superstiti del naufragio è imprescindibile da quella dei loro paesi, a proposito dei quali l’autore apre scenari politici spesso dimenticati. Per Tawfik, dunque, i migranti non sono i numeri di un fenomeno, ma individui con un’identità ben precisa che li porta a reazioni diverse. Le tecniche narrative (uso di diversi registri linguistici, anticipazioni, periodare breve, con qualche ridondanza forse voluta) favoriscono la partecipazione emotiva del lettore al racconto di perdite e sofferenze inenarrabili.

Francesca Dalla Turca

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Il romanzo trova la sua unità nei racconti di cinque superstiti di un terribile nubifragio, seduti in cerchio in una notte di luna a Lampedusa. Sono racconti reali, strazianti per le violenze ed i soprusi subiti, descritti con particolari agghiaccianti che accomunano quattro uomini e una donna in un destino di umiliazioni e sofferenze, ma anche di speranze in una vita migliore.
Tutti hanno lasciato la loro terra per guerre, per malattie, per fame; hanno attraversato il deserto e subito lunghe devastanti prigionie, hanno lavorato in schiavitu’ prima di potersi imbarcare su una carretta stracolma di esseri umani per raggiungere una terra sicura. Il naufragio che li ha colpiti e che ha provocato tanti morti tra cui la moglie e la figlioletta di uno di loro, li ha uniti nel dolore e nel desiderio di libertà e riscatto.
Colpiscono le descrizioni dei paesaggi, le traversate nel deserto, la forza e il coraggio di chi non vuole arrendersi.
Il linguaggio è poetico, ma duro e realistico: la narrazione delle guerre è puntuale nella critica alla corruzione e alla sete di potere che portano alla distruzione di intere comunità. Il finale è fin troppo roseo, ma dopo tanto dolore lascia aperta una possibilità di salvezza e di integrazione per chi arriva dall’inferno.

Rita Merusi

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Il libro racconta storie di migranti che si intrecciano mentre un barcone li trasporta dalla Libia a Lampedusa. Le narrazioni sono terribili e offrono la visione della vita di alcuni paesi (Siria, Eritrea, Darfur e Libia) per noi impensabili.
Accanto a pagine veramente accorate, altre si perdono in particolarismi che rallentano il ritmo del romanzo

Lucilla del Poggetto

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Dalle storie e racconti di immigrati e migranti emergono toccanti resoconti di viaggi della speranza, della disperazione e, troppo spesso, della tragedia.
Viaggi spesso in balia di aguzzini e scafisti, su gommoni e imbarcazioni di fortuna, lottando contro il mare per sottrarsi al destino di schiavi prima, o di naufraghi clandestini poi. Il libro ci presenta , attraverso cinque destini, cinque vite di superstiti di un naufragio al largo della Libia che si incontrano e si raccontano seduti in cerchio sotto la luna di Lampedusa. 
Nei racconti di migranti e immigrati, volti, vite, speranze, ed esperienze di chi, dalle coste nordafricane e dal medio oriente non ha avuto altra scelta che abbandonare la propria realtà ed emigrare confidando nella solidarietà al di là di bandiere nazionali e di ogni altra labile differenza. Confidando nell’uomo ed in una nuova rinascita.
Quante vicende, quante domande e quante risposte inevase..un libro estremamente umano, a volte straziante e di difficile lettura che ci interroga sulle ingiustizie e crudeltà che flagellano la sponda opposta del mediterraneo e che, non sempre, trovano le giuste risposte all’approdo sognato.

Nando Lapetina

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Attraverso le voci dei sopravvissuti si delinea  la tragedia senza fine di chi ha abbandonato tutto per inseguire un sogno di stabilità, di pace. L’autore nella narrazione delle vite e delle motivazioni di coloro che tentano di attraversare il mare o comunque di raggiungere L’Europa racconta tutto quello che devono patire ed è tanto, è troppo. La sua motivazione, così dice in una intervista, è quella di colpire il lettore con un pugno nello stomaco È l’esplicazione del significato di COMPASSIONE che vuol dire letteralmente SOFFRIRE CON
Penso che la considerazione di questa sofferenza potrà fare evitare superficiali valutazioni sulle migrazioni o così mi auguro.

Donatella D’Agostino

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Questo romanzo ha il grande pregio di toccare in profondità la sensibilità e la coscienza del lettore. La narrazione dei cinque protagonisti, provenienti da realtà molto diverse, da’ voce a quelle migliaia di persone che affidano le loro speranze di una vita dignitosa a fragili imbarcazioni. Le testimonianze dei protagonisti hanno il potere di restituire la dignità a queste persone che per noi europei non sono altro che ombre spesso fastidiose. L’ultimo capitolo potrebbe rappresentare un esempio di integrazione basata sul rispetto reciproco.
Non è un testo di facile lettura perché è impastato di violenza, di crudeltà senza limiti: ma lo scrittore è capace di raccontare l’orrore senza infingimenti o ammiccamenti e usa uno stile scorrevole, conciso e nello stesso tempo ricco.

Carla Maria Guastalla

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Cinque migranti, quattro uomini e una donna giunti a Lampedusa decidono di raccontarsi la loro odissea.
Arrivano da paesi diversi, chi con la famiglia, chi con la madre, chi con il cugino, chi solo; tutti hanno vissuto la stessa realtà “essere andati all’inferno da vivi”.
Le continue violazioni dei diritti umani e le catastrofi umanitarie che hanno dovuto superare, sono il filo conduttore del libro che ci fa vivere i sacrifici a cui i migranti si sottopongono.
Occorre arrivare all’altra sponda dell’inferno, ossia in ITALIA dove esiste la libertà e il rispetto dei diritti delle persone: il PARADISO.

Alberto Mutti

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Le atrocità delle dittature, delle guerre civili e dei conflitti tra le nazioni emergono nei racconti drammatici dei protagonisti. Costoro rientrano nella schiera dei milioni di persone, disperate, fuggite dai loro paesi, dell’Africa e del Medio Oriente, per raggiungere l’Europa.
Se noi occidentali siamo informati dei drammi legati alla schiavitù e le violenze, da cui queste persone hanno cercato di allontanarsi e, nel contempo, dei rischi del viaggio, le narrazioni che i protagonisti fanno e le riflessioni profonde che esprimono, ci investono violentemente.
In questa crudezza si aprono sempre nei protagonisti squarci di poesia dell’animo umano

Margherita Tricarico

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YOUNIS TAWFIK, venuto in Italia dall’IRAK per studiare e, a suo modo migrante, oggi affermato scrittore, giornalista e professore, non ha mai distolto lo sguardo dai sempre più numerosi migranti, che per ragioni diverse sono costretti a lasciare la loro terra.  Ho apprezzato in questo ultimo romanzo, il tredicesimo, quel suo modo di narrare senza pietismi, anzi a volte spietato, ma anche lirico, delicato e di grande grande umanità. Fa narrare storie strazianti a 4 uomini e una donna. Sono sopravvissuti a guerre, persecuzioni, a malattie come l’ebola, alla fame e a quel “ “mostro”, che è il mare, quando si infuria e capovolge le carrette del mare, che attraversano il Mediterraneo. Sono “un relitto sconquassato dell’umanità”. Si sono conosciuti in un lager in Libia e sono tutti e cinque partiti dalla Libia. Il loro racconto, sotto la luna e intorno al fuoco, non ha nulla di idilliaco, ma fa apparire Lampedusa diversa da quella trasmessa dai telegiornali. Si sente che l’altra sponda non è l’inferno, ma la speranza: non pe Hamid, l’avvocato, che nel mare ha perso l’adorata moglie e figlia. ” Il suo corpo è vivo, ma non la sua anima” e sarà l’unico che alla fine vorrà ritornare nella sua terra dopo anni di lavori al limite della sopravvivenza Tutte le storie sono strazianti per le infinite e disumane avventure vissute dai 5 disperati, ma ciò che colpisce di più è la sorte delle  donne e in particolare le parole indimenticabili di Hassan, che fugge dal Darfur con la madre Alina e che assiste allo stupro ripetuto della madre da parte di uomini che ridono e sbavano Più volte assiste alla violenza   su ragazze e  donne di ogni età, tanto  da vergognarsi di essere uomo  “ le donne sono le uniche a non uccidere, a non sventrare, a non bruciare.                                                                                                   FNAX, orgogliosa di nome e di fatto, che fugge da una Eritrea fortemente militarizzata, in cui il solo destino di uomini e donne è di essere soldati dai 17 ai 60 anni, dopo avere provato su di sé ogni tipo di violenza, esprime giudizi significativi sugli uomini. Anzi sui MASCHI” appesantiti da una zavorra millenaria, fatta di retaggi, di catene, di ruoli e sacre investiture, come l’onore, la gloria, la guerra, la forza, il dovere, il sacrificio, l’austerità e più siete carichi e sfiancati più vi sentite uomini”
In esergo: NON E’CASUALE OGNI RIFERIMENTO A FATTI, COSE, PERSONE REALI

Caterina Fiore

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Terribile! Inaudito! Non ci sono altri aggettivi per recensire il libro. I migranti non sono considerati esseri umani soprattutto se non hanno più soldi.  Lo schiavismo al contrario. Quello storico, dal tardo 1600 fino alla metà del 1860, era legale  e integrato nell’economia e  ogni schiavo era trattato come proprietà, non rispettato e abusato.  Ora è altrettanto legale ma dopo aver pagato  “…1000, 600, altri  1000 dollari, e altri ancora,  dopo essere stati maltrattati e abusati, … dopo una giornata di lavoro…” di nuovo schiavi dei mercanti fino  all’imbarco su gommoni.  In questo romanzo verità l’autore descrive una realtà oltre il mar Mediterraneo che coinvolge paesi come la Siria, l’Eritrea, Sudan, Libia, un libro pieno di umanità. Il racconto delle proprie odissee è sconvolgente perché reale. Ci permette anche di familiarizzare con i migranti che seduti in cerchio si raccontano, si sostengono e si consolano. Vediamo i loro volti, li chiamiamo con i loro nomi, non sono più anonimi. Le loro sofferenze sono anche le nostre perché ci domandiamo come possono essere sopravvissuti a tanta violenza  e come una parte del mondo possa permetterla.

Fabrizia Paini

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Questo racconto è una storia in prima persona di migranti. Storia dolorosa, straziante. È una storia vera di persone vere. Persone che hanno sofferto e soffrono pene fisiche e morali per noi inaudite. Sono persone cui dobbiamo tributare rispetto, e, forse, anche offrire un po’ d’affetto.
A parte il valore documentario, il racconto è narrativamente debole e piatto, senza pathos. Ho letto reportage giornalistici più coinvolgenti.

Giuseppe Montagna

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Un testo doloroso, quello di Younis Tawfik, che non lascia scampo, perchè sceglie di
raccontare con molteplici voci la vita e la morte di persone che hanno l’unica sventura di essere a contatto con il lato oscuro, che sia guerra, carestie, malattie non importa.
Si è travolti una volta e per sempre. Migranti, profughi, disperati, numerosi sono i termini che ci necessitano per obliterare la verità di destini che ci sfiorano e facciamo troppa fatica a guardare. Tawfik narra storie a lui ben note, lo fa con umanità e vicinanza alla fatica del vivere di persone, non di personaggi.

Daniela Randi

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Roma 6 “Barbara Cosentino”
coordinato da Cecilia Gabrielli
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Cinque testimonianze che raccontano la storia di numerosi popoli, la storia di molti paesi, la storia di tutta l’umanità. Libro intenso, accorato, empatico, vero, che ti catapulta nel Mediterraneo, nell’Africa, tra le guerre, le bombe, le grida, la morte.
Non si può non piangere leggendo le parole di Nadia tra le onde; non si può non sentirsi protetti dalle forti braccia di Marwan. Davanti ai nostri occhi si palesa Fnan e la sua regale bellezza che ci accompagna per tutto il viaggio, mentre l’estrema sensibilità di Muhammad fa capire quanto il mondo sia tanto crudele e ancora tanto impreparato da non considerare il colore della pelle solo come un diverso vestito.
L’ho trovato, nonostante tutto, un libro pieno di speranza, di vita, grazie al quale dobbiamo imparare a confrontarci e a metterci in discussione continua utilizzando le storie di questi ragazzi per ridare dignità all’essere umano.

Idamaria Marini

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Un romanzo che ci mancava, perché colma le molte lacune dei non addetti ai lavori sule tragiche vicende politiche di Africa e Medio Oriente.
Viviamo in diretta, attraverso il racconto di cinque personaggi scampati all’inferno, il dramma dei migranti. Non si sorvola sui dettagli più crudi e si evidenzia la forza vitale e la determinazione che, unita alla fortuna e al favore del caso, contribuiscono alla salvezza.
Lo scrittore ci regala anche momenti poetici che personalmente ho trovato un po’ forzati, utili ad alleggerire l’orrore.
Un romanzo che andrebbe letto e commentato nelle scuole.

Grazia Zanotti Cavazzoni

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Libro letto con molta diffcoltà e sofferenza. Le drammatiche storie raccontate dai protagonisti, profughi per sfuggire alla violenza, ma che lungo la fuga hanno trovato solo altra violenza, permettono di conoscere meglio le vicende storiche narrate. Nonostante la forte presenza di dolore e sofferenza, è sempre presente un aspetto poetico nella narrazione delle vite.

Rosanna Laterza

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E’ un romanzo che ferisce, è il racconto di 5 superstiti, provenienti da diversi paesi dell’Africa, che si ritrovano a Lampedusa dopo aver vissuto l’inferno.
Fa rabbrividire per la crudeltà dei fatti narrati, fa riflettere per la grande umanità e il grande amore che traspare dalle storie dei sopravvissuti.
Ho trovato la parte relativa ai fatti di cronaca molto ben documentata ma la trama del romanzo è sminuita, nel finale è forzata e semplificata da molti luoghi comuni.

Anna Maria Proia

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Non parlo mai dei libri che non mi piacciono e per questa ragione recensisco solo Tawfik, che ho amato molto e svetta fra i romanzi più belli che io abbia letto quest’anno. Di questo Giorgio Dell’Arti ringrazio, perché forse da sola non lo avrei mai incontrato. Ho letto molti libri che raccontano la triste immigrazione nel nostro paese, ma nessuno è riuscito come i superstiti di Tawfik a descrivere cosa ci sia prima, durante e dopo il viaggio e che cosa realmente sia questo viaggio. Quando noi vediamo barche e gommoni arrivare, abbiamo mai davvero pensato a quello che in queste pagine ci viene descritto? Davvero vogliamo ancora raccontarci che la categoria concettuale di viaggio possa applicarsi a queste imprese? Questi sono naufragi nella miseria dell’umanità. I racconti sono ricchi di riferimenti alla storia e alla cronaca che pongono il lavoro su un piano qualitativamente diverso rispetto ad altri libri in gara e lo rendono degno di essere adottato come libro di testo nelle scuole secondarie. Sotto il profilo letterario, appassionata quale sono di letteratura epistolare, non posso non segnalare la presenza di una lettera liquida dal mare che per me è stata una delle pagine più commoventi della storia. Spero e auguro a Younis Twafik di vincere il torneo. Grazie.

Cecilia Gabrielli

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Circolo dei lettori
di Fermo “Villa Vitali”
coordinato da Cinzia Centanni
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Romanzo ricco di spunti, scritto da un’autrice che conosce il peso di ciò a cui da voce.
La malattia di Celeste, l’amore infinito e indicibile, la passione rivoluzionaria, il legame tra fratelli/non fratelli  che risulta molto più forte di qualunque altro legame possibile: il romanzo parla di tutto questo e di molto altro.
Lo stile è semplice e scorrevole, lo sviluppo degli eventi plausibile e storicamente molto autentico, i personaggi sono tutti dignitosi, ognuno con il lato buono voltato a prendere la luce con la quale l’autrice ne illumina le molte fragilità.
In sostanza tutto è molto positivo nonostante la durezza di gran parte delle situazioni e su tutte la morte tragica di Pietro. E però anche questa diventa un evento buono perché l’autrice la  nobilita col martirio e con l’immortalità che questo porta con sé e,  in realtà,  è l’unica soluzione possibile del personaggio. Il romanzo è coronato da un  finale commovente e appagante dopo che per circa 350 pagine il lettore si rimescola in un amore totale che però sembra non poter mai diventare concreto.
Lettura utile, a tratti educativa e straordinariamente autentica (relativamente alla realtà delle famiglie allargate, al racconto di una malattia rara , all’analisi del perché  si arriva ad arruolarsi nella resistenza di un paese straniero distante per cultura e storia) ma allo stesso tempo assolutamente priva di sintesi e di focus. Delle 370 pagine almeno 200 sono ridondanti e tolgono tensione narrativa ai sentimenti e alle biografie che a causa di ciò perdono di pregnanza e a volte sfiorano la tediosità.
Ho trovato inutili le lungaggini descrittive dei luoghi, delle serate di sballo e di sbronze, di fughe e ritorni, tanto quasi da far sorgere il dubbio che l’autrice ne dovesse dire e ripetere per convincere il lettore, e sé stessa, che ciò che stava scrivendo era importante: insomma repetita iuvant sed secant.
Nel complesso, a causa di questi difetti di non secondaria  importanza un romanzo interessante ma eccessivamente lento e del quale  non consiglierei la lettura.

Laura Stopponi

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Grandi Lettori
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Un racconto che parte da un fenomeno che viviamo quotidianamente nella sua fase finale - gli sbarchi di migranti - e che preso come tale ce ne fornisce inevitabilmente una visione parziale, ignorando quanto poco ci vuole a stravolgere una società civile e trasformarla nel regno dove comandano sopraffazione e violenza.
Frasi brevi a sottolineare il senso di urgenza, una parabola sulla brutalità dell’uomo, inteso come maschio; l’uomo contrapposto alla donna, usata e abusata, eppure l’unica in grado di mostrare umanità rispetto all’orrore della privazione delle libertà elementari.
Primo Levi ci ricorda per sempre di cosa siamo stati capaci in Europa e tendiamo a pensare che un orrore del genere appartenga al passato; questo libro ci mostra che a qualsiasi latitudine il lato oscuro dell’uomo (ancora una volta, del maschio) genera mostri, ma anche che se siamo capaci di superare le nostre paure - quali che siano - allora quell’orrore non ha possibilità di prevalere.

Alfredo Sannoner

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Un valore che riconosco ad un libro è quello di spingermi ad approfondire l’argomento, o gli argomenti, che tratta. E questo libro ha sicuramente il merito di aver (ri)sollevato il mio interesse nei confronti delle tragedie, personali e storiche, che hanno distrutto le vite dei protagonisti, delle loro famiglie, dei popoli e delle geografie da cui provengono.
Il racconto alterna le voci di alcuni sopravvissuti al naufragio di un barcone tra le coste libiche ed italiane, incastrando il piano del presente (il naufragio e l’accoglienza dei profughi a Lampedusa), con il piano delle tragedie che cinque di loro hanno vissuto, sino ad imbarcarsi in Libia nella speranza di raggiungere l’Italia, e da qui l’Europa.
La scrittura è piana, spesso cruda, forse un po’ troppo, anche se è comprensibile la volontà di trasmettere l’enormità delle tragedie che racconta, ed il finale, quasi consolatorio, mi è parso leggermente stonato rispetto all’impietoso realismo dei racconti dei protagonisti.
Libia, Siria, Darfur, Guinea ed Eritrea: guerre (in)civili, dittature, epidemie, miseria, ferocia, interessi economici, odii tribali, religiosi, settari.
Follie che stritolano milioni di persone, uccise, torturate, mercificate, schiavizzate, cancellate.
Un libro pieno di tragedie a brutalità, con qualche scintilla di speranza, che i protagonisti devono difendere e conservare con tenacia e rispetto per quel poco che rimane da difendere e conservare, non fosse che il ricordo di tutti coloro che hanno perso, di tutto ciò che hanno perso.
Un libro duro, che racconta la storia dal punto di vista delle vittime, e che deve spingerci ad approfondire, a capire meglio, a ricordare, per provare a fare meglio.

Roberto Bertolin

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Struggente e coinvolgente da rendere talvolta impossibile la lettura l’angoscia che trasmette. Stile brillante, asciutto e toccante. La brevità è un pregio. Che le vicende narrate siano realmente accadute e i personaggi siano realmente esistiti o meno, l’intreccio con la storia dei diversi paesi di provenienza rende tutto molto vero. Malgrado la delicatezza del tema, non scade mai nel sentimentalismo o nel già sentito.

Luigi Muzii

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Grandi lettori
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Il libro descrive le vicissitudini di persone che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla malattia e dalla sopraffazione. Esse provengono da Tripoli, dalla Guinea, dalla Siria, dal Darfur, dall’Eritrea e sono dirette a Lampedusa; hanno   storie diverse , li accomuna  il loro vagare disperato  e il loro essere schiavizzati da bande di  criminali.  Questo immenso tragico cammino alla ricerca di una vita migliore viene narrato con linguaggio crudo e essenziale che suscita orrore, sgomento  e vergogna. Orrore e sgomento per la malvagità insensata cui può arrivare il genere umano, vergogna perché questi massacri avvengono nell’indifferenza di tante persone e con la complicità interessata di potenze mondiali.

Marussia Pastacaldi

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Sono cinque le persone, cinque i protagonisti di questo struggente romanzo La sponda oltre l’inferno di Younis Tawfik. Sono quattro uomini e una donna scampati ad un naufragio al largo della Libia che incrociano le loro vite in un centro di detenzione. E da lì i racconti delle loro vite prendono corpo. I sacrifici e le umiliazioni subite durante il viaggio, la paura per il futuro, le incertezze del domani. I loro racconti strazianti ci mettono di fronte ad un problema che stiamo affrontando e gestendo da molti anni, ma non solo; i loro vissuti empaticamente possono, anzi devono far nascere in chi legge sentimenti di condivisione e solidarietà. La scrittura di questo autore iraqeno avvolge e fa pensare e  restituisce dignità ad una umanità spesso dimenticata.

Anna Esposito

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La sponda oltre l’inferno è un romanzo che fa male. Il dolore di chi ha vissuto i fatti narrati apre uno squarcio nel cuore di chi legge. Più volte ho interrotto la lettura per ascoltare le emozioni che affioravano sul mio volto in forma di lacrime: tanta, tantissima rabbia per l’ignoranza dilagante nel nostro paese; tanta, tanta vergogna nei confronti delle brave persone che riescono ad arrivare in Europa per poi trovarsi di fronte a razzismo e diffidenza. Il romanzo ha avuto per me ancor più significato perché letto mentre mi trovavo in Africa: nei volti di chi mi circondava riconoscevo quella forza ancestrale, quella filosofia dell’andare avanti giorno per giorno, quella generosità e quei sorrisi che da noi sono ormai cosa rara. A livello di stile, ho adorato le dolci metafore, la delicatezza di una prosa poetica, le accurate descrizioni dei luoghi d’origine dei protagonisti e gli utili approfondimenti storici. 

Chiara Munerato

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Chiari “I MiseraLibri - Biblioteca di Chiari” 
coordinato da Alice Raffaele
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Si è lasciato leggere in una settimana e, nonostante la “crudezza” dell’argomento, mi ha rapita e colpita la leggerezza con la quale l’autore lo ha affrontato, senza scadere nel banale e nello scontato.



Francesca Cortiana

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Sincero, dolorosamente vero.



Giuseppa Geloso

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Il libro di Younis Tawfikasdf, “La sponda oltre l’inferno”, narra la storia di cinque profughi che scappano dai rispettivi paesi d’origine per cercare salvezza in Italia, cercando di sbarcare a Lampedusa. Ogni storia racconta le diverse violenze e i diversi problemi che ogni stato presenta, dalla dittatura all’ebola. Ogni racconto è straziante, a volte troppo. Le violenze e i crimini sono riportati in modo chiaro e molto efficace, ma mai troppo volgare o diretto. Libro pieno di punti di riflessione sulla situazione dei paesi a sud del Mediterraneo.

Simone Brognoli

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Ho faticato a leggere questo libro per lo stile sincopato, i salti temporali e l’argomento trattato.

Mirella Signori

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Il libro racconta la storia drammatica di un gruppo di migranti salvati da morte certa. Arrivati a Lampedusa, i naufraghi raccontano delle loro vite e degli episodi drammatici che hanno vissuto. In comune hanno la sofferenza per le violenze subite e per la perdita dei propri cari. Ciò che rende particolare questo libro è la poesia che sembra accompagnare questi viaggiatori: poesie di versi e di paesaggi, di sentimenti e di umanità che, se pur calpestata, torna ad affermare la propria vitalità!

Carlo Alberto Basile

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Un romanzo di racconti, storie di migranti che, dalle diverse regioni dell’Africa, intrecciano i loro destini prima in un campo di detenzione e poi a bordo di un barcone; un tragico naufragio, il mare che li sommerge e poi li restituisce, superstiti; dovranno fare i conti con ciò che hanno lasciato o perduto, con i sogni che si sono infranti e con quelli che ancora cercano di nutrire, con la speranza di un domani migliore.

Rachele Baresi

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Triste e angosciante la prima parte, poi il racconto si disperde nelle vicende individuali. Una testimonianza. Forse il racconto avrebbe potuto essere più essenziale soprattutto nella seconda parte, in cui l’immagine di alcuni protagonisti appare un po’ trasfigurata.

Germana Grazioli

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La sponda è Lampedusa, la speranza è l’Europa. L’inferno è l’odissea di cinque persone che arrivano in Libia da nazioni diverse e che da lì si imbarcano per raggiungere Lampedusa.
Attraversare il mare azzurro porta stupore e meraviglia ma anche una paura maledetta perché se è visto dallo scoglio è una massa gelatinosa che si muove lentamente e se chiudi gli occhi diventa una bestia che ondeggia verso la costa per inghiottire il mondo. E infatti il mare si è portato via tante vite che per fuggire dalla morte l’hanno voluto affrontare e hanno perso.
Il romanzo di Tawfik racconta momenti di vita terribile, di tragedie, di un mare che mentre ti osserva con mille occhi spumosi ti inghiotte. La speranza è al di qua della sponda, il miracolo è quello di poter scrivere una storia nuova, in un mondo nuovo, una storia di crescita, di condivisione, delle volte di riuscita. Dar Al Hikma è una*. 
*La Casa della Sapienza di Torino, fondata dall’autore del libro.

Emma Dovano

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Grandi lettori
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Devo dire, prima di tutto, che  è stata una decisione difficilissima.
E’ il tema che mi ha fatto decidere: quello dei profughi è un dramma che non possiamo ignorare e chi ce lo racconta non compie soltanto un’opera letteraria, ma si incarica di aprirci gli occhi per emergere dalla nostra ipocrita ignoranza. 
Si tratta della raccolta di un materiale umano preziosissimo; sotto il profilo stilistico può essere discutibile, appare freddo, a tratti, e certamente edulcorato a fini editoriali. Ma colpisce. E lo devo preferire, per responsabilità.

Marilù Cosma

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Grandi lettori
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La sponda oltre l’inferno di Younis Tawfik è una lettura difficilissima per la quantità di sofferenza umana profusa in ogni pagina. Quest’opera è una testimonianza di esperienze terribili raccontate con uno stile semplice, diretto ma partecipato, privo di artifici retorici o di pietismo. Ho scelto di far vincere questo titolo per una sorta di dovere civile: impossibile restare indifferenti dopo una lettura del genere su un fenomeno contemporaneo così grave e distruttivo per la dignità umana.


Silvia Vantaggiato

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 2 “Lettori temerari”
coordinato da Patrizia Ferragina
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Leggendo le storie strazianti contenute nel libro dei cinque protagonisti di altrettante vicende, quattro uomini e una donna, mi è sembrato di vivere in altrettanti gironi infernali danteschi, purtroppo però veri e attuali. I protagonisti, provenienti da cinque diversi Paesi africani o mediorientali i cui abitanti stanno vivendo guerre civili, crisi umanitarie o sanitarie imponenti, si ritrovano, scioccati, umiliati e esausti sotto la luna di Lampedusa, nel centro di accoglienza. I loro destini si sono in precedenza incrociati in Libia, in un centro di detenzione, e li hanno portati a vivere un’ulteriore drammatica esperienza durante la traversata in mare su un barcone fatiscente. I cinque protagonisti condividendo le singole umiliazioni, perdite, privazioni cercheranno di ritrovare, ognuno in modo personale, la loro umanità e i loro obiettivi, mettendosi alle spalle i lutti e le ferite. Rimane la domanda più importante che non può rimanere di fondo: quante persone ancora dovranno morire per arrivare sulla sponda oltre l’inferno?

Marialuisa Albizzati

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La sponda oltre l’inferno di Tawfik è un testo che sconquassa le viscere, ti pugnala al ventre mentre solleva il coperchio su un mondo che tutti crediamo di conoscere ma che nei racconti dei migranti diventa così tridimensionale e straziante. L’inferno dal quale provengono è fatto di guerre, ingiustizie, dittature e oltrepassarlo ha comportato inumane sofferenze, violenze e lutti. Non c’è finzione in questo romanzo che verrebbe più da considerare come cronaca di una realtà che attraversa il nostro presente. La mia preferenza tra i due testi proposti alla fine non è andata a quest’opera solo perché l’ho considerata meno interessante da un punto di vista prettamente letterario rispetto all’altra. Ne consiglio però a tutti la lettura.

Annamaria Barletta

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Attraverso la figura di cinque personaggi, l’autore ci racconta la situazione politica, tremenda, di dittatura e pulizia etnica di alcuni paesi arabi ed africani. Uno ad uno, ritrovatisi dopo anni di schiavitù, torture e violenze subite in nome di motivi “falsamente religiosi” ma di mero potere e sete di denaro, a sperare di poter arrivare in Italia a bordo di un barcone. Pochi di loro potranno sbarcare, dopo aver perso moglie e figlia o gli amici, e tra di loro si forma una specie di amicizia solidale; quasi con timidezza svelano i loro sogni. Sono fuggiti dalla guerra, “non era guerra, ma crimine, omicidio stupro” ed hanno lasciato la loro casa e gli affetti. Sono racconti vividi, pieni di rabbia ma anche di ricordi malinconici, “quando la terra è impregnata di sangue, difficilmente si asciuga del tutto”. Qualcuno riuscirà a realizzare quel sogno, anche se solo parzialmente, accontentandosi della pietà della gente o addirittura subendo anche in Italia episodi di razzismo. Hamid ritornerà, ripasserà quel mare, troppo forte l’amore per la sua terra! È un libro che suscita orrore, rabbia, ma insegna che il rispetto per l’uomo, di qualunque colore sia la pelle o la sua religione, deve essere l’obiettivo di una politica seria, per poter avere ancora un futuro!


Gabriella Buizza

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La sponda oltre l’inferno è rappresentata dalle coste di Lampedusa che accolgono cinque superstiti di uno degli innumerevoli naufragi al largo dalla Libia. I cinque, originari di vari paesi africani, provengono da un campo di prigionia libico e dopo il naufragio una notte si ritrovano sull’isola siciliana intorno ad un fuoco per raccontare la loro storia. L’inferno è rappresentato dai loro paesi dilaniati da guerre, miserie, soprusi di ogni genere e dal Mediterraneo che da speranza troppe volte si trasforma in condanna definitiva. Questo romanzo è simbolicamente narrazione di vite vere, vite martoriate e vite ignobilmente spezzate, ma riesce anche ad essere racconto di solidarietà ed amicizia. Gli eventi narrati sono tristemente noti e agghiaccianti, ma il racconto risulta avvincente e cattura l’attenzione del lettore perché trasuda compassione e umanità e riesce a restituire a queste anime diseredate tutta la loro dignità, a dispetto delle interminabili crudeltà a cui vengono sottoposte.


Patrizia Ferragina

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Il romanzo dello scrittore iracheno Younis Tawfik, ha molti pregi. Il principale, a mio avviso, è quello di essere riuscito a narrare in un modo decisamente emozionante e coinvolgente e con un linguaggio semplice ma profondo, le vicende di cinque naufraghi approdati a Lampedusa dopo l’affondamento dell’imbarcazione dove erano stivati con altre centinaia di profughi. I racconti dei cinque protagonisti formano un quadro preciso e desolante non solo delle traversie dei soprusi dei lutti delle sofferenze inflitte loro nel viaggio per raggiungere la Libia, luogo d’imbarco alla ricerca della sponda oltre l’inferno. I cinque si ritrovano a Lampedusa dopo il tragico e mortifero ribaltamento della “carretta del mare” su cui viaggiavano, si conoscono e si ri-conoscono per aver vissuto, prima dall’ultimo tentativo di imbarcarsi, come reclusi in uno dei terrificanti centri di detenzione nelle vicinanze di Tripoli. Ciascuno di loro racconta la propria esperienza, tragica e diversa per i luoghi di provenienza ma ugualmente dolorosa e tanto difficile da raccontare quanto straziante da ascoltare, o da leggere! Hamid, avvocato è l’unico che proviene dalla Libia stessa ed ha perso moglie e figlia nel naufragio nel tentativo di cercare altrove una possibilità di vita decorosa dopo il deterioramento della situazione interna. Gli altri quattro, tre uomini e una donna; gli uomini provengono dalla Siria, dalla Guinea, dal Darfur, mentre Fuan, la donna ha lasciato l’Eritrea. I racconti consentono ai protagonisti di ritrovarsi tra esseri umani e solidali, dopo aver vissuto per anni di stenti, di vessazioni, di rapine, di fame, di ricatti ed estorsioni, di stupri prima di ritrovarsi nell’isola, da cui partire per un nuovo futuro di dolore e di speranza, dove l’unico deciso a tornare in patria è Hamid, che ha perso i suoi cari e non vede come rifarsi una vita senza di loro. I progetti dei personaggi sono diversi e l’ultima parte del libro è dedicata alle nuove esperienze dei protagonisti e all’accoglienza che ricevono, non solo ispirata dall’ignoranza e dal razzismo ma anche di comprensione stima, solidarietà e aiuto. Il romanzo, che a mio avviso andrebbe diffuso e letto nelle scuole e credo anche nei ministeri, è più che altro, una sorta di docu-libro, che informa, con una scrittura sobria ma efficace, sulla realtà dell’immigrazione, sulle motivazioni di fondo che spingono intere masse a cercare rifugio nella “sponda oltre l’inferno” e al tempo stesso sfata i peggiori preconcetti che spesso hanno largo spazio di diffusione anche se non soprattutto in Italia. Anche solo per questo è particolarmente encomiabile!

Giorgio Figini

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Cinque testimonianze di migranti provenienti da diversi paesi dell’Africa sono raccontate con sensibilità e profonda partecipazione.  Precisa e documentata è la contestualizzazione storico politica delle vicende narrate. A volte la descrizione è cruda e violenta forse troppo esasperata. Rimane il sorriso di Fnam con il suo portamento elegante e orgoglioso che, unica donne del gruppo, affronta tutte le violenze con uno sguardo verso il futuro e il riscatto di Mohammad che ritrova la propria umanità mettendosi a disposizione degli altri.

Marina Landi

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Come già anticipa il titolo, c’è un approdo dopo l’inferno. Ma come si arriva a questo approdo? Il libro è la testimonianza drammatica di 5 profughi scampati a un naufragio, provenienti da paesi diversi dell’Africa e del Medio Oriente. Hamid, Muhammed, Marwan, Hassan e Fnac arrivano da paesi che hanno conosciuto tempi di apparente tranquillità e che poi sono stati sconvolti da rivolgimenti politici, epidemie, guerre… Raccontano a noi le loro storie, come fossimo accanto a loro. È un libro durissimo, commovente, un libro che ci interroga e ci scuote. L’inferno non è chissà dove, è proprio al di là del nostro mare.

Bernadetta Pazielli

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Ripeto, con grande rammarico sono stata costretta a escludere questo romanzo, ugualmente meritorio. Tawfik, che non conoscevo, iracheno esperto di Medio Oriente, ci presenta cinque storie di vita drammaticamente attuali. Quattro uomini e una donna, sotto il cielo di Lampedusa, superstiti di un naufragio, raccontano di fame, malattia, soprusi e violenze. Crudi i loro racconti, cruda e vergognosa la realtà che ne emerge. Toccante la narrazione. Quanto ancora dovremo leggere di questo abominio?

Nicoletta Romanelli

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Leggere fino in fondo questo racconto di Tawfik è stato difficile, doveroso, direi obbligatorio, ma anche estremamente faticoso, al punto che ho desiderato più volte distogliere gli occhi dal racconto di questa immane e assurda tragedia che si rinnova pressoché quotidianamente prima nei campi di detenzione libici, poi nel Mare Nostrum. Credo che la difficoltà (e insieme la necessità di andare fino in fondo) risieda nella consapevolezza che tutto quello che leggiamo non è che in minima parte frutto della fantasia dell’Autore; si tratta di vita vera, di umanità disperata, di cui spesso leggiamo solo resoconti giornalistici dove le persone diventano numeri che in quanto tali non suscitano poi troppa emozione…L’Autore narra in prima persona le vicende di cinque migranti, sopravvissuti ad un naufragio al largo delle coste libiche; eppure leggere le loro storie mi ha richiamato alla mente i racconti dei sopravvissuti ai lager nazisti: la stessa violenza gratuita, la stessa perseveranza degli aguzzini nell’annientare la dignità e l’umanità di persone innocenti che scontano solo il peccato di essere nate ; nel contempo vi ho letto anche la tenacia di vittime innocenti, in lotta per sopravvivere e costruirsi un futuro in un altrove sconosciuto, forse per questo immaginato migliore.

Mariapia Salfati

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La “sponda oltre l’inferno” è quella su cui abitiamo noi, quella che appare come il “Paradiso” a un gruppo di migranti approdati all’isola di Lampedusa. Provenienti da differenti situazioni e diverse aree geografiche, sono tutti in fuga per la vita, per una vita decente, sorretti da un’incrollabile determinazione che permette loro, sia pure a stento, di superare fatiche disumane, violenze, atrocità. E’ uno sguardo pieno di compassione e rispetto quello che si posa su esseri umani feriti, che cercano di riconquistare speranza e dignità. Il testo si sviluppa su due registri: uno ci restituisce, attraverso le narrazioni in prima persona dei protagonisti, il panorama emozionale che porta alla fuga e che accompagna le tappe infernali del viaggio. E’ una narrazione “forte”, con un notevole impatto emotivo (ad es. ho trovato davvero sconvolgente il racconto del naufragio... ). Il secondo registro risponde invece ad un intento più didascalico: in modo sintetico, ma chiaro, vengono delineate le situazioni geopolitiche che hanno portato alle guerre, all’ oppressione, alla miseria che affliggono tanta parte del mondo ed impediscono una vita decente a milioni di persone. Anche questa parte è stata sviluppata bene, con chiarezza e completezza, però, secondo me, non sempre si integra con naturalezza nella narrazione individuale.... E questo è l’unico difetto che riesco a trovare in un testo che ho apprezzato davvero molto!

Olga Varalli

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Cinque i protagonisti di altrettante storie. Cinque migranti che si raccontano e ci raccontano le loro storie. Storie di migranti che hanno attraversato il mediterraneo su un barcone. Gli abusi, le torture, le violenze, gli stupri nei centri di detenzione in Libia. Hanno perso tutto quello che avevano di più caro, ma nel raccontarsi cercano di riprendersi la propria dignità di essere umani, l’unica cosa che gli è rimasta e che gli darà la forza di sopravvivere nella ricerca di una nuova vita. Questo è un libro che porterei volentieri nelle scuole, come libro di formazione e cultura generale, perché anche di questo argomento, quello dei migranti extracomunitari si sa poco e male. Non si sa cosa succede prima che arrivino, come arrivano e dove vanno. Non si sa o meglio non si racconta chi sono i pupari di queste vicende. Ognuno ha la propria storia, e sono tutte storie diverse, ma a nessuno sembra interessare.

Pierangelo Vernizzi

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Milano 3 “Banda del Book”
coordinato da  Moira Maggi
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La sponda oltre l’inferno è il dolorosissimo racconto di cinque vite. Riassume la crudezza della realtà di cinque migranti provenienti da altrettanti paesi africani, che convergono in un campo di reclusione libico e approdano in Italia dopo aver vissuto l’inferno. Ognuno di loro si porta addosso il suo carico di dolore e miseria. Dopo un lungo viaggio della speranza, attraversando disperazione, fame, umiliazioni, violenza, schiavitù, hanno trovato la forza di lasciare i rispettivi paesi, devastati da guerre, malattie, regimi totalitari. Fuggono da differenti sfumature dell’inferno, condividendo le stesse paure, le stesse incertezze e le stesse speranze in qualcosa di meglio al di là del mare. Quel Mar Mediterraneo che divide l’inferno da quello che potrebbe essere il paradiso. Potrebbe. Culla, il mare; avvolge e si lascia attraversare, è una porta aperta verso la libertà. Ma il mare è anche traditore, è un mostro che inghiotte e non restituisce. Quante volte - troppe volte - lo abbiamo visto nei notiziari? Perché si parte, allora, sapendo di andare incontro all’ignoto? Quello che conta è abbandonare un inferno certo per raggiungere quella sponda, che non è detto essere il paradiso, ma rappresenta sicuramente una speranza. Perché “tra una morte certa e una morte probabile, si sceglie la morte probabile.” Sono parole dello stesso Tawfik, giornalista, scrittore e poeta di origini irachene, che ha scelto l’Italia come casa e l’italiano come lingua, autore di questo straziante romanzo verità scritto con uno stile limpido, che alterna parti liriche ed evocative, a una scrittura di stampo più giornalistico. Leggerlo è stato come un pugno allo stomaco, mi ha emozionato nel profondo. Per quanto straziante e doloroso, questo libro merita di essere letto nelle scuole, perché dopo millenni di civiltà ci sono ancora esseri umani che vengono considerati numeri o peggio ancora, fantasmi, e troppo spesso ci si dimentica che sono persone con le loro storie, le loro tristezze, i loro amori, i loro sogni, la loro dignità. 

Cristina Casanova

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Cosa mi ha spinto a preferire questo testo? 
Forse la motivazione sta nel fatto che i suoi protagonisti sono delineati in maniera “espressionista", se vogliamo usare una metafora pittorica: sono maschere dolenti di una tragedia che si ripete in continuazione, con un finale inevitabilmente sempre uguale.
Ciò può suscitare nell’opinione pubblica un senso di impotente rassegnazione, rasentando (orrore!) l’abitudine ad una narrazione giornalistica quotidiana. 
Questo non può essere accettato, mi ripeto ogni volta. 
Allora, per non dimenticare i fatti della Libia, le responsabilità politiche occidentali e nostre, italiane, per ricordarci che si diventa "profughi “per non morire di stenti, a nome di tutti i bambini che hanno spento la sete e la vita con l’acqua di mare, ho scelto Younis Tawfik. 

Silvana Paolillo

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Un romanzo straziante, ben scritto, di un autore di origini iraniane a cui non posso che fare i complimenti per la proprietà di linguaggio. 
La storia intreccia i racconti di 5 migranti provenienti da Libia, Guinea, Siria, Darfur ed Eritrea, ognuno con il suo carico di disperazione, dolore e sogni di una nuova vita. I racconti si susseguono in modo rapido e ci mettono di fronte a violenze, soprusi e cattiverie che davvero nessuna anima al mondo dovrebbe mai sopportare. Mai più. La descrizione del dolore del protagonista per la morte della piccola Nadia e di sua moglie è realistica e commovente. I racconti di ogni singolo personaggio sono dettagliati, precisi ed empatici.
Detto questo, durante la lettura il mio pensiero è andato a Fabrizio Gatti e al suo Bilal: Viaggiare, lavorare, morire da clandestini. Non me ne voglia Tawfik ma, per quanto il suo romanzo racconti la storia in maniera realistica e accattivante, le emozioni che ho provato nel leggere il romanzo di Fabrizio Gatti sono inarrivabili.

Moira Maggi

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson 
di Pontedera “LaAV” 
coordinato da Maria Rolli
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Racconto scritto in prima persona per raccontare l’orrore delle guerre in atto in diversi paesi, e del viaggio/calvario intrapreso dalle persone protagoniste di queste storie, che di volta in volta prendono la parola, alla ricerca della salvezza della propria vita e di quella delle proprie famiglie verso terre lontane. Spinti dalla sola speranza, con pochissimi aiuti materiali, affrontano l’inferno, anche con bambini piccoli, fatto di violenze inaudite fisiche e psicologiche attraverso territori ostili ma soprattutto fra l’indifferenza dei più. I sopravvissuti uniti dallo stesso destino e da una empatia che permette loro almeno di avere un contatto umano a sostegno del personale inferno vissuto, raccontano il proprio viaggio della speranza, ognuno proveniente da diverse terre martoriate dalla guerra, ma con le stesse emozioni, pensieri, sofferenze, disperazione e speranze; tutti hanno perso i propri cari ed a loro, reietti e sopravvissuti, tocca andare avanti anche per chi non c’è più nel loro ricordo e rispetto in territori spesso ostili dalle cui popolazioni sono visti come “migranti invasori” e spesso trattati alla stregua di oggetti da sfruttare. 
Un racconto denuncia dei nostri tempi, purtroppo molto attuale, ciò che si narra avviene quotidianamente tra l’indifferenza e le azioni di chi governa i paesi del cosiddetto Occidente civile.

Enza Scotto d’Abusco

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Quanto dolore!  Un inferno che nella sua crudezza è descritto con una penna asciutta, concisa, dalla punteggiatura breve ma al contempo delicata. Un libro che tocca profondamente il cuore la mente e la coscienza. Bisogna essere forti per leggere queste storie, storie di vite perse nell’acqua del Mediterraneo. Ancora di attualità. Purtroppo! Cinque storie che vengono raccontate dai protagonisti che si trovano a Lampedusa, la sponda oltre l inferno ( e forse l’inferno è meno infernale rispetto a quanto descritto). 

Anna Maria Agostino

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Il racconto "La sponda oltre l’inferno" di Younis Tawfik ci viene raccontato con la tecnica "dell’occhio di bue" usato nel cinema, come se lo scrittore prendesse il bisturi e aprisse lentamente quello che noi ci rifiutiamo ancora di capire. Inoltre, per evitare il rischio di perdersi, ci fornisce due cartine geografiche con i nomi degli stati di provenienza e sopra il nome dei protagonisti della storia. Evitando così ogni possibile alibi o equivoco di consapevolezza.
Lo scrittore ci mette di fronte tanti personaggi, ognuno con la propria disperata storia. Sono tanti gli avvenimenti e anche tanta la storia documentata con note e date, ma alla fine seguiamo il percorso solo di alcuni e queste persone alle quali dedica ad ognuno un piccolo capitolo restano come satelliti nella loro solitudine, ognuno con esito diverso. Sembra quindi mancare la speranza o l’incapacità di giungere ad una vita migliore.

Luisa Martinucci

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Tutte le dolorosissime vicende che  sono narrate in questo testo attingono certamente alla verità di molte vite e l’autore ha un grande merito a far risuonare più che può la voce di chi dopo aver passato inferni inimmaginabili  si ritrova a difendere la propria identità di uomo o donna in un occidente indifferente se non ostile.
Forse però l’ansia di dire tutto (per un ben comprensibile senso di giustizia nei confronti di chi ha affrontato quelle terribili prove)  ha prodotto una sovrabbondanza di rivoli narrativi che rendono la lettura un poco faticosa.

Claudia Delfino

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Un libro che può piacere o non piacere, sicuramente non un libro facile. La scrittura non è mimetica, tutti i personaggi parlano usando lo stesso linguaggio ricercato, a tratti poetico, a volte duro. Solo la semplificazione della struttura aiuta a comprendere chi stia raccontando. I capitoli sono accompagnati dai titoli e alcuni corrispondono al nome del personaggio che racconta la propria storia. Consiglio la lettura di questo libro; è vero che a tratti è doloroso e disturbante, ma non si possono leggere solo storie rassicuranti, a volte è utile e necessario immergersi nelle storie di dolore, immedesimarsi ed entrare in empatia con personaggi che apparentemente pensiamo lontani da noi, capire cosa compartano le azioni umane anche a distanza di spazio e tempo e capire che siamo tutti uguali.  Cinque storie di emigrazione da diversi paesi dell’Africa e dalla Siria, ciascuna per ragioni e con esiti diversi, tutte dolorose ma capaci di mettere in luce quello che non si vuol vedere, l’inferno che moltissime persone ogni giorno attraversano per arrivare sulla sponda della salvezza. 
 “Dobbiamo, e ancora ripeto dobbiamo, costruire generazioni che onorino la vita, che la coltivino con la cura che si riserva ai fiori, che considerino sacrilegio violarla. Generazioni che, guardandosi negli occhi, vedano solo fratelli. Generazioni per le quali il colore della pelle non sia altro che un abito per renderci diversi, colorati e tutti ugualmente belli. Generazioni mescolate, come ingredienti di un piatto squisito. Generazioni per le quali i confini siano solo nomi, parole, per facilitare la conoscenza del mondo fra i banchi di scuola”. 

Maria Rolli

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Trama banale, buonista, con una struttura carente che migliora vagamente solo sul finale. I racconti dei personaggi sono semplici monologhi che si ripetono, nella parte finale tutti uguali, sino ad annoiare profondamente. Eccessivamente dolciastro, studiato per commuovere con faciloneria.

Rossella Miccichè

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Una istantanea impietosa delle motivazioni (guerra, epidemie, dittature...) che spingono donne e uomini disperati ad abbandonare la propria terra, casa, affetti per affrontare deserto, mare e la cattiveria di altri uomini in cerca di una vita migliore per se e per i propri cari. Ma il libro affronta non solo la fuga, ma anche il “dopo”: chi resta, chi va oltre, chi torna e le motivazioni di tali scelte.
L’intercalare di storie e protagonisti durante le varie tappe del percorso rende la narrazione movimentata e coinvolgente.

Barbara Zamagni

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“La sponda oltre l’inferno” è un romanzo intriso di ingiustizia, di morte, di dolore devastante. Una narrazione che mette a nudo il livello più impensabile della malvagità umana, il perverso godimento nella sofferenza altrui, la soddisfazione di uomini che torturano propri simili per affermare la loro presunta superiorità. Eppure “la sponda oltre l’inferno” è soprattutto la storia di chi ha visto il dolore innocente, di chi ha sofferto fame e sete, di chi ha visto morire le persone più care al mondo senza soccombere, di chi ha trovato il coraggio di agire per cambiare, per ricominciare. È anche una storia di vita e di speranza. Quattro uomini ed una donna, provenienti da diverse zone dell’Africa, si trovano sotto il cielo e le stelle di Lampedusa.  Sono sopravvissuti alla morte nel naufragio, al largo delle coste libiche, del barcone al quale avevano affidato ogni residua speranza di sopravvivenza. Sono quasi indenni fisicamente, eppure sono anime devastate da ciò che hanno visto, vissuto e subito. Si raccontano le loro storie, se ne liberano. Si aprono l’un l’altro in un percorso quasi catartico che consente a ciascuno di spingersi ad immaginare la possibilità di costruire un futuro diverso, una rinascita. Ho avuto difficoltà a proseguire con la lettura proprio nelle parti in cui i personaggi raccontano le loro storie: troppo simile ad un libro di storia, troppo ridondante la descrizione di stupri, torture, violenze di inaudita ferocia che generano disgusto e rabbia. Ritengo un po’ ingenua la scelta di affidare gran parte del romanzo ad un dialogo che diventa un fiume di informazioni un po’ difficili da metabolizzare, che intralciano il processo di creazione di empatia con i personaggi. Anche il linguaggio usato per il loro racconto a volte è contrastante con la semplicità d’animo ed il livello culturale dei personaggi. Ho invece apprezzato molto la scrittura immersiva dell’ultima parte della narrazione, quella che mi ha permesso di essere proprio accanto a Muhammad, finalmente di vedere con i suoi occhi, di sentire le sue emozioni più che in ogni altra parte del romanzo, di sentirle emotivamente e non soltanto di sentirle raccontare.

Daniela Delfino