< Non dimenticarlo mai di  Federica Bosco (Garzanti)

Qui di seguito le recensioni di NonDimenticarloMai raccolte col torneo 'nar' (tutte le fasi)

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Questo libro mi è sembrato la brutta sceneggiatura di una brutta serie tv.
Non ricordo neanche il nome della protagonista, e sono passati solo pochi giorni da quanto ho finito di leggerlo. Un libro in cui mancano totalmente descrizioni: di stati d’animo, pensieri, vestiti, mobili, visi. Dialoghi semplici, elementari, banali che raccontano una storia che forse avrebbe meritato un po’ più di intensità. Perché una donna in carriera e appagata all’improvviso, fuori tempo massimo, decide che vuole un figlio? Quale il travaglio, le considerazioni, i pensieri? Non lo sappiamo, perché Federica Bosco non ce li racconta, rimane sempre in superficie, orizzontale, buttando nel frullatore di una scrittura basica, quasi mediocre una serie di tematiche anche importanti (le relazioni tossiche, la solitudine di chi non ha una famiglia standardizzata, la difficoltà di uscire da certe dinamiche psicologiche) che rimangono sullo sfondo.

Maria Cristina Venti

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Non Dimenticarlo Mai è un libro molto scorrevole, una lettura leggera che impiega poche ore, nonostante il tema non sia dei più allegri. La maternità e le difficoltà di molte donne, e non solo. Il giudizio inatteso di chi si riteneva amico di fronte a decisioni apparentemente folli.

Stefania Remonda

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“Non dimenticarlo mai” è un romanzo che lascia l’amore in bocca, rumoroso come i sogni che si infrangono. Più che si va avanti nella lettura e più che il dolore si condensa in un climax vorticoso, senza sosta, in certi momenti vorresti metterlo da parte tanto forte è il senso di disagio che scatena.
Il romanzo racconta la storia di Giulia una donna sveglia, intelligente, con una carriera da giornalista perfettamente avviata, che le permette di essere autonoma ed indipendente. Al suo fianco c’è Massimo il suo fidanzato sempre occupatissimo, restio al romanticismo ma con cui Giulia ha instaurato ormai da quattro anni un rapporto basato sulla libertà reciproca, sul vivere il momento, senza costrizioni e progetti a lungo termine.
Eppure, proprio la mattina del suo 49 esimo compleanno Giulia, seduta su uno sgabello con in mano una tazza di caffè, viene travolta da un attacco di panico che sarà per lei una vera e propria epifania: se la sua vita finisse adesso cosa lascerebbe dietro di sé? Quale sarebbe la sua eredità, dove sono i suoi figli?
Per Giulia questa rivelazione è spiazzante come può desiderare solo adesso un figlio, proprio lei che non ne aveva mai voluti, ma l’assenza di un figlio si fa presenza, diventa un desiderio che Giulia non può più ignorare, è una presa di coscienza che le svela la vacuità e l’inutilità della vita per come fino ad allora l’ha vissuta. Convincere Massimo non sarà facile ed affrontare il percorso di cure, speranze e delusioni senza nessuno che faccia il tifo per lei sarà distruttivo.
Ma Giulia sopporterà ogni prepotenza, ogni assenza, ogni silenzio, senza chiedere aiuto a nessuno per non dare disturbo, accontentandosi delle briciole. E sarà proprio Massimo ad infliggerle il colpo più doloroso, confondendola, manipolandola, portandola al limite della pazzia, rendendola l’ombra della donna che un tempo era stata.
L’intreccio del racconto è profondo, non è solo quindi la ricerca della maternità ma è anche la lotta di Giulia contro la sua incapacità innata di ammettere le sue necessità, i suoi desideri e i suoi bisogni. Con una scrittura fluida e potente Bosco riesce a farci entrare dentro al personaggio di Giulia tanto che a volte vorremmo scuoterla per le spalle altre volte vorremo solo abbracciarla, darle conforto. Perché Giulia è una donna come tutte noi forte ma anche fragile che deve amarsi un po’ di più e che non deve smettere mai di ricercare la felicità.

Matilde Lori

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Durante la lettura non sono riuscita ad immedesimasmi nella protagonista né ad empatizzare con lei. Nonostante questo desideravo che si liberasse delle persone tossiche che le stavano intorno, a partire da Massimo, perfetto narcisista patologico, manipolatore e un po’ psicolatico, per poi passare alla madre, malata di ludopatia e alle due amiche, molto superficiali, che al primo ostacolo la mollano senza nemmeno volere un chiarimento. Tutti i legami della storia li ho trovati un po’ carenti di profondità, anche la figura di Aurelio è tratteggiata appena, e per la protagonista è quasi uno sconosciuto, che però le darà il sostegno necessario, senza volere nulla in cambio. La figura della psicologa è forse quella che ho apprezzato maggiormente, perchè riesce finalmente a metter ela realtà di fronte agli occhi della protagonista che si ostina a non ascoltarla.
Ho fatto fatica a capire il motivo di questa ricerca spasmodica della protagonista di avere un figlio a cinquant’anni, dal momento che lei stessa si descrive come una persona abbastanza cinica, che non ha mai desiderato avere figli e che anzi li ha detestati per quasi tutta la sua vita. Ma il corso della vita è spesso imprevedibile, per cui si imbarca in questa avventura nella quale si ritrova praticamente da sola, con tutti che le remano contro e da ammirare è la sua perseveranza e la forza che tirerà fuori alla fine, adeguandosi alle circostanze e cercando di scegliere persone più adatte a lei e recidere quei rapporti dannosi che l’avevano quasi portata a fondo.

Chiara Menichetti

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L’incipit del libro mi ha fatto riflettere già da subito sul mio parere su questa storia. Come si può completamente cambiare idea sulla propria vita da un giorno all’altro? Come si può decidere di punto in bianco di fare una scelta che fino al giorno prima non era assolutamente contemplata? Forse a causa del mio carattere piuttosto deciso e organizzato mi sono sentita molto distante dalla protagonista. Io ritengo che alcune scelte necessitino di tempo, debbano essere nutrite e non basti dire "lo voglio" affinchè vengano portate a compimento. Ho trovato la storia piuttosto pesante e ripetitiva, anche se in fin dei conti (magari con un incipit diverso) tratta un argomento molto delicato - la maternità in età adulta e tutti i dolori che ne comporta - che non si trova spesso raccontato in romanzi.

Chiara Gaeta

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Sbagliata

Il romanzo di Daniela delle Foglie è molto scorrevole, oserei dire un po’ troppo scorrevole, tanto che leggendolo ci si immagina già come andrà a finire. Il linguaggio è colloquiale e la narrazione in prima persona di Emma ci porta a provare empatia nei suoi confronti, ma non così tanta da farsi coinvolgere nelle sue disavventure. Che sia la trama un po’ scontata, o i personaggi visti e rivisti, ho avuto l’impressione che al racconto di Emma mancasse quel qualcosa in più, quel coinvolgimento che fa sì che il lettore rimanga incollato alla pagina.

DEBORA POZZI