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Uno dei punti di forza di questo romanzo è sicuramente l’accurata ricostruzione della cornice storica in cui si sviluppa l’arco narrativo, curata sia per quanto riguarda i grandi avvenimenti della storia culturale europea di fine XIX secolo sia negli aspetti più intimi della caratterizzazione individuale.
Un elemento sia di forza sia di debolezza è la scelta dei personaggi che ruotano intorno ai due fratelli Gaetano e Tunino, protagonisti della vicenda: ogni personaggio proviene da uno strato sociale diverso con le logiche conseguenze che ciò implica dal punto di vista esistenziale, e pertanto contaminerà in modo singolare le vite degli altri, creando un quadro complesso e sfaccettato in cui si mischiano ambizioni personali, vite in bilico tra vecchio e nuovo, sogni e vincoli materiali, scoperte individuali e scoperte collettive.
In quanto tali, però, i personaggi stessi soffrono di una certa tendenza alla stereotipizzazione dei comportamenti e delle loro caratteristiche: sono sì diversi tra loro, ma anche poco multiformi al loro interno (in altri termini, da ognuno di loro il lettore si aspetta che poi agisca come agisce, non ci sono molte soprese, nemmeno nel coup de theatre finale che unisce utopie personali e politiche nella metafora del volo). Altro punto debole è a mio avviso lo stile narrativo, forse un po’ troppo piatto.
Francesca Giannelli
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Il desiderio è il filo che tiene insieme i diversi temi di questo romanzo e ne annoda la trama. Desiderio erotico del ballerino Gaetano che scopre l’amore, desiderio di conoscenza e fama dell’inventore francese Etienne, desiderio di giustizia dell’anarchico Philippe e desiderio di avventura di Tonino che sogna di volare. I personaggi si muovono sullo sfondo di una Napoli di fine ‘800, popolare e aristocratica, con una sortita nella magnifica Parigi dell’esposizione universale. La lingua, arricchita da espressioni napoletane e francesi, è fluida e precisa, ma la narrazione non sempre riesce a volare.
Lalla Guarnieri
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Nicoletta De Angelis
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I difetti di questo libro compensano quasi perfettamente, ma non completamente, i suoi pregi.
L’uso
disinvolto e forse un po’ troppo compiaciuto del napoletano mi hanno
lasciato a volte spaesato, tanto da desiderare che una nota o
un’appendice con qualche traduzione potessero venirmi in soccorso.
Al
di là del linguaggio, ho trovato anche una certa leggerezza nella
descrizione dei conflitti e dei travagli interiori del personaggi, quasi
come se l’autrice non volesse davvero affrontare fino in fondo la
sofferenza dei protagonisti a cui è affezionata. È un peccato, perché
l’intreccio si sarebbe prestato a un trattamento più intenso.
La ricerca storica è attenta e presentata in modo naturale e raramente sbanda nel didattico.
I
personaggi e l’incastro tra quelli realmente esistiti e quelli
immaginari sono l’idea migliore del romanzo, con scelte non banali che
danno modo all’autrice di trattare argomenti delicati come la
liberazione sessuale in una società apertamente bigotta come quella
dell’Italia di fine Ottocento.
È soprattutto per questo che lo
considero tra i due il libro con più potenziale, forse non espresso fino
in fondo, ma animato una visione del mondo positiva e attenta alle
persone.
Nicola Scodellaro
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Romanzo denso di vivida umanità come ben si adatta all’ambientazione della Napoli di fine ’800 e nel quale traspare una grandissima aspirazione al cambiamento, ad un mondo nuovo, ad idee nuove e coinvolgenti.Alla ricerca di quelle scoperte che che produrranno cambiamenti importanti soprattutto nel secolo appena successivo. Uno strappo sulla via del progresso. Tutto questo è ben evidente nello scritto che lo rende tutto sommato piacevole anche se a volte appare la lettura quasi scontata e ripetitiva. Nulla di particolarmente nuovo ed apprezzabile, ma scritto bene pur senza spunti particolari. Buono.
Leandro Gallina