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Il tema è di cocente attualità, senza dubbio. L’autrice lo affronta con piglio analitico e suffragato da dati e statistiche ma che lasciano comunque trasparire passione vera, aldilà della lent della ricercatrice. Ma mi ha appassionato indubbiamente meno di quanto non abbia fatto immergermi nel mondo della sorellanza.
Alfonso Iaccarino
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Carlotta Vagnoli è una survivor che senza freni, reticenze, censure affronta il tema della violenza di genere raccontando la sua storia che è la storia di molte donne. La sua è una disamina puntuale, profonda e mostra quanto la violenza in tutte le sue forme sia intorno a noi e quanto ci siamo abituati purtroppo ad essa. Questa è la conseguenza di una società che continua a fondarsi su una struttura essenzialmente patriarcale in cui la donna continua ancora ad essere vista come oggetto, una proprietà dell’uomo o santa o puttana o madre o lavoratrice. Gli stereotipi di genere non hanno subito alcuna variazione nonostante si parli sempre più di catcalling, stalking, stealthing fino alle violenze fisiche o al femminicidio, per molti sono solo cose che accadono perché la donna “se l’è andata a cercare”. E l’autrice vuole proprio distruggere tutte queste false giustificazioni sessiste, giustificazioni che tendono sempre a deresponsabilizzare la figura maschile, il suo intento è spingere ad una maggiore consapevolezza di quali siano le forme di violenza che ogni donna può subire nel corso della sua vita e fare prevenzione partendo dall’uso della parola. Fintanto che i media, i giornali, l’opinione pubblica continueranno a raccontare delle violenze sulle donne come conseguenze di un raptus, di un delitto passionale a poco varranno le leggi e le tutele per salvare le donne dai loro abuser. L’autrice infine conclude con un ammonimento: l’abuser non è solo il mostro incappucciato in un vicolo buio, certi eventi non accadono solo agli outcast, come la società vuol farci credere, il Mostro è intorno a noi ha modi gentili, un lavoro stabile, un bell’aspetto ed è proprio da questa forma di amore tossico, malato che ogni donna deve avere il coraggio di parlare e di ribellarsi anche quando nessuno le crederà.
Matilde Lori
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Maledetta sfortuna. Carlotta Vagnoli
Scorrevole, a tratti divertente, ma in sostanza angosciante. Parrebbe di essere ancora inchiodati ai tempi de "I sultani" di Gabriella Parca o "Dalla parte delle bambine" della Gianini Belotti. Ho apprezzato il fatto che un argomento così attuale (violenza di genere partendo dalla noncurante frase sessista fino al femminicidio) venga trattato con tanta chiarezza e-quando si può-ironia e ben suffragato da numeri, indagini, sentenze, articoli. La scrittrice "ricorda con rabbia" ma anche con lucidità e cognizione di causa, coinvolgendo il lettore in questo percorso all’inferno (domestico e non) e mostrandogli le-ancora troppo poche-stelle accese.
Benedetta Dalai
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Saggistica ?!?! Un manualetto utile a chi (chi??) non sappia niente sulla violenza di genere, che non abbia letto o ascoltato niente sull’argomento. Vagnoli stila una sfilza di ovvietà presentandola però come preziosa testimonianza diretta di una "survivor", lei medesima; non aggiunge niente di niente ad un’informazione di base sul tema, ma lo fa col tono di chi stia rivelando, chiarendo o approfondendo chissà che cosa. Snervante il ricorso a espressioni inglesi sostituibilissime, a traduzioni in inglese, con tanto di glossario in appendice. Sono altresì frequenti le incertezze di lessico e di sintassi in italiano. Grafici e percentuali sono numerosi e in evidenza, ma spesso analizzati a papocchio. Numerose le citazioni, come pure le trascrizioni di definizioni di termini, una delle tecniche più collaudate per allungare temi e tesine scolastiche: anche questo libretto è UNA TESINA, da licenza media, non da maturità ! Unica cosa utile potevano risultare le sette pagine finali in cui si elencano i Centri anti-violenza ma non c’è un indirizzo o un telefono, solo l’indicazione per ogni Centro di città, provincia e regione, un ripassino di geografia.
Franca Nicolais