< La stanza numero 30. Cronache di una vita di  Ilda Boccassini (Feltrinelli)

Qui di seguito le recensioni di LaStanzaNumero30 raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

* * *

 

La storia di questa grande professionista e donna mi ha veramente colpito positivamente. Nutrivo e nutro grande stima per la Dott.ssa Boccassini ed ho apprezzato il suo aprirsi finalmente dopo una vita così piena ed intensa. Questo libro a parer mio è un grande omaggio al giudice Falcone, dove ne parla sempre come un enorme rispetto e una grande ammirazione. Si è tolta innumerevoli sassolini facendo nomi e cognomi delle persone con cui ha interagito e lo ha fatto sempre con estrema sincerità. Ha avuto una vita intensa certo ma, fatta di estreme rinunce e solitudine e rischio della vita ed ha pagato credo un prezzo troppo alto per la sua estrema onestà e trasparenza.Ottimo il modo in cui parla del suo inserimento lavorativo in anni in cui davvero una donna sola con un figlio viveva enormi pregiudizi per cui tanto di cappello al suo carattere ed alla sua tempra. Ovviamente nel corso della lettura ho appreso della sua collaborazione e del suo giudizio sul magistrato Pignatone. Ho trovato questo libro limpido, sincero senza morbosità di alcun tipo e assolutamente non retorico, diretto così come colei che lo ha scritto, giudizio ottimo.

Marianna Brioccia

* * *

 

Perché definirlo un "saggio"? certo, il mondo rappresentato in queste pagine potremmo immaginarlo anche esclusivo, specialistico, tale da essere letto, finalmente, con l’aiuto dello sguardo di un addetto (un’addetta!) ai lavori... ma non è così. Ho apprezzato non solo la qualità della narrazione, diretta, semplice se vogliamo ma mai banale; ma soprattutto il contenuto: lungi dalla pretesa di rappresentare un affresco storico ma anche dall’autoreferenzialità di un’autobiografia, queste pagine le ho lette tutte d’un fiato perché sono la cornice esatta, la colonna - verrebbe da dire sonora, ma il senso è: narrativa - della vita di un Paese e di una generazione; sicuramente per quelli come me, voglio dire, che hanno più o meno gli stessi anni di Ilda e una passione sociale magari diversa dalla sua ma altrettanto determinante.
Una storia di vita che attraversa, mostrandocelo, lo stesso tempo e lo stesso Paese della nostra vita.

Carlo Alfieri

* * *

 

Interessante la vita di una magistrata

Maria Fauciglietti

* * *

 

"La stanza numero 30"
Attraverso un racconto che ripercorre la sua vicenda personale e professionale, Ilda Boccassini fa rivivere vicende che hanno accompagnato in Italia la cronaca giudiziaria, ma non solo giudiziaria, degli ultimi decenni. Il libro ha anche il pregio, grazie anche ad una prosa molto efficace, di rendere fruibile, a chi in questi decenni non c’era, la narrazione di fatti che hanno rappresentato passaggi importanti nella vita del nostro Paese.

Giancarlo Coccia

* * *

 

Pur apprezzando il lavoro e la figura di Ilda Boccassini, devo ammettere di aver faticato parecchio nella lettura. Una vita così piena meritava di più: ahimè, la narrazione risulta però piatta e monocorde.

Grazia Teresella Berva

* * *

 

La stanza numero 30 mi ha permesso di dare tridimensionalità alla sua autrice, che conoscevo come una delle protagoniste delle cronache giudiziarie della fine degli anni Novanta.

Alessandra Antonello

* * *

 

Lettura molto piacevole e scorrevole

* * *

 

Lettura scorrevole di eventi della nostra storia contemporanea da me incontrati durante la vita come episodi di cronaca con questa lettura ho aumentato la loro conoscenza, Anche se la signora Bocassini non riesce ad entrare in empatia con me come lettrice, ma lei lo sa perfettamente.
Anche nel racconto delle sue esperienze private per me rimane sempre dentro un suo mondo che non è molto felice di condividere

GIULIANA MORI

* * *

 

‘Poco prima di andare in pensione ho cominciato a fare pulizia nell’ufficio in cui ho lavorato per decenni, a riguardare vecchie carte per decidere cosa conservare. Operazione non facile, perché è come maneggiare brandelli di vita, ritagli di gioia e di dolore, di speranza e di frustrazione’.
Le prime righe di ‘La Stanza numero 30’ ed è subito chiaro l’intento dell’autrice: ‘non buttare i ricordi’, lasciare che affiorino in maniera autentica secondo il dettato proprio dell’anima.
‘Noi ci raccontiamo storie per vivere’, è, invece, l’incipit di ‘The White Album’ di Joan Didion. Dovremmo tutti rileggere la madrina del New Journalism per imparare quel modo di raccontarci/raccontare storie. Perché, nonostante oggi moltissimi si cimentino nella scrittura di sé, spesso si dimentica che non si tratta di una mera pratica ombelicale. La verità di uno scrittore riguarda sì un’esperienza personale ma, nell’atto dello scrivere, diventa collettiva consentendo a chiunque di potersene appropriare. Ci si guarda allo specchio con l’intenzione di includere l’Altro nell’immagine riflessa. In questa ‘riflessione’ è fondamentale mantenere una distanza: lo sguardo esterno che guarda all’interno. ‘Style is character‘ dichiarava la Didion; un’oggettività che passa dalla ricercatezza stilistica pur di non cadere nella trappola dell’emotività. Una distanza che è altresì temporale, come nell’opera della Ernaux, laddove la memoria è responsabile di plasmare la realtà, levigarla eliminando il superfluo e ricrearla come si pensa sia giusto mostrarla.
Ebbene maneggiare i propri brandelli di vita non è cosa facile. E nonostante la Boccassini ne sia consapevole cede alla tentazione. Il risultato sembra, ahimè, l’esplosione di un ego tracotante. Si ha l’impressione che tutta la narrazione sia un tentativo di redimere una vita ostracizzata. Prevale il desiderio di accettazione, di rivalsa del personaggio ‘Ilda la Rossa’ più che della donna reale. A ciascuno spetta decidere cosa farne della propria vita, ma quando si decide di condividerla, questa vita resa manifesta è inevitabilmente esposta.
È davvero un peccato, un’occasione mancata, perché i temi trattati meriterebbero un’attenzione diversa. Aver incluso alcuni aspetti intimi, privati, che dovrebbero rimanere tali, e l’enumerazione meccanica di tutte le nefandezze del sistema politico e giudiziario, destabilizzano e assuefanno anche il lettore più interessato finendo per indebolire l’intento principale di denuncia.

Riccardo Lanferdini