< Romarcord di  Francesco Cardelli (Quodlibet)

Qui di seguito le recensioni di Romarcord raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Saggio meno completo ed accattivante dal mio punto di vista

Caterina Cocchi

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Romarcord
Divagazioni su Roma tra nostalgia e amnesia

Francesco Cardelli rievoca, tra nostalgia e amnesie, gli anni della propria infanzia e giovinezza, facendone un affresco narrativo autobiografico, sullo sfondo di un immarcescibile e fondamentale quadro familiare e sulle immagini in cinemascope del luogo dove ha vissuto: Roma. E’ un esercizio semplice? Forse sì. Ma, in narrativa, così come in altri campi dell’arte, la semplicità può creare un capolavoro oppure partorire un feto agonizzante. Dove collocare l’opera di Francesco Cardelli? Forse in un indefinito punto di mezzo, in continua oscillazione tra un polo e il suo opposto. Il racconto scivola via rapidamente, come se l’autore dovesse assolvere ad un compito imposto più che dare vita ad un qualcosa di personale e realmente vissuto. Il narratore, a tratti abulico, segue spesso una traccia mnemonica, quasi anonima e povera di sensazioni. Dalle pagine del libro emerge solo a sprazzi l’aspetto introspettivo e sensazionale che lega lo scrittore alla sua città. Non si vedono i colori, non si annusano gli odori, non si ascoltano i suoni e le voci, particolari aspetti del passato che il ricordo, l’immaginazione e la nostalgia dovrebbero rendere vividi. E’ un elenco, spesso ripetitivo, di luoghi, gite fuori porta, teatri e cinema con i film dell’epoca, avvenimenti e ricorrenze e tradizioni, che l’autore considera perdute per sempre, ma fortunatamente non è sempre così. Un’apatia del ricordo anestetizza la scrittura e la cristallizza su registri monotoni. Lo sguardo è fuggente, a tratti miope. Il periodo degli anni vissuti a Roma è storicizzato attraverso il ricordo di oggetti: la famosa Kodak, la bic, i primi ciclomotori; film, spettacoli, scrittori e attori. Viene descritto uno scorcio di una Roma scialba e provinciale, forse più vicino alla nostra quotidianità che non al mondo di ieri.
Giampiero Volpe

Giampiero Volpe

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Sembra un’autobiografia dello scrittore, in realtà è il racconto ricco e profondo di una città e dei suoi abitanti. E’ qui che la prospettiva narrativa di Cardelli fa la differenza: non una descrizione formale e asettica del contenitore (Roma), ma un’attenzione curiosa e genuina alle persone, al popolo, al vissuto della città dal dopoguerra a oggi. Strade, quartieri, abitudini, negozi, parole, detti, nomi e cose e il tempo he passa. Una città che parla per un libro che ho apprezzato dalla prima all’ultima pagina.

Gianluigi Fontana

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Un libro di memorie personali, che accompagna il lettore nei tanti ricordi del narratore/autore, procede spesso per compartimenti tematici - le letture giovanili, il cibo, l’esperienza scoutistica... - che possono però risultare "pesanti" a causa di una lunga e minuziosa elencazione, a tratti eccessiva. Può incuriosire chi, magari per ragioni prettamente anagrafiche, può ritrovare oggetti, riferimenti ad un periodo condiviso, ma col rischio di rimanere troppo chiusi in quel "mondo privato".

Massimo Armaroli

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Trovo affascinante questo cammino nella memoria, che si snoda contemporaneamente nello spazio esterno di Roma ed in quello interno della psiche dell’autore.
I ricordi dei tempi bellici, l’incrocio sottile con i ricordi piemontesi, i mille aneddoti personali che diventano racconti per trasformarsi in storie della Storia mi hanno reso il libro amico, grazie anche ad una scrittura per me suggestiva.

Giancarlo Costanza

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Romarcord è un testo unico, una carrellata senza apparente fine di ricordi. Ma è molto di più: è la dimostrazione di come e fino a che punto il vissuto di una persona può incastrarsi in quello della città che abita e che lo abita a sua volta. Romarcord gioca sulla nostalgia, come si può evincere dal titolo evocativo (Roma + amarcord). Il narratore porta con sé il lettore nell’Urbe degli anni ’40-’50, facendogli scoprire una città che, più che essere la capitale italiana, è un grande paese, caratterizzato e incredibilmente simile a tutti gli altri comuni che costellano la nostra nazione. È anche un inno alla Roma che non c’è più e forse, da un certo punto di vista, ad un’Italia che non c’è più.

Francesca Rubino

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Libro di memorie gradevole ma nulla più

Angelantoni Roberto