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Non ho letto abbastanza dei due libri per esprimere un parere completo ma ho preferito il primo libro anche se mi sono piaciuti entrambi
Martina Fortunato
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Il mio voto va a Pampuro.
Una volta ho partecipato ad un convegno presso l’università di Ginevra che parlava della luce del Partenone e da allora non ho fatto che pensare al momento in cui avrei goduto di quella bellezza.
Lo stesso senso di stupore e desiderio mi ha colto quando ho letto dell’arrivo dell’autore all’aeroporto in Kenya e da lì la sorpresa del viaggio per giungere a Kapsabet. Le costruzioni e le attività nei pressi della strada. Le coltivazioni di te’.
Ho preferito anche il modo dialogico del racconto.
E inoltre l’Africa, che amo. Ogni volta che ne leggo è fortissimo il desiderio di conoscerla di più.
E l’Etiopia, verso la quale sento, come italiano, di avere un grande debito.
Si coglie, nel libro, il grande interesse dell’autore per la storia. Ed anche io sono appassionato di storia e di relazioni internazionali, che insegno.
Altro che sveglia e telefonino. A risvegliare l’autore è il muezzin della moschea di Bekoji. Questa realtà sconvolge e dovrebbe farci riflettere sulla nostra stolta convinzione di essere l’ombelico del mondo.
Un libro con questi ingredienti non poteva non affascinarmi.
Cristiano Cazzoletti, Brescia
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Non è il mio genere di lettura preferita
Francesca Paterniti
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Stefano Pampuro racconta, attraverso un diario-reportage, "il bisogno di ritrovare con la corsa alcune risposte ai miei interrogativi, di spingere il mio corpo oltre il limite conosciuto". Il confine, fisico e immateriale, è un concetto chiave per comprendere la narrazione, che dà uno sguardo interessante sull’Africa, ma non sempre riesce a far corrispondere una scrittura curata alla bellezza dei territori percorsi.
Margherita Pennacchia (@librerita_)
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Cercando un nuovo approccio alla propria routine di allenamento, l’autore decide di intraprendere un viaggio in Kenia, per vivere a contatto con i grandi campioni della maratona mondiale. Un diario personale sulle emozioni e gli incontri che hanno arricchito l’esperienza, con la particolarità delle storie singole di campioni che hanno trovato nella corsa, una via di riscatto, la sola che la loro terra gli abbia concesso. Il risultato è un libro onesto e sentito, con dei bei momenti emozionanti.
Francesca Pellegrino