* * *
Buon giallo e con il plus di essere, sostanzialmente, il prequel (molto "pre") dei romanzi con protagonista Aurora, la figlia del procuratore Scalviati, qui presente ma ancora molto piccola...
Paolo Piemontese
* * *
Dal mio punto di vista, questo libro è senza infamia, ma soprattutto e assolutamente senza lode. Sono stata una lettrice di gialli, ma leggendo la faticosa trama e le tantissime pagine de La stagione dei ragni, mi sono profondamente annoiata. Sicuramente è colpa mia.
P. S. Non si può chiamare un ispettore Lo Iacono, senza far immaginare al lettore la faccia con gli occhi da cinese del Bastardo di Pizzofalcone, sarebbe come chiamare un ispettore Poirot e non immaginarlo con la testa ad uovo e i baffi impomatati.
Ida Mazzarella
* * *
Molto avvincente la trama
Loretta Ghidelli
* * *
Amarcord. I favolosi anni ’80. Barbara Baraldi stila un elenco, se non esaustivo, sicuramente massivo di quanto successe in quel periodo. Ci dice la marca della felpa del ragazzino che fotografa i ragni. Che nella sua cameretta ci sono i poster degli Scorpions e la locandina di Ritorno al futuro. Che sulle banchine ferroviarie al sud gli emigranti hanno le valigie di cartone. Che le macchine fotografiche sono reflex. Si usano fax e le macchine da scrivere con la videoscrittura e via dicendo. Ma soprattutto si riaggancia a diversi fatti di cronaca italiana, informandoci su chi è il presidente della Repubblica e fa entrare di prepotenza la stonatura del FBI con le nuove tecniche investigative e il nuovo concetto di serial killer. Non manca quasi nulla nelle 550 pagine.
Torino. Raccontata da chi ama la città, ma da esterno. Ecco un’altra lunga lista di luoghi e situazioni ben descritte. Con un distacco fotografico, buona mira e senso dell’immagine, ma poco coinvolgimento emotivo. Bicerìn e Tajarìn. La racconta come città di immigrati che hanno giornate scandite dalle sirene dei turni alla catena di montaggio. Dove “non si affitta ai meridionali”. Ma c’è da capirli i torinesi, ne sono stati travolti. Tanta nebbia e niente cielo. Misteriosa ed esoterica.
Tanti personaggi, molto ben delineati e descritti, nella loro quotidianità. Ma sempre senz’anima. Barbara Baraldi “dice” a noi lettori cosa provano e sentono. Non riusciamo mai capirlo da soli. Ci viene sempre anticipato.
E poi i ragni del titolo. Bel prologo, accattivante. Peccato sia fine a se stesso. A meno ovviamente di voler cercare metafore nei ragni come tessitori di tele intricate.
Assenti ingiustificati: i picchi glicemici, la suspence, colpi di scena. Te lo dice il narratore cosa accadrà primo ancora che avvenga. Poi te lo racconta. E c’è un buco narrativo. Il bambino che senza scarpe, attraversa un bosco e arriva in una casa dove verrà soccorso. Ma le calzine bianche sono pulite. Bisogna capire come è possibile. Non lo sapremo mai.
E’ un minestrone tutto sommato riuscito. Magari un po’ insipido ma cotto a puntino. Di ogni verdura puoi distinguere l’odore e il gusto. Un insieme magari un po’ slegato, poco coeso. Ma con un buon sapore. E il contenitore è davvero bello.
Da mangiare in famiglia, al tavolo di cucina.
Carla Negretti
* * *
Bello anche questo ma non mi ha convinto
Giulia De Filippis
* * *
Mi è piaciuto anche il secondo un libro, sia la trama che l’ambientazione fine anni ottanta
Veronica Licitra
* * *
“La stagione dei ragni” di Barbara Baraldi è un giallo avvincente, ambientato nella Torino di fine anni Ottanta, segue le tracce di un serial killer nel momento in cui in Italia questa definizione sta ancora soltanto nascendo. I dialoghi sono serrati e frequenti, gli indizi si susseguono uno dopo l’altro e un alone esoterico circonda i crimini che il magistrato Francesco Scalviati sta cercando di risolvere; partecipe delle vicende è anche la giornalista investigativa Leda de Almeida che cerca di intraprendere una pericolosa indagine autonoma. Un romanzo appassionante e inquietante, con un dettagliato sfondo storico.
Eleonora Simula