< Lettera a chi non c’era. Parole dalle terre mosse di  Franco Arminio (Bompiani)

Qui di seguito le recensioni di LetteraAChiNonCEra raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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“Quello che ci è accaduto nel passato e anche quello che sta accadendo durante la pandemia dovrebbero essere oggetto di una meditazione corale, lunga e approfondita. Per la nuova generazione servono risorse e serve buona memoria, serve capire che molto del male che fiorisce e rifiorisce in continuazione nella nostra nazione non è frutto del caso o di una congiura. Quello che è accaduto non riguarda solo chi è morto o i suoi familiari, riguarda noi e i nostri figli, riguarda soprattutto chi non c’era.” Queste sono le parole di Franco Arminio nella nota d’avvio del suo libro Lettera a chi non c’era. Con un’estrema dolcezza l’autore osserva quelle che definisce le terre mosse, devastate dai terremoti, dove la vita si è fermata e ciò ne che rimane oltre le macerie, perché le tragedie, dice lo stesso Arminio, ci pongono davanti ad una scelta: abbandonarsi al rancore verso la vita, alla sofferenza, al vuoto che hanno lasciato in noi i nostri cari perduti oppure andare avanti, ricostruire e tramandare. Arminio sceglie con cura le parole per raccontare con affetto ogni ricordo, ogni storia, tanto che sembra quasi di osservare fotografie di quegli uomini che sono stati poi abbandonati e allora la penna diventa più dura e strumento per un’analisi lucida di quanto spreco di risorse, di quanta speculazione.
Non è un semplice libro ma un pellegrinaggio attraverso le grandi sventure, dai disastri ferroviari alle alluvioni fino alle piaghe politico-sociali e il periodo storico che stiamo vivendo necessita di questo libro. La pandemia (le mie sono parole di una ragazza di vent’anni) ci ha devastati proprio come quei paesi, ha generato in noi turbamenti profondi, ansia e terrore. E adesso dopo la pandemia è arrivata la guerra dimostrando che, purtroppo, il potere riesce a prendere sempre i suoi spazi, soffocando le speranze di molti di noi. Tuttavia di nuovo intervengono come un abbraccio materno le parole di Franco Arminio “Ma la rovina più grande è la sfiducia nel futuro”. Non dobbiamo quindi smettere di credere che l’umanità ha la possibilità di scegliere ogni giorno di non ripetere certi orrori e ha la possibilità di abbandonare completamente quella capacità di crearli.
La memoria è importante e ricordare è un dovere.

Beatrice

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Lettera a chi non c’era è una lunga poesia amara, talvolta intervallata da poesie più brevi, ma di uguale, sinistra, dolcezza. Chi non c’era non può aver ricordo di tragedie che nella loro banale semplicità e incontrollabilità hanno spezzato le vite di uomini, donne e bambini comuni, ma straordinarie. C’è ansia di riconoscimento e di rispetto nelle parole di Franco Arminio, che si mostra sempre più capace di saper dipingere il mondo contemporaneo con uno sguardo affilato e personale.

Mariaelena De Stefano

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Asciutto ma molto commovente, umano, empatico, formativo. Attento a tutte le minute cose che più di tutto, più dei grandi numeri e dei grandi nomi, ci danno quel senso concreto, violento, personale della tragedia. Lo sguardo dell’autore mi ha ricordato come mi sono sentita davanti alle medagliette, alle lamette o ai calzini dei soldati americani ritrovati sulle spiagge della Normandia.

MARETTA MALFERRARI

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Commovente come alcune vite siano state spezzate ed altre salvate per puro caso. Un ricordo di una serie di tragedie da non dimenticare mai, e allo stesso tempo una riflessione su cosa ci aspetta nel caso la storia si dovesse ripetere.

Andrea D’Amico

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Franco Arminio racconta con poesia la cronaca dolente di episodi che rimangono il più della volte meri dati di cronaca e di cui, dopo una prima emozione, ci si dimentica. Ce li restituisce carichi dell’umanità di chi ha vissuto luoghi e tempi per ricordare che ciò che è accaduto riguarda soprattutto chi non c’era. Un monito per noi e per chi verrà.

Federica Brunelli

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Un viaggio attraverso la storia dei terremoti e dei terremotati, dei pessimi tentativi della ricostruzione costellata da pochi acuti e tanti fallimenti ma il viaggio più profondo è quello che l’autore fa nella vita di tutti noi che "pensiamo di aver già fatto i conti con qualcosa e invece i conti veri non sappiamo come e quando li faremo. Spesso le tragedie sono l’unica possibilità che abbiamo per cambiare il nostro destino, per non rassegnarci a vivere la realtà come una forma di intrattenimento."

Alessia Scalzo

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La pandemia da Covid-19 è l’occasione per riflettere su come l’opera scellerata dell’uomo sulla natura possa causare disastri apparentemente naturali o casuali. Così, l’autore torna con la memoria al terremoto dell’Irpinia che ha distrutto il suo paese riducendolo in macerie e ucciso parenti e amici. Il terremoto, un fenomeno naturale, sì, che a causa della negligenza e dell’uomo può trasformarsi in un disastro di cui ancora se ne pagano le conseguenze. L’autore decide, così, di scrivere una lettera, raccogliendo varie testimonianze e documentando varie tragedie, a chi non c’era quando era necessario prendere decisioni che avrebbero potuto evitare tali conseguenze disastrose.
Un libro che mi è piaciuto molto nella parte iniziale, ma che poi si è perso. Lo avrei apprezzato di più se fosse rimasto sul tema dei terremoti in Italia e non avesse elencato le varie catastrofi naturali (vedi il disastro del Vajont) e non naturali (atti di terrorismo) accadute nel nostro Paese negli ultimi anni.

Piera Vivolo

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Minuziosamente particolare, si intende una penna diversa, un’estetica poetica, si notano sentimenti
usciti dagli occhi, racconti di posti abbandonati al loro destino, di uomini che attendono con speranza.
Sono molto legata a questo tipo di osservazione, all’ascolto di posti che ti vogliono parlare, alla percezione di quel fil rouge che collega l’animo interiore con il luogo su cui si appoggia il proprio esistere.

Marika Campanella

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Circolo dei lettori del torneo letterario di Robinson
di Formia “"I lettori della libreria Tuttilibri"”
coordinato da Enza Campino ed Eleonora Ortolani
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Consigliatomi da più voci, e finalmente letto grazie al torneo, questo romanzo mi è piaciuto moltissimo. Scritto in modo magistrale, il racconto della vita di Anna Maria Ciccone, prima e unica studentessa, poi insegnante, della Normale di Pisa, ci catapulta in una realtà temporale non ancora lontanissima della nostra (un secolo fa), in cui alle donne veniva ancora preclusa l’istruzione e la propria indipendenza. Donna brillante e coraggiosa che si oppose al Nazismo, finalmente ha potuto rivivere e farsi conoscere grazie all’autrice Simona Lo Iacono.

Antonio Pensiero