< ’Sta porcaccia, infamaccia ammalattia. 1837: il colera a Roma di  Marcello Teodonio (Castelvecchi)

Qui di seguito le recensioni di StaPorcacciaInfamacciaAmmalatia raccolte col torneo 'sag' (sino alla fase T12. / finale)

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Il mio preferito è “ Sta porcaccia infamaccia ammalatia, 1837, il colera a Roma” di Marcello Teodonio

Libro illuminante e inquietante, dove si racconta dell’epidemia di colera che colpì l’Italia e Roma nel 1837. Gli storici definiscono il colera, la prima tipica malattia dell’epoca industriale. Giacomo Leopardi, coglierà l’intuizione che il morbo, si sviluppa nel caos della città moderna, ammasso di abitazioni e uomini, vizi e sporcizia, povertà e promiscuità. Luogo ideale per l’insorgenza dell’epidemia che non risparmierà nessuno, compresi politici, intellettuali, imprenditori, nobiltà, clero giovani e bambini. Leopardi, profetizza con cupa ironia, l’ipocrisia della cieca fiducia nel progresso umano, al cui benessere economico e materiale, non si accompagna una sanità e una cultura che ricada indistintamente su tutti. Insomma i germi delle grandi contraddizioni della storia moderna.
Tutto cominciò nel 1817, sulle rive del Gange, luogo sacro per gli Indù, dove assenza di igiene e promiscuità, si incrociano coi riti collettivi induisti, di gran parte del popolo indiano.
Si narra in modo affascinante, del lungo tortuoso percorso di morte, che il colera compie nel mondo, assumendo forma di pandemia, fra il 1833/1835 per approdare in Italia e a Roma. A questo punto, il racconto è supportato dagli scritti di un grande uomo di cultura, Gioacchino belli. Tra il 1831 -1837, il Belli scriverà la maggior parte dei suoi sonetti, scatterà in lui la provocazione di trasformare l’epidemia di colera in una metafora esistenziale. Tra le discussioni scientifiche sulla contagiosità o meno del colera e sui suoi infiniti modi per arrestare la mortalità del morbo, il Belli fustiga e ridicolizza l’ignoranza delle classi al potere, i privilegi di classe.
Nuoro, Rosa Giaimo

Rosa Giaimo

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StaPorcacciaInfamacciaAmmalatia di Marcello Teodonio

Il professor Marcello Teodonio accademico, massimo esperto del poeta in romanesco Gioacchino Belli, in questo libro ci narra lo sviluppo e l’espandersi del colera. Era una malattia allora sconosciuta, che, tra il 1817 e il 1837 fece moltissime vittime in tutto il mondo.
Teodonio si sofferma soprattutto su quanto accaduto a Roma nel 1837 ( anno dell’esplosione della pandemia nella città ) cercando di tracciare e spiegare la situazione dal suo interno, spulciando i documenti dell’epoca, le cronache, i commenti dei medici, le reticenze delle autorità sulla scia dei sonetti tranchant di Belli che con la sua ironia pungente, velata di critica, ci fa cogliere tutti gli aspetti di questa pandemia passando dalla sottovalutazione, dal non credere e minimizzare perfino negare, fino ad arrivare alla consapevolezza che ormai il male è presente e può colpire chiunque, causa l’arretratezza dei servizi e dei traffici e movimenti delle persone.
La cronaca si fa leggere facilmente anche se la bibliografia a cui il professore attinge è vastissima e accuratissima.
È interessante notare come gli sviluppi ci rimandino inevitabilmente alla pandemia del Covid forse la storia non ci insegna niente o forse siamo noi che non vogliamo capire.
Anche allora i vari medici esprimevano opinioni discordanti anche campate per aria, ma giustificate forse dalla assoluta mancanza di conoscenza della causa del male. Spesso i medici che avevano intuito l’importanza dell’isolamento erano essi stessi accusati di diffondere il morbo.
E così la chiesa romana, incurante dei pareri dei medici più illuminati, organizzava processioni dove le persone accorrevano in massa aumentando i contagi.
Il Belli ci accompagna con i suoi sonetti sferzanti e la descrizione della sua vita privata (finirà povero e con un figlio carissimo a carico).

Lorenza Nicoletti

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L’autore è stato molto preciso nel riportare fatti e dati. Non ero a conoscenza di una "pandemia" all’inizio dell’Ottocento.

Alessandro Candiloro

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Potrebbe essere interessante ma sinceramente troppo noioso.

Flavia

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Raccontare la fine del mondo è una interessante ricerca sulla fantascienza distopica per immaginare un nuovo futuro possibile nell’era della globalizzazione e del cambiamento climatico. E’ una riflessione sulle diverse fine del mondo ma anche sulla possibilità di coesione su un pianeta dove animali e piante chiedono un nuovo riconoscimento.

Irma Abate

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Libro interessante anche se molto di nicchia. Per studiosi o veri appassionati.

Francesco