< Randagio di  Fulvio Valbusa, Serena Marchi (Fandango)

Qui di seguito le recensioni di Randagio raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Ironico (la descrizione dell’episodio dei pulcini in bocca) e attento. Scrittura personale e viva, mai banale. Racconta della sua evoluzione personale e della sua crescita umana insieme alla passione per lo sci di fondo che si identifica compiutamente con il suo carattere. Sensibile all’ambiente naturale che lo circonda lo descrive in maniera mai retorica. Si avverte sempre presente la "sua" montagna e la natura che la anima (l’incontro con il lupo) e in cui si identifica. Racconta un paesaggio vivo come creato dalla luce. La morte del fratello gemello, episodio fondante, è descritta sobriamente e rivisitata poeticamente (l’episodio del maggiociondolo con i pennarelli mi è sembrato particolarmente riuscito). Racconta e capisce molto di sè. Oltre lo sport.

Miriam Gargiulo

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Randagio è racconto della vita di Fulvio Valbusa, prima e dopo lo sci. Dopo la tragica morte del fratello gemello a 15 anni, cambia specialità sciistica, lascia la discesa e si dà al fondo. Con grandi sacrifici e tanta fatica, la mattina lavora e il pomeriggio si allena, raggiunge traguardi importanti, fino all’oro olimpico nel 2006. Dopo aver abbandonato lo sci (e la relativa federazione), raccoglie l’eredità paterna e diventa guardia forestale, il ritorno dei lupi (e anche suo) tra le montagne della sua infanzia lo fanno cambiare nuovamente vita. Lui si riconosce nei nuovi abitanti:
“Sento che io e quell’animale abbiamo parecchio in comune, quasi quel giovane lupo possedesse un pezzo di me, dentro nel profondo. Sento che a quel primo sguardo ne seguirà un altro al quale ne seguirà un altro ancora. E l’emozione sarà sempre la stessa. Sono caduto in un incantesimo perché mai prima di adesso mi ero sentito così.”
Il libro, potenzialmente interessante, è percorso da uno strisciante astio nei confronti dell’intero universo, il lettore non ne ha nessuna colpa e rende il testo davvero pesante. Peccato.

Teresa Catenaro

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Ho fatto fatica a leggere perché non ho trovato nessuna empatia con il protagonista narratore,
sembra un esercitazione di scrittura.

antonella torres

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Non conoscevo Valbusa e devo ammettere che i primi capitoli non me lo hanno reso simpatico. Tuttavia la storia è scritta bene, ricca di dettagli e di flashback mai banali e di forte carica emotiva. Un libro consigliato anche ai non sciatori.

Anna Castiello

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Coinvolgente e molto molto interessante, ho apprezzato molto la narrazione da parte del protagonista stesso, le sue emozioni e il suo rapporto con la foresta e i lupi. Mi ha anche dato la possibilità di immergermi in un ambiente sportivo che non conoscevo, e che ora vedo sotto un’altra luce.

Alexandra Cojocaru

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La biografia non richiesta di un campione olimpico che sin dalle prime pagine del prologo emerge arrogantemente con una tale presunzione da giudicare "mediocri" gli "atleti di oggi". L’incontro carico di presunta suspense con la coppia alfa del branco di lupi porta l’autore a paragonarsi proprio ad un lupo: "Voglio che non mi si dica più niente, nessun consiglio, nessuna predica, nessun complimento". Ma non sono i lupi a far paura, sono le pecore che si adattano alla massa per opportunismo: per fortuna il nostro fondista non è mai stato una pecora e ne ha pagato le conseguenze nella vita sportiva e privata. Ok boomer.

Mariantonietta Pascalicchio

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Nella pagina dell’autore si legge che “Randagio” è un romanzo, aggiungo autobiografico, scritto a quattro mani. La cura con cui viene ricostruita la carriera sportiva e il medagliere del campione olimpico di sci di fondo lo lasciano accettare come saggio.
Terminata l’attività sportiva, dopo una medaglia olimpica, verso i quaranta anni Fabio Valbusa incappa in una serie di disavventure personali/familiari che lo lasciano nel lastrico economicamente e lo portano alla separazione dalla famiglia. Il ritorno nel corpo forestale, tra le sue montagne, gli permettono di ritrovare sé stesso. Un lupo venuto dalla Slovenia in alta Lessinia, per incontrare una lupa con la quale genererà una famiglia (una quarantina) di lupi italiani, è il randagio che salva Fabio Valbusa.
Mentre la prima parte, quella delle gare sportive può appassionare gli amanti dello sci di fondo, la seconda parte, la caccia alla lupa italia e al lupo slavo è avvincente e, sebbene scritta l’accuratezza e i dati della ricerca, si avvicina all’aura del mito e della poesia.

Gianfranco Casaglia

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Il libro di Fulvio Valbusa, una autobiografia che si legge come un romanzo, racconta i primi cinquant’anni di vita dell’autore: dalla nascita, il 15 febbraio 1969, assieme al gemello Silvio, fino all’incontro, che è un amore a prima vista, con un lupo. Nel mezzo, dopo la morte a poco più di quindici anni del gemello, la lunga vicenda da campione dello sci di fondo che trova la sua consacrazione con la medaglia d’oro nella staffetta 4x10km dei giochi olimpici invernali di Torino del 2006.

Enrico Giacinto

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In questo testo Serena Marchi, attraverso l’autobiografia diFabio Valbusa , campione pluripremiato disco di fondo ci dimostra come campione non è solo chi vince una gara ma, soprattutto, chi non abbandona il suo sogno e che con determinazione persevera nel suo sogno.Fabio nasce in una famiglia umile. La sua infanzia corre felice fino alla morte del fratello gemello Silvio. Questo drammatico evento lo spingerà a portare aventi la passione di Silvio,lo sci di fondo.Lavorerà con tanta determinazione e impegno fino all’oro dei giochi olimpici del 2006.La Marche ci descrive sia il campione che l’uomo comune. Bel libo scorrevole

Mara Dentamaro