< Padri e figli nel cinema di  Roberto Campari (LaNaveDiTeseo)

Qui di seguito le recensioni di PadriEFigliNelCinema raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Questo libro prova a fare una analisi della figura del padre in alcuni film del grande cinema, a partire dagli anni 30 fino ad oggi, e facendo riferimento alle figure paterne della mitologia greca e di alcune opere dell’epica. Personalmente non sono un’appassionata di cinema ma l’argomento, il ruolo del padre, mi sembrava interessante, così come la sua evoluzione in un lasso di tempo così ampio.
Ritengo però che una sequela di riassunti, dettagliati e prolissi, dei vari film presi in considerazione, abbia fatto perdere di vista l’obiettivo all’autore. Non basta dire "i padri cattivi sono rappresentati in questi film, quelli buoni e protettivi in questi altri" per fare una vera analisi della personalità paterna e del suo ruolo all’interno delle storie trattate.
Ho trovato questo libro noioso e l’analisi dei personaggi-padri superficiale. Forse per chi ha una buona cultura in fatto di film, questo potrebbe essere un libro interessante, ma per quanto mi riguarda, mi ha annoiato anche la parte relativa all’unico film da me visto.

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Manca un paradigma di indagine, una research question. Faccio fatica a definirlo un saggio. Sembra essere più una collezione di riassunti sui ruoli filmici paterni.
Si interseca la psicoanalisi con la letteratura classica interpretando Film e Opere come archetipi.
Ma senza molto rigore e chiarezza.
Si mescolano decenni con i millenni senza una seria analisi della situazione socio economica culturale.
Imbarazzante.

Teresa Pintori

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L’autore è mancato da poche settimane. È stato per decenni un importante critico cinematografico e un apprezzato docente universitario di storia del cinema. Con questa premessa, grandi erano il mio interesse e la mia attesa nell’affrontarne la lettura. Ne sono però rimasto deluso. Ho trovato un insieme di schede di film, classificate secondo vari criteri ma in cui l’abilità descrittiva giustapponeva ma non integrava i vari elementi. Mi sarebbe ad esempio piaciuto leggere le varie schede secondo la doppia distinzione : la prima, fatta propria da Campari, ispirate alla contrapposizione tra Lumiére, cioè dipingere storie basate apparentemente sulla realtà, e a Meliés cioè costruite prevalentemente sull’immaginazione; la seconda sulla distinzione, bene descritta nell’interessante prefazione di Lingiardi tra il rapporto padre-figlio come gesto di Ettore totalmente protettivo nei confronti di Astianatte nell’Iliade (palleggiollo al cielo) e quello figlio-padre tra Telemaco e Ulisse come ricerca, tentativo di sostituzione del padre e poi ritrovamento e collaborazione. In sintesi, un’occasione mancata.

Maurizio Donnini

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Il complesso, sfaccettato, eterno rapporto tra padri e figli/e è analizzato grazie ad una selezione personale dell’autore di film del cinema mondiale, dal muto fino alle opere più recenti, e proposto con garbo in un percorso di scoperta o riscoperta di un tema mai abbandonato da tanti registi e largamente presente in molte opere cinematografiche fino ad oggi.
Il campionario paterno è praticamente infinito e, ovviamente, ha i suoi archetipi nei miti o nei racconti biblici da cui non si può prescindere e che continuano da sempre a ispirare la creatività, anche contemporanea; accanto e oltre i miti è poi la psicanalisi, attraverso il ricorso ai recenti studi di Zoja “Il gesto di Ettore” o di Recalcati “Il complesso di Telemaco”, l’autore cerca di sistematizzare il tema e fornire utili chiavi di lettura.
Per orientarci tra le diverse figure propone una suddivisione in due grandi categorie, quella dei padri vittime e quella dei padri amorevoli e ce li mostra, ovviamente nelle loro diverse declinazioni e contaminazioni, attraverso scene tratte da film, alcuni molto noti altri meno, in una galleria ideale di storie e di volti in alcuni casi indimenticabili.
Ripercorrere queste storie tratte da film può essere un esercizio interessante e un modo originale per cercare di comprendere meglio questa figura e comprendere quanto, da sempre, sia difficile per questo ruolo raggiungere un equilibrio tra forza e tenerezza, tra sopraffazione e protezione.
L’aspetto più interessante del saggio sta, tuttavia, nella possibilità di riconoscere in una delle tante diverse figure di padri o di figli/e qualcosa di noi e della nostra personale vicenda, ma anche di soffrire per alcune storie, come quella raccontata dai Taviani in Padre padrone, o di intenerirsi rileggendo le scene dell’Albero degli zoccoli di Olmi o della Vita è bella di Benigni ma, soprattutto, di invidiare il protagonista del film Chiamami col tuo nome di Guadagnino dove troviamo il padre più improbabile della storia del cinema e non solo.

BENIAMINA VIOLA

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Il rapporto padri-figli è un tema che desta sempre interesse, e collocarlo nel panorama cinematografico ne dà uno sguardo particolare. La lettura è scorrevole e la trattazione si segue facilmente, in quanto segue uno schema logico. Le brevi sintesi dei film che vengono citati permettono di comprendere i concetti enunciati, e spesso divengono invitanti alla visione del film stesso.

Serenella Malle

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La descrizione di vari film che hanno come protagonisti padri e figli in rapporti conflittuali o meno, funziona da spunto psicologico-filosofico per uno studio più approfondito del rapporto padre-figlio che dalla notte dei tempi risulta essere sempre un nodo cruciale per la vita di tutti io. La prospettiva risulta quindi interessante.

Martina D’Aniello

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“Padri e figli nel cinema”

“I figli so’ piezz’e core”, “mazza e panelle fanno i figli belle”, ed i genitori, ma soprattutto i padri, sono per me quello che gli U.S.A. rappresentano per Winston Churchill perché “essi fanno sempre la cosa giusta, dopo che hanno esaurito tutte le alternative”.
Il saggio di Campari sul rapporto padri-figli nel cinema sta a dimostrarlo: il rapporto padre-figlio è qualcosa che si costruisce giorno per giorno sulle macerie del giorno prima.
Gli episodi che l’autore trae dalle stanze della memoria risalgono a pellicole dei primi anni del ventesimo secolo, formandone una carrellata esemplare. Essi rappresentano i tòpos di padri e di figli dai quali il mondo di celluloide trae spunto, deformandone e amplificandone i caratteri presenti nella realtà.
Noi seduti davanti al palcoscenico dal quale Campari trasmette il suo messaggio, oltre che di fronte a quello della settima arte, valutiamo e scegliamo.
Quello che però alla fine capiamo è che i padri sono gli eroi - tragici od epici, incasinati e attorcigliati nelle loro vite o perfetti come un vestito appena stirato – che i figli avranno come modello da seguire, o da cambiare, per non somigliarvi.
Insomma i figli non devono diventare come il padre, nel bene e nel male, ma la migliore versione possibile di sé stessi, traendo insegnamenti dal genitore ovvero da entrambi i genitori.
Ecco che per me è stato illuminante il film “Indovina chi viene a cena”, tanto abilmente spiegato dall’autore, dove la decisione migliore viene dal confronto, anche nel primo nucleo di democrazia che è la famiglia.

Beniamino Nargi

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Trovo interessante l’intento di ricerca ma che più si addice a una tesi o a un articolo su rivista online o scientifica. Risulta un libro di elenchi e trame di film che mi risulta difficile da reputare un acquisto valido come libro, specie perché c’è poca sostanza se non nell’introduzione in cui si richiamano i miti e i grandi della letteratura.

Viviana Calabria

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Lettura un po’ difficoltosa.
Il saggio "Padri e figli nel cinema" apre troppe parentesi e non si chiude nemmeno nel finale.
Il titolo del primo capitolo avrebbe dovuto essere "Padri padroni" e non "Il cinema".
Per chi ama la settima arte può risultare utile l’elenco dei film citati, anche se nel testo risultano troppo raccontati.

Moira Stefini