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Nei miei ricordi di bambina la favola di Pinocchio è accompagnata da lacrime scoscianti per la sorte infelice del burattino. Dopo esserci persi di vista a lungo, il burattino ritorna nella mia vita attraverso il bel saggio di Giorgio Agamben. Ho ritrovato una lezione di ermeneutica appassionante e chiara in cui la semplicità del racconto della mia infanzia si riverbera nei vari aspetti dell’analisi. Se è vero che in ciò che si ritrova sé stessi in ciò che si legge, in queste poche pagine ho ripensato alla me bambina e alla me giovane studentessa di lettere che doveva misurarsi con il commento e le fonti di un testo letterario.
Silvia Vantaggiato
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L’appronfondita analisi che Agamben fa del romanzo di Collodi apre la mente a interpretazioni sulle quali con molta probabilità un lettore difficilmente si ferma a riflettere. Merito dell’opera è a mio avviso quello di superare la barriera che la incardina come romanzo per ragazzi e di sviscerarla come opera letteraria tout court.
Paola Giordano
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Curioso, sicuramente ben scritto, preciso e a tratti coinvolgente. Ma difficile e sicuramente non per tutti. Una (ri)lettura di Pinocchio commentato e interpretato, con frequentissimi rimandi al testo originale. Tuttavia manca a mio avviso una struttura solida del libro che aiuti il lettore inesperto ad affrontarlo, mentre ci si scontra un po’ con un flusso di pensieri di cui fatichiamo a tirare le fila. O forse sono solo io che non ce l’ho fatta appieno.
Iride Porcellini
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Tutt’altro discorso per Pinocchio, malgrado la chiara fama di Giorgio Agamben. Le dispute se Collodi sia stato influenzato dall’essere o no massone, se le metamorfosi di Apuleio, trasformatosi in asino siano lo spunto prima per Lucignolo poi per Pinocchio diventati ciuchini, se sia valida la tesi di Zolla di Pinocchio come percorso iniziatico (o almeno come romanzo di formazione) appaiono non particolarmente interessanti, il percorso critico di Agamben poco condivisibile.
Maurizio Donnini