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Spazi di eccezione è un saggio quasi filosofico su ciò che ha lasciato la pandemia nel suo presentarsi al nostro cospetto. Letto con piacere ma con estrema lentezza, presenta quasi solo gli aspetti filosofici delle rinunce, di quello che è stato il distacco dalla quotidianità e da quello che ne è conseguito a livello interpersonale e delle differenze che sono poi subentrate
Beatrice Rurini
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La caratteristica più interessante di questo libro è la descrizione del fenomeno pandemico legata al concetto di spazio che, da elemento geografico e dunque materiale, si trasforma, metaforicamente ma non del tutto, in luogo non luogo, ovvero in una nuova dimensione in cui tutta l’umanità, con le differenze percepibili tra i vari stati, è costretta. La percezione degli spazi e dei rapporti al loro interno, è stata totalmente modificata dal virus e le conseguenze sono state molteplici, come l’autore ben evidenzia nell’arco di tutto il suo scritto. Interessante è stato l’approccio critico alla questione di come i vari governi, italiano in primis, abbiano reagito ed affrontato il nuovo assetto sociale causato dalla pandemia. Ci si chiede e ci si interroga, senza voler dare risposte definitive ma verosimilmente invitando il lettore a riflettere, se alcune misure non siano state eccessive e quali debbano essere i tempi per valutare un rientro alla c.d. normalità. La limitazione degli spazi come limitazione di libertà e le sue ripercussioni sull’essere umano, l’eccezione non più come stato di cose provvisorio ma come nuova normalità? Tante le domande che ad oggi, non hanno ancora trovato una risposta soddisfacente.
Valeria Todisco
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"Spazi di eccezione" di Alessandro Ricci è la dimostrazione che osare letture di un fenomeno ancora in corso è quanto meno inutile e azzardato. È un testo che confonde le cause con le conseguenze, che parla di una fase temporanea come se fosse una situazione definitiva: dal momento in cui scrive passerà ancora un anno in cui accadranno molte cose diverse. Troppe interpretazioni, nessun dato, argomentazioni vacue. Tempo perso, leggete altro.
c.
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Quanto siamo cambiati in questi ultimi due anni di pandemia, di lockdown e post lockdown? Il lavoro è ripreso, le relazioni sono rinate, le cene, gli aperitivi, le feste, tutto tornato. Ma siamo sempre gli stessi? La domanda ritorna, per chi se la sa porre. Alessandro Ricci, ricercatore di geografia economico-politica, ci dice che è cambiato il nostro modo di vivere nel suo insieme. E non possiamo che dargli ragione. Il libro è del maggio de ’21 ma è ancora perfettamente attuale, perché alcune paure sussistono e le nostre relazioni con spazio e tempo sono inevitabilmente cambiate. Personalmente trovo il punto di Ricci centrale in questo momento post pandemico per tutta una serie di cambiamenti che dobbiamo affrontare legati al lavoro, alla socialità, alle relazioni e, non ultimo, all’educazione e alla scuola. I luoghi cambiano, gli spazi cambiano, ma siamo cambiati anche noi e quindi, in qualche modo, possiamo ripensarli di conseguenza.
Flavia Fiocchi
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Sicuramente ben scritto e ben argomentato ma purtroppo leggere quello che abbiamo vissuto nelle nostre vite e nelle nostre case nel nostro quotidiano mi ha angosciato. Geografia dell’incertezza suggerisce lo scrittore oserei dire geografia della certezza dato che per molti lo spazio della propria casa è stata l’unica certezza che abbiamo avuto.Nel finale ci augura a riprenderci i nostri spazi. Speriamo!
LOREDANA TORRISI
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Analisi interessante. E’ bello vedere un punto di vista così originale. Peccato la lunghezza. Avrei gradito approfondimenti maggiori
Cesare Gigli
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Non mi è piaciuto per il pessimismo che permea tutto il libro e la sfiducia nella reazione delle persone alle chiusure-confinamenti imposti dalla pandemia
Roberto Scanagatta