< Questa è architettura. Il progetto come filosofia della prassi di  Marco Biraghi (Einaudi)

Qui di seguito le recensioni di QuestEArchitettura raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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QUESTA È ARCHITETTURA
MARCO BIRAGHI
PICCOLA BIBLIOTECA EINAUDI

Da sempre l’architettura si basa su una complessa interazione tra la mente e gli aspetti legati alla sfera dei sensi. Da questo punto di vista, un contributo fondamentale lo ha fornito la mano, mediatrice dell’idea attraverso il disegno.
Sempre più spesso, purtroppo, nelle società dominate da un capitalismo finanziario l’architettura si limita a soddisfare le esigenze del mercato.
E’ in tale prospettiva che la pratica dell’architetto dovrebbe guardare al di là dei modelli di operatività puramente esecutiva, attingendo ad una filosofia della prassi, dove il pensare e l’agire sono inestricabilmente connessi.

Giovanni Maria Scupola

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Si è sempre considerato l’architettura come una scienza difficile da riconoscere. Biraghi ne dà una chiave di lettura diversa, affiancando la creatività al mero progetto esecutivo.

Anna Maria Nuzzaci

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Un’ariosa finestra sull’architettura, vista non solo come tecnica ma anche come pratica intellettuale. Il corredo iconografico rende fruibile la lettura, permettendo di apprezzare totalmente l’esigenza di sintesi tra pensiero e azione proposta dall’autore.

Vincenzo Barometro (Bologna)

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QuestaEArchitettura è un saggio di letteratura architettonica che parte dalla famosa frase di Loos “Questa è architettura”, appunto, e che cerca di riassumere il valore sociale dell’architettura nei secoli e di definire in funzione di questo cosa sia l’Architettura.

G.

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“Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura”.
Nasce dallo statement di Adolf Loos tanto caro agli architetti il saggio di Marco Biraghi, che su questo incipit imbastisce una serie di variazioni di grande raffinatezza e acume.
Leggere questo libro significa entrare, quasi come in una selva, appunto, nel mondo degli architetti: un universo con codici precisi e riferimenti esigenti, che richiede una certa confidenza con le discipline del progetto e le relative speculazioni teoriche, ma anche con le numerose figure di autorevoli protagonisti (ben lontani dalla logica contemporanea dell’archistar!) che Biraghi convoca con ammirazione rispettosa. E con le quali mette in scena una sorta di teatro di figure. Figure eccellenti, va detto, da Le Corbusier a Carlo Scarpa, da Alvar Aalto a Frank Gehry, a Barragan, a Frank Lloyd Wright, a cui l’autore dedica riflessioni appassionate e indagini sottili sul senso profondo del loro modo di fare architettura. Sul fare un progetto con le mani, perché l’architettura è questione di corpi. A partire dal progetto della casa. “In quanto architettura, ciascuna di esse è in grado di fornire ciò di cui l’uomo ha davvero bisogno: una porzione di spazio misurato, delimitato, nel quale essere accolto, avere luogo, e insieme nel quale poter dispiegarsi, spaziare. È al preciso punto di incontro tra circoscritto e infinito che si dà architettura: quella condizione di ‘immensità intima’ di cui parla Bachelard”. Delle molte definizioni del senso di architettura, come creazione di spazi abitabili, questa mi pare una delle più convincenti.
Detto questo, si tratta – a mio parere – di un libro per addetti ai lavori: impegnativo, capace di suscitare entusiasmo per esattezza, intuizione, profondità, ma destinato a un pubblico specialistico.

Cecilia Gualazzini