< Macello di  Maurizio Fiorino (EO)

Qui di seguito le recensioni di Macello raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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L’argomento trattato l’ho trovato banale, nel senso che è già stato trattato da molti autori già letti dalla sottoscritta.
Il linguaggio l’ho trovato abbastanza dozzinale e gli accaduti raccontati abbastanza scontati.
La lettura è veloce e scorrevole, ovviamente mi è piaciuto meno dell’altro.

Barbara Salvati

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Sporco, vituperato, deviato, incompreso, frainteso, respinto. Biagio: un randagio con una casa, figlio abbandonato al mondo come un’erbaccia sul ciglio della strada. Bruno: un padre solo, un macellaio, disperato e livoroso che lentamente scompare, quasi traspare, e un segreto inconfessabile accompagna la narrazione come una scala Shepard dove l’inquietudine e l’angoscia si impossessano del lettore. Due mondi così apparentemente diversi e pur simili, così simili da non essere in grado di comunicare. Un’Isola di Arturo squarciata della più brutale versione di un verismo verghiano imputridito. La ricerca di tenerezza di un bambino, l’avvilita volontà di un ragazzo di liberarsi dell’onta che lo sovrasta, ma poi quale onta? Lo struggente e quasi fastidioso tentativo di un abbraccio col padre, di mostrarsi degno della sua stima, di comprenderlo a differenza delle lingue micragnose che serpeggiano nel paese; la ricerca del suo amore, della sua stessa volontà e della conquista di un posto nel mondo. Un’esistenza che scivola nella banalità, trascinata dagli eventi, maschere che cadono e si sgretolano confessandosi di fronte alla bruttezza e l’ingiustizia di un’assenza non contemplata. Un romanzo vibrante, imbrifero di segreti, inusitato e disforico che mette a nudo i sentimenti umani che tentiamo di celare, le deviazioni e i segreti, l’affetto inconfessato delle solitudini che muore tra i ricordi come sangue incrostato sul pavimento di una macelleria nell’Assommoir di Zola.

Chiara Luci

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Ho concluso il libro con un certo amaro in bocca: mi sarebbe piaciuto continuasse per altre pagine perchè avrei davvero voluto scoprire come se la sarebbe cavata il protagonista. Infatti, ho sperato fino alla fine che potesse giungere un altro personaggio che gli donasse finalmente un po’ di pace e serenità.
I personaggi incarnano una realtà a me lontana, ma nonostante questo sono risultati assolutamente veri e credibili.
L’inquietudine, il senso di inadeguatezza e lo smarrimento che matura il protagonista via via si fanno sempre più forti, percepibili in prima persona, rendendolo un racconto davvero molto crudo e toccante.

Laura Rasotto

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NARRAZIONE DURA SU ARGOMENTI DI NON FACILE DIGERIBILITA’. VITE MACELLATE UNA SULL’ALTRA IN UNA DIMENSIONE BARBARICA

Paolo Mori

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"Macello", romanzo di formazione che vede protagonista Biagio, un ragazzino che vive in un paese della profonda Calabria, con tutto ciò che significa questo. Ambientato tra gli anni 70 e 80 del Novecento, è la storia di un vinto, di un ragazzino che, rimasto orfano di madre, cresce nel rapporto distorto con un padre - macellaio del paese - che non lo ama, o forse non lo accetta. Biagio rappresenta la vita non vissuta: tutto ciò che lui compie, persino il suo appassionarsi alla boxe, è per sfuggire a una vita che non vuole, a un padre che lo vorrebbe suo successore nel macello del paese; Biagio si piega a un matrimonio di facciata, di convenienza con una ragazzina che lo ha iniziato al sesso a cui si lega per un sentimento che è forse anche di affetto, ma su cui ripiega per non accettare nemmeno con se stesso ciò che veramente lui è e vorrebbe.
Nemmeno la morte del padre lo libererà da questa gabbia che si sente costruita intorno. Anzi, forse per paradosso, ciò che doveva essere una liberazione diventa ancora di più una prigione.
Maurizio Fiorino ha uno stile lineare ma tagliente, con la sua scrittura riesce a trasmettere perfettamente l’angoscia, la tragicità, la sconfitta di Biagio, il suo essere così diverso senza riuscire a vivere davvero la sua diversità dai suoi coetanei, dal paese, dalla moglie, dai familiari. Ma riesce in tutto ciò senza gravare sul lettore con una prosa pesante e angosciante, ma a scolpire nel lettore sentimenti e sensazioni che non lasciano per niente indifferenti.
Un gran buon romanzo di formazione che vuole mettere sotto gli occhi di tutti l’accettazione dell’essere un vinto senza che questo significhi essere uno sconfitto.

Eliana Corrado

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Una bella lotta caro Robinson. Macello vs. La tigre di Noto. Mi son ridotta all’ultimo, mi sono piaciuti entrambi. Tantissimo. Alla fine ho scelto Macello, perché nella sua cupa bellezza l’ho trovato più originale e sfidante. Una storia cattiva, una frustata ogni pagina letta, o quasi. Qui il sud è prigione e ogni tentativo di fuga è pura utopia. Qui il rapporto padre figlio è l’espressione di una inesistente educazione agli affetti. Eppure Biagio, il protagonista che racconta in prima persona è sensibilissimo, e per questo condannato a non essere compreso perché incapace di esprimersi. Forse solo l’amico Alceo ne intuisce il carattere e cerca di proporgli una via d’uscita. Biagio è un diverso che rimarrà tale, inchiodato in una realtà dannata. Un vinto per sempre. Uno stile ruvido e graffiante, gesso che stride sulla lavagna, capace di dare l’odore della storia.

Silvia Giusti