< Le mille lingue di Roma di  Luca Serianni (Castelvecchi)

Qui di seguito le recensioni di LeMilleLingueDiRoma raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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È un testo interessante, tuttavia è un opuscolo più che un libro. Si parte dall’etrusco, si parla del latino, ma tutto viene poi abbandonato, senza andare in profondità. È un peccato, perché un testo di linguistica incentrato su Roma e i suoi linguaggi lo avrei trovato davvero piacevole. Peccato

Bruna Mengoni

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Questo di Serianni è un saggetto molto interessante, colto e conciso al punto giusto. Il linguista passa in rassegna, con un’eccellente "vis" divulgatrice, le fasi della “costruzione” in diacronia della lingua di Roma, ovvero il romanesco. Importante precisazione, questa, dato che al lettore leggermente più colto, potrebbe sembrare che il volumetto tratti, in un certo senso, dell’evoluzione delle lingue romanze, cioè di quelle – come lo stesso italiano, il francese, etc. – che traggono la propria origine dal latino, la “prima” lingua di Roma, come dice lo stesso Serianni. La trattazione del professore, parte da una serie di celeberrime – almeno, per coloro che hanno avuto la fortuna di compiere studi umanistici - fonti romanze nonché esempi dei primi “vagiti” di un italiano ancora in fasce: da uno dei “raddoppiamenti fonosintattici” più famosi della storia della lingua italiana (il graffito della Catacomba di Commodilla), fino – spero mi si passi lo spirito – al prototipo di fumetto con tanto di “nuvolette” (l’iscrizione di San Clemente), e tanto altro. Il breve saggio si chiude, infine, dopo una breve carrellata di dati sui cognomi romani (e non), con tre domande alle quali l’autore allega gentile risposta. E proprio da una risposta che Serianni dà alla prima di queste, concludo, da buon "calabro vir", con un po’ di “peperoncino”: se è vero che «la lingua la facciamo tutti noi come parlanti» (come si legge a pag. 37), allora come si spiegano le posizioni un tantino pseudo-conservatrici dello stesso Serianni alle recenti “polemiche” per un uso più inclusivo della lingua? Simpaticherie a parte: saggio ben scritto e adatto, a mio avviso, alla grande maggioranza dei lettori e delle lettrici.

Francesco Pio Ceravolo

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Argomento storico politico racccontato in modo pedissequo
Non l’ho trovato appassionato anche se comunque interessante non conoscendo nel dettaglio l’argomento

Sonia rivolta

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Se avete mai avuto a che fare (anche solo in modo breve, saltuario e marginale) con la linguistica, saprete quanto Serianni sia una vera e propria istituzione in questo campo.
Ecco che ne "Le mille lingue di Roma" il linguista sfoggia tutta la sua "istituzionalità" analizzando il romanesco in tutto il suo splendore.
Ne dipana la storia passando attraverso epoche storiche diverse, processi di evoluzione che vanno dal semplice passaggio del tempo a tutti quei meccanismi psicologici inconsapevoli che attuiamo ogni giorno nel parlare una lingua. Magia? No, linguistica (anche se sospetto che Serianni un po’ magico lo sia).

Nadia Caruso

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Dai primi insediamenti etruschi fino alle lingue contemporanee, Luca Serianni, con un linguaggio per nulla pletorico e autocelebrativo, compie un viaggio affascinate tra le molteplici vite dei dialetti. Ne esce una Roma tutta da calpestare, un sampietrino letterario tra ciò che siamo stati e quello che diventeremo.

Francesco Rosati

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Inizialmente la curiosità mi ha portata a buttarmici a capofitto...salvo poi rimanere un po’ annoiata dall’argomento (sarà perché, nonostante mi affascini, non mastico il romanesco??). Essendo un libro breve nel complesso direi che ho forzato un po’ la mia curiosità per arrivare alla fine.

Natascia Del Moro

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Pur nella sua estrema sintesi, questo libretto offre spunti interessanti; purtroppo, però, proprio a causa della sua essenzialità, appare più come il divertissement di un filologo che un vero saggio

Alessandra Cavalieri

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Il libro tratta nello specifico l’evoluzione e le influenze subite dal romanesco a partire dall’epoca dell’impero romano sino ad oggi.
Sicuramente sono presenti aneddoti curiosi e interessanti come ad esempio l’influenza esercitata dalle produzioni cinematografiche di Cinecittà, che ha agevolato l’introduzione di parole dialettali nel gergo comune italiano, ancora oggi in auge.
Al di fuori di ciò personalmente avrei trovato più interessante ad esempio l’evoluzione del parlato toscano da cui discende l’italiano, ovvero il padre di una lingua condivisa da tutte le regioni italiane. In questo caso è una storia che non suscita il mio interesse in quanto non mi sento vicina a questo dialetto.

Silvia Moreschi