< La vita che ci state rubando di  Angela Camuso (Castelvecchi)

Qui di seguito le recensioni di LaVitaCheCiStateRubando raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Non mi è piaciuto particolarmente. Si tratta di una riflessione cruda sul Lockdown italiano del primo anno, che abitando all’estero ho vissuto, in parte in maniera diversa. Ho trovato i dati interessanti, già disponibili sui siti ufficiali, e la loro analisi. Tuttavia questi dati sono stati utilizzati dalla giornalista per puntare il dito sulle decisioni sbagliate, per sottolineare ripetutamente e in maniera aggressiva, l’inutilità delle misure in Italia e le colpe unilaterali dei politici.
Preferisco non discutere ulteriormente su questo libro.

Mara Boifava

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Giornalista d’inchiesta per la carta stampata e la TV, Angela Camuso affronta un argomento scottante: la mala gestione della pandemia da parte del Governo italiano e la connivenza di televisione e giornali nella diffusione di informazioni a volte parziali, altre volte gonfiate, altre ancora manipolate. Nel corso dell’inchiesta, la Camuso collega le inadempienze del sistema sanitario con un elevato numero di morti, che si sarebbero potuti evitare con un’assistenza e una gestione della crisi di tipo differente.
Il pamphlet è arricchito da un’appendice dedicata alle testimonianze di chi ha vissuto tragicamente l’esperienza del Covid e da una serie di documenti come rapporti Istat, dati ISS, utili per approfondire quanto sostenuto dall’autrice.
Idea e contenuti di sicuro interesse, peccato per uno stile di scrittura che non sembra essere all’altezza della situazione: sommario, poco attento, non rientra né nel genere giornalistico, né in quello diaristico.

Igor Tosi

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Poiché si parla di vita e di tempo perduto, ho deciso che dopo poche pagine dall’inizio, non avrei più continuato a leggere. Quello sì che sarebbe stato tempo perduto. È da ipocriti criticare a cose fatte, quando la situazione si sta distendendo. Le vite realmente rubate sono state quelle di tutt* coloro che hanno perso la vita cercando di salvarne altre. Chi ha vissuto questi anni pensando di vivere sotto una dittatura, dimostra che si sta perdendo la dimensione collettiva sulla quale si fondano le società. Il rischio è quello di approdare ad una deriva egocentrica dove non è contemplato rinunciare temporaneamente a sé stessi per il bene di tutt*. Pensano che basti consultare internet per capire che l’unica verità è la loro; dunque, quando c’è qualcosa che non comprendono o che non soddisfa le loro convinzioni nei campi più disparati dello scibile, urlare al complotto, alla manipolazione, alla censura, è sempre il modo più facile per non assumersi le proprie responsabilità in quanto parte di una società.
Tutt* ci accorgiamo degli scandali e delle scelte sbagliate, della poca lungimiranza dello Stato Italiano ma, in politica, così come nella vita quotidiana, è sempre più comodo e immediato gettare fuoco su ciò che già arde per risolvere il problema piuttosto che rimboccarsi le maniche e aiutare, insieme, con fatica per cercare di salvare il salvabile. Chi sbraita pensando di essere finit* in una realtà distopica di orwelliana memoria, dovrebbe studiare la storia e forse riuscirebbe a capire meglio il presente e si renderebbe conto che le manipolazioni, le censure e le dittature sono ben altra cosa.

Elena Bonini

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Un libro difficilmente difendibile. L’idea di speculare dei riflessi delle restrizioni pandemiche in termini di costituzione, diritti, stato sociale e sulle similitudini con dittatura e propaganda può essere intellettualmente interessante, tra l’altro già affrontata da alcuni filosofi, ma qui sconfina troppo nel negazionismo, affermando e negando contemporaneamente il valore dei dati (che pubblica in appendice) e quello poi del popolo (che ha sempre ragione in un paese democratico ma poi sorprendentemente, per l’autrice, accetta passivamente le regole di emergenza sanitaria). Innumerevoli poi gli argomenti, triti e ritriti, che dimostrano il contrario di quel che questo strano saggio, pure edito da una casa editrice rinomata, propina.

Luigi Apa