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L’io narrante, senza nome, cameriere nel ristorante appartenuto al padre, è così candido e ingenuo da sembrare idiota, è stufo di tutto ma ancora profondamente generoso e attento agli altri. Si trascina in una vita penosa guidato da un sogno: concludere la canzone che ha già̀ in testa, allora forse tutto cambierebbe. Ma il ritornello non viene, non è mai il momento giusto.
Narrazione tragicomica di una vita che ripete se stessa all’inseguimento di un sogno irraggiungibile che le darebbe significato. Un libro sull’infelicità e sulla ottusa speranza di superarla inseguendo obiettivi mal posti o irrealizzabili. L’unico apparentemente felice è Saverio, che aiuta nel ristorante, figlio di un incesto tra fratello e sorella e per questo ritardato mentale. Malato “criptogenetico” ringrazia sempre e comunque il Signore perché potrebbe andare peggio.
Il linguaggio colloquiale, le espressioni dialettali, i dialoghi surreali, l’ironia, creano un rapporto profondamente confidenziale tra il protagonista e il lettore e rendono ancora più struggente una storia già tenera e straziante.
Molto divertenti alcune invenzioni narrative come la lettera d’amore del protagonista ad Agnese tradotta in lingua zulu, o le lezioni col maestro di musica in pigiama.
E un rimpianto: non poter essere nella testa del protagonista quando pensa e canta le note della sua canzone. Racconta il paesaggio sonoro nel quale si muove, noi leggiamo le parole che lo descrivono (FA, DO, SI...) ma non riusciamo a p
Tullia Roghi
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Nonostante manchino diverse pagine (da 100 a 166) è stata una piacevole lettura: semplice, divertente ed a tratti malinconica. Leggendo il romanzo aumentava la mia curiosità nel vedere se il protagonista alla fine riusciva a riscattarsi (se possibile chiedo di ricevere le pagine mancanti per poterlo leggere tutto).
Rosanna Palumbo
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Rispetto a "La Bella Indifferenza" c’è più ironia e qualche volta si sorride. E’ per questo che ha ottenuto il mio voto. Scritto in prima persona, mi è risultato più facile simpatizzare con il protagonista. Anche qui una storia di un alienato che non è capace di relazionarsi con la gente e che alla fine decide di chiudersi nel suo gelo solitario. L’autore mescola abilmente le carte anche se la cella del frigo alla prima descrizione lascia presagire il ruolo che avrà alla fine. L’autore gioca con le immagini stereotipate che il lettore possiede e le solletica richiamandolo alla nostalgia: di quando le balere del liscio erano affollate, di quando eravamo più semplici nel relazionarci con gli altri, di quando non c’era internet e i cellulari non ti rovinavano l’esistenza, di quando eravamo analfabeti (come il padre) ma eravamo tutti più buoni. Io non credo che ci sia stato un tempo così. La modernità che genera inevitabilmente il male mi sembra un pensiero molto piccolo. Ma così è e questo è il pensiero "forte" che tiene il romanzo ma, secondo me, non è poi tanto forte. Forse non ho apprezzato il romanzo perchè non sono in grado di capire gli accordi della canzone del titolo. Se con la chitarra replicavo la musica, magari mi risultava più chiara la ritrosia del protagonista. Sarà per un’altra volta, ma per favore datemi anche un mascalzone, ma datemi qualcuno che morda la vita.
Enrico Zanchetta
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Un romanzo sulla disillusione e la perdita dei sogni nel quale affiora pagina dopo pagina la speranza segreta di una redenzione, di un miracolo non richiesto. Caustico e spassoso al tempo stesso, "Una sola canzone" è un monologo dedicato a chi cerca una terza, quarta occasione per ricominciare.
Marco Lera
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Francesca Castellano
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Luigina De Santis
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Solo una canzone narra la storia del gestore di un ristorante con poca voglia di lavorare. Il protagonista (il cui nome non viene mai enunciato) descrive la progressione del suo ristorante (anche di questo il nome rimane ignoto) verso il fallimento, passando per il licenziamento dei suoi unici due dipendenti: la Gianna e Silverio. Unica luce positiva è la passione del protagonista per la chitarra.
Nonostante i riferimenti di teoria musicale siano accurati e interessanti, la narrazione nel suo complesso risulta monotona: la pigrizia del protagonista porta come unica conclusione possibile la chiusura del locale. La sua storia finita male con la compagna e l’innamoramento per la ragazza del proprietario non riescono a dare abbastanza colore al racconto, che si trascina verso il triste finale.
Simone Brognoli
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Anna Rita Fiore
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Uno scontro di personalità questa volta. Protagonisti un mediocre ristoratore, un mediocre marito, come pure mediocre compositore o anche meno. Fa paura la rassegnazione a questa mediocrità che, tuttavia, alla fine gli dà sicurezza. Quando un elemento smuoverà la sua vita verso un possibile nuovo inizio sarà così inadeguato da divenire tragico. Un racconto che può far riflette sulle proprie "sicurezze”.
Marcella De Giorgi